20° Jazz Ascona Festival: la maratona è finita
Luglio 6, 2004 in Musica da Claris & Momy
Conservato in quello che è uno dei più preziosi, ma forse meno noti scrigni d’arte parigini (il museo Marmottan), c’è un quadro, tra i tanti, di Claude Monet in cui le sfumature, per una volta, non rappresentano la più famosa effigie del pittore transalpino, ovvero l’azzurro dei laghetti di Giverny che circonda il colore blu delle ninfee e va a confondersi con le tonalità primaverili del cielo. Questo dipinto di cui vi parliamo si caratterizza anch’esso per i magnifici colori degradanti in mille riverberi differenti, ma il tono prevalente è quello dell’arancio, ed il paesaggio raffigurato è quello di un lago, la cui tinta delle acque al tramonto diventa tutt’uno con il legno della barca di un omino remante e con il cielo irrorato dalla luce del crepuscolo. Quest’immagine poetica è ritornata con prepotenza nella mia mente in questi caldi giorni asconesi (di temperatura come di temperamento degli artisti del 20° Jazz Ascona Festival, come di calore umano del pubblico in visibilio per gli spettacoli offerti), quando, all’estremo calar del sole, le note salenti dal palco Torre (quello principale, quello degli speciali dedicati ai miti del passato e inscenati dai migliori jazzisti) sembravano materializzarsi di mille nuance emotive e confondersi nel magnifico scenario circostante, dominato dal blu (cielo e lago) soffuso dall’arancio del tramonto ed animato dai barcaioli-musicisti, che inneggiavano musiche del cuore, magiche e dense di affetto e suggestioni come solo i suoni jazz sanno donare.
Note roche e graffianti di tromba, o cupe e struggenti di sax, oppure assoli dirompenti, ma a volte anche appena percettibili, di batteria, ed ancora suoni dolci che volteggiano nell’aria, emessi da pianoforti accarezzati da mani delicate e precise eppur veloci; ma anche voci intense di grande comunicatività… Tutto questo hanno apprezzato gli oltre 80.000 spettatori che nelle scorse dieci sere hanno popolato le piazze ed il lungo lago di Ascona, degna cornice del festival di jazz tradizionale più importante d’Europa (a detta di qualche artista anche ‘più omogeneo del mondo’…), fortunatamente per nulla influenzati dalle sorti delle nazionali di Francia, Germania, Svizzera e Italia agli Europei di calcio (voto 4 per l’eliminazione prematura, che per lo meno non ha sfavorito gli organizzatori del festival asconese…).
Nicolas Gilliet (voto 8 per la lucidità nell’aver saputo rinnovare il festival senza stravolgerlo), al debutto in qualità di direttore artistico della manifestazione, ha raccolto con il giusto entusiasmo la pesante eredità di Karl Heinz Ern. Sono soddisfatto, ci racconta, soprattutto per l’entusiasmo che ho riscontrato nella gente. Tra le scelte migliori che mi ascrivo c’è quella di aver aumentato la presenza di cantanti donne sui palchi di Ascona, pur se, forse, ho sbagliato a concentrarle troppo nei primi giorni di programma.
In effetti Lillian Boutté (voto 8 per il talento indiscusso, ma soprattutto per l’intensità delle sue interpretazioni), Barbara Morrison, Rhoda Scott (voto 7,5 per la capacità di mescolare jazz tradizionale con gospel religiosi e musica classica, nonché per la grande espansività) e Adrienne West hanno trascinato le folle in canti d’amore, di protesta ed evasione senza limiti.
Da spettatore, continua Gilliet, ho apprezzato particolarmente lo charme ed il modo di fare incredibilmente scenografico di Niki Harris. Lei riesce a mescolare la spettacolarità dei divi di Hollywood, dove vive, con una professionalità e naturalezza uniche. Ed il successo di Niki (voto 8,5 per gli unanimi consensi raccolti), ex corista i Madonna, ha provocato, davanti ai palchi delle sue performance, delle vere invasioni di un pubblico finalmente molto eterogeneo per età.
Ancora Nicolas spiega Ho visto molti più giovani fermarsi sul lungo lago ad ascoltare le nostre proposte musicali. Rimane il rammarico di non essere riuscito a coinvolgerne attivamente altri; mi riferisco agli allievi di alcune scuole jazz svizzere, ad esempio, che hanno declinato l’invito a soggiornare gratuitamente ad Ascona in cambio di qualche mansione nella macchina organizzativa del festival… è un peccato, forse dovuto al fatto che in questi istituti si comincia lo studio dal be-bop tralasciando colpevolmente il jazz delle origini. Siamo sicuri che il prossimo anno ci ripenseranno perché, in questi giorni, oltre alla Harris, la scena è stata occupata da parecchi artisti che, pur continuando a perpetuare la tradizione del jazz di New Orleans, sono in grado di destreggiarsi con tutti i generi musicali e vantano esperienza e versatilità straordinarie. Tra questi le vere sorprese, che hanno dato ancora più di quanto ci si attendesse, sono stati Dado Moroni (voto 8 per la facilità espressiva), i finlandesi Spirit of New Orleans ed il batterista Herlin Riley.
Abbiamo parlato di sorprese, ma in un bilancio sarebbe un delitto non citare l’appeal e l’interesse che hanno saputo destare i mostri sacri, da Plas Johnson a Red Holloway, da Ed Polcer a Eddie Locke (voto 9, non solo per la sua indubbia e conosciuta bravura alla batteria, ma per la simpatia che ispira vederlo girare in pantaloncini corti alla giovane età di 74 anni!).
Altre interpretazioni assai apprezzate sono state quelle di Andy Cooper e della sua band, gli Euro Top 8, per la poliedricità ed il perfetto amalgama di un organico collaudato e di indubbio talento, che vede artisti di sei differenti nazioni europee sul palco. Qualche considerazione negativa invece per Bob French (voto 5) a causa delle sue polemiche con gli spettatori per qualche ripresa di troppo.
Un giudizio complessivamente sotto la sufficienza (voto 5) è anche da assegnare all’allestimento dei palchi: se da un lato l’idea di dedicare ogni stage ad un tema specifico è corretta, così come il rinnovato look complessivo, dall’altro si possono elencare alcune disattenzioni ai dettagli, difetti comunque facilmente ovviabili nella prossima edizione: la mancanza di un tappeto sotto le batterie per evitare vibrazioni incontrollate, la necessità di accordare i pianoforti non solo la mattina ma anche prima dei concerti serali, la mancanza di cartelloni col programma quotidiano accanto ai palchi, la scarsa viabilità pedonale intorno allo stage Piazza e la drastica riduzione degli spazi indipendenti allo stage Torre, dove i tavolini del bar stanno fagocitando le ‘sedie senza pedaggio’.
Ottima invece la scelta logistica degli spazi collaterali a quelli più affollati del lungo lago: dai brunch all’hotel Tamaro in compagnia di Leroy Jones alle jam session al Delta Beach Lounge, che hanno catalizzato tantissimi nottambuli, ripagandoli delle ore di sonno perse con spettacoli eccellenti, quanto improvvisati, grazie ad artisti, di primo piano e no, che giungevano a sorpresa col loro strumento e si inserivano tra le note della notte. Un festival, oltre ad una festa collettiva, è anche caratterizzato da qualche evento mondano esclusivo, popolato da vip e personalità. In questo contesto si inseriscono i due gala d’apertura e chiusura (voto 8 per lo charme dei posti, il cibo raffinato, ma soprattutto per le scelte musicali con le scene dominate dal grand marshall Earl Conway) ospitati in due tra gli alberghi più alla moda
di Ascona, l’Eden Roc e il Giardino.
Tra gli spazi occupati quest’anno dal festival, infine, è bene citarne un altro, il collegio Papio, che ha ospitato un’interessante mostra dedicata alle leggende del jazz Count Basie, Fats Waller e Coleman Hawkins, nonché la proiezione di alcune rarità cinematografiche sul tema, permettendo ai cultori di allargare le loro conoscenze specifiche e dimostrando quanta passione ci sia dentro la macchina organizzativa del Jazz Ascona. L’appuntamento con l’armonia e le magie del jazz e le sue emozionanti ed allegre sfumature sorgenti dal lungo lago è per la XXI edizione, a partire dal prossimo venerdì 24 giugno 2005.
di Claudio Arissone & Monica Mautino