Peter Grimes
Febbraio 27, 2010 in Spettacoli da Barbara Novarese
Peter Grimes andò in scena per la prima volta il 7 giugno 1945 al Sadler’s Wells di Londra ed ora debutta al Teatro Regio di Torino, per otto recite (dal 24 Febbraio al 10 Marzo). Opera in un prologo e tre atti, scritta da Benjamin Britten dal poema The Borough di George Crebbe su libretto di Montagu Slater, racconta le vicende di un pescatore che cerca di riscattare se stesso con ostinata urgenza e di ottenere rispettabilità tra la gente del borgo che basa l’esistenza su materialismo e apparenza.
Peter Grimes è disperato, solo per scelta obbligata, circondato dall’ipocrisia della società in cui vive ma che pur non vuole abbondare, ossessionato dal riscatto e da un destino che lo rende vittima e carnefice. Tra religione, sesso e pettegolezzo si svolge quest’opera dai contenuti fortemente psicologici, volta più all’introspezione che non all’ascolto.
Interpretata interamente in lingua inglese, si avvale di un’ambientazione tetra e oscura (allestimento del Théâtre Royal de la Monnaie di Bruxelles) presagio di un finale funesto che si realizza con l’autodistruzione del protagonista.
Semplice e nello stesso tempo complesso, il gioco di ombre e luce riesce da solo ad agghindare l’intero palcoscenico del Regio. Non ci sono colori (se non il rosso degli abiti femminili indossati durante la festa celebrata nell’ultimo atto) e il tormento visivo di quelle sfumature degradanti dal bianco al nero affatica lo sguardo, già impegnato a leggere i sottotitoli sul display elettronico. Nonostante l’impatto iniziale non sia tra i migliori, il cupo allestimento diviene una necessità per il suo naturale adattamento ad argomenti malinconici e oppressivi.
Il primo atto è delirante, rigido e condensato mentre nel secondo atto l’opera prende corpo e scandisce con più grazia la sua triste storia. Da subito Peter Grimes si rivela nella sua natura più autentica lasciando ampio spazio al giudizio dello spettatore che potrà decidere per la sua colpevolezza, innocenza o per entrambe le cose. Ottima l’interpretazione del tenore Neil Shicoff, poiché riesce a trasmettere in modo impeccabile i sentimenti di un personaggio considerato tra i più controversi di tutto il teatro d’opera contemporaneo.
La parte musicale risulta molto impegnativa, a tratti disarmonica seppur abilmente gestita sia dell’Orchestra che del Coro del Teatro Regio. Nonostante ciascun atto sia suddiviso in due parti da interludi sinfonici, si avverte tra i brani una sorta di continuità, come un filo invisibile che unisce l’opera e che parzialmente corregge la dissonanza iniziale.
Sale per la prima volta sul podio del Teatro Regio il Maestro Yutaka Sado seguito da interpreti piuttosto famosi: a partire dal già citato tenore Neil Shicoff nel ruolo del protagonista e Cornelia Wulkopf (per la prima volta al Regio) a Mark S. Doss, indimenticabile Jochanaan nella Salome di Carsen, Nancy Gustafson, Elena Zilio e Mark Milhofer. Il maestro del Coro è Roberto Gabbiani.
di Barbara Novarese