‘Un affare di gusto’, un segno dei tempi
Luglio 25, 2001 in Cinema da Redazione
“Un affare di gusto” – Une affaire de goût (Francia 2001) di Bernard Rapp, con Bernard Giraudeau, Jean Pierre Lorit e Jean Pierre Leaud.
Un importante uomo d’affari d’Oltralpe incontra in un ristorante un cameriere. Lo invita ad assaggiare il piatto che questi gli ha appena servito. Al momento del congedo gli offre una montagna di soldi per diventare il suo assaggiatore personale. E’ l’inizio di un tragitto che porterà i due alla rovina. All’inizio tutto rientra nella norma. Il ricco finanziere non può assumere pesce e latticini ed il giovane deve sorvegliare sui suoi pasti. Ma, con il passare del tempo, il rapporto scivola dalla stravaganza al sadismo.
Il giovane viene imprigionato in una villa e costretto a digiunare, davanti ai banchetti luculliani del suo “padrone”. Poi, una sera, finalmente, viene messo di fronte a vassoi di pesce e di formaggi. Ovviamente avvelenati. E sì, perché per avere una perfetta comunione fra i due palati, ci vuole una perfetta comunione anche fra le intolleranze alimentari. Il protagonista viene assorbito totalmente dall’ambiguità del rapporto. Il suo stipendio lievita, ma non è tanto la ricchezza ad attrarlo, quanto la possibilità di spingere oltre il gioco perverso che ha appena cominciato.
Film a tesi, “Un affare di gusto” è pellicola girata in maniera molto realistica. I risvolti grotteschi del plot non trovano un corrispettivo sul piano formale. La pellicola può anche non piacere, ma capita a proposito. Viviamo in un’epoca nella quale la scomparsa di un’educazione del gusto, la massificazione, la globalizzazione e le patologie legate all’alimentazione sono dati di fatto ineludibili. Un assaggiatore personale per quanto assurdo e stravagante possa sembrare è soltanto l’incarnazione di paure che fino a mezzo secolo fa non ci saremmo mai sognati di provare. Il film slitta poi su altri livelli (non ve li sveliamo per coerenza con l’impegno preso con voi lettori mesi fa), ma il presupposto è lecito. Se Wes Craven e soci hanno girato per anni pellicole di serie B sulla paura di dormire, se ne può ben girare una di serie A sulla paura di mangiare.
di Davide Mazzocco