¡Viva la vida!
Dicembre 4, 2011 in Spettacoli da Marcella Trapani
“Pensavano che anche io fossi una surrealista, ma non lo sono mai stata. Ho sempre dipinto la mia realtà, non i miei sogni.”
Frida Kahlo, Time Magazine, “Mexican Autobiography” (27-04-1953)
Il 29 e il 30 novembre è tornato a Torino lo spettacolo ¡Viva la vida!, l’ultima produzione di Assemblea Teatro che mette in scena Annapaola Bardeloni (con la partecipazione straordinaria di Luisella Tamietto). Questa volta il testo, scritto da Pino Cacucci e con la regia di Giovanni Boni e Renzo Sicco, è recitato in lingua spagnola, dopo un mese di repliche tra Spagna, Venezuela, Argentina e Uruguay, dove ha registrato un grande successo di pubblico.
E’ la storia amara e forte di Frida Kahlo (1907-1954), donna anticonformista, artista e amante appassionata, che tanto ha sofferto durante la sua vita ma tanto intensamente ha vissuto.
A 17 anni Frida rimase vittima di un incidente stradale tra un autobus su cui viaggiava e un tram, a causa del quale riportò gravi fratture tra cui due alle vertebre lombari, cinque al bacino, undici al piede destro e la lussazione del gomito sinistro; inoltre un corrimano dell’autobus si staccò, le trapassò il fianco e uscì dalla vagina. Ciò la segnerà a vita costringendola a numerose operazioni chirurgiche. Dimessa dall’ospedale, fu costretta ad anni di riposo nel suo letto di casa col busto ingessato. Questa forzata situazione la spinse a leggere libri sul movimento comunista e a dipingere.
Il suo primo soggetto fu un suo autoritratto che in seguito diede in dono al ragazzo di cui era innamorata. Da ciò la scelta dei genitori di regalarle un letto a baldacchino con uno specchio sul soffitto, in modo tale che potesse vedersi, e dei colori; cosicché iniziò la serie di autoritratti. Dopo che le fu rimosso il gesso riuscì a recuperare la capacità di camminare, sebbene non senza dolori, che sopporterà a vita. Portò i suoi dipinti a Diego Rivera, illustre pittore murale dell’epoca, per avere una sua critica. Rivera rimase colpito dallo stile moderno della giovane artista tanto che la trasse sotto la sua ala e la inserì nella scena politica e culturale messicana. I due si innamorarono ed iniziarono una relazione molto tormentata, culminata con il matrimonio e costellata dai tanti tradimenti di lui. Lei prima sopportò, poi decise di ricambiare i tradimenti, allacciando relazioni con uomini e donne illustri del tempo, come il rivoluzionario russo Lev Trotsky e il poeta André Breton. Fu amica e probabilmente amante di Tina Modotti, militante comunista e fotografa nel Messico degli anni Venti.
Il monologo di Cacucci è stato scritto per il teatro e portato in scena da Annapaola Bardeloni, attrice italo-uruguyana che da cinque anni collabora con Assemblea Teatro con un focus specifico sul mondo teatrale ibero-americano.
Un’occasione per l’attrice di incarnare una figura umana che, al di là delle sue grandi doti artistiche, ha espresso bene la sofferenza e l’inquietudine insite nell’animo umano, e femminile in particolare. Ma anche un personaggio quello di Frida estremamente legato alla sua identità messicana che tenta di difendere il suo popolo attraverso gli autoritratti, facendovi confluire quel folclore messicano e quell’autobiografismo utopico che li rende originali rispetto alla canonica pittura di storia.
Nell’opera emerge bene il rapporto ossessivo dell’artista e della donna con il suo corpo martoriato che caratterizza uno degli aspetti fondamentali della sua arte: crea visioni del corpo femminile non più distorto da uno sguardo maschile.
Lo spettacolo verrà riproposto in lingua italiana il 19-20 e 21 gennaio prossimi presso la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo e in tale occasione saranno presentati i corsetti per Frida Kahlo realizzati da sette disegnatrici dell’Istituto Europeo di Design di Barcellona (Spagna).
di Marcella Trapani