Impressioni su SAKAMOTO in Playing the Piano Europe
Gennaio 5, 2010 in Spettacoli da Redazione
Due novembre 2009 ore 21. In una giornata piovosa tra le mura del Teatro Regio di Torino si offuscano le luci al suo ingresso e alle prime note della tastiera: sul palco Ryuichi Sakamoto, in Playing the Piano Europe 2009 tour.
Un concerto “straordinario” perché si è trattato di un tardivo fuori programma nell’ambito di Mito Settembre Musica ed altrettanto “extra-ordinario” per il suo protagonista.
Lasciando agli esperti critici musicali qualsivoglia commento su note e corde, preferisco parlare di quelle che questo “piccino” uomo giapponese sa muovere “dentro” le persone.
Un uomo e due pianoforti, a specchio, uno causa e l’altro effetto della magia, uno sdoppiamento dell’anima, un invito rivolto ad ognuno a sedere idealmente sullo sgabello vuoto di fronte al maestro. A significare che le sue note sono per tutti e di tutti.
Ad implementare la suggestione della sua musica, quasi esclusivamente colori, righe e poi cerchi e poi il tutto o il nulla, in un susseguirsi variegatamente ritmato – adagio quindi furioso- ma pur sempre ineluttabile, come in fondo lo sono le umane vicessitudini, che si rincorrono in un vortice di passioni, di morti e rinascite quotidiane, le quali alla fine sembrano però convergere in un medesimo punto.
Talvolta qualche parola è caduta tra le note, ma si resta dell’idea che il più completo e profondo assaggio del piccolo miracolo che si è compiuto sia stato quello gustato ad occhi chiusi, leggermente sprofondati nella poltrona, in quanto ogni elemento pare superfluo quando si percepisce una perfezione così tangibile.
Il grande maestro ha infatti scelto di spogliare lentamente i suoi grandi pezzi mostrandocene l’impressionante, semplice maestosità.
La sua musica è un'”invasione fluida” sparata dritta a perforare cento strati di pelle, una morsa che ti afferra strettissimo conducendoti dove vuole e dove vuoi, è quella coperta avvolgente che permette di rintanarti dentro te stesso, proprio in fondo, ma anche una catapulta che ti lancia così in alto, in giro tra i pianeti più lontani sfiorati da vicino, che sembra impensabile ridiscendere – e nemmeno lo vorresti.
L’incanto è stato infinito, non commisurato, decisamente trascendente l’hic et nunc ed ha posto gli spettatori di fronte alla “Musica”, colta nella sua pura essenzialità.
Il teatro è rimasto ammutolito e gli spettatori lo hanno lasciato portando certamente a casa tutta l’anima di quelle musiche straordinarie.
di Giada Giustetto