“Il grido inutile” di Angela Figuera Aymerich
Luglio 2, 2010 in Poesie da Redazione
Ci siamo mai chiesti quanto davvero valga la nostra vita?
Totalmente noncuranti dell’immenso valore del nostro animo troppo spesso calpestato, abusiamo di tutto ciò che ci si pone davanti arrivando a considerare un oggetto “utile” anche la vita umana…
E sì, perché abusare di una donna o permettere che tutto questo accada significa ridere in faccia al miracolo della vita, sfottendo non altri che noi stessi!
Risulta quindi incredibilmente attuale il tema della violenza sulla donna che la poetessa Angela Figuera Aymerich esprime con violenza ne “Il grido inutile”. Versi di dolore e grande sofferenza, risuonano nelle nostre menti come il grido disperato di un animo ferito e solo. Un’improvvisa piena ha travolto ogni cosa, ha rotto gli argini e intorbidito quel fiume che prima scorreva tranquillo, ricoprendo di guado l’intera umanità… E parlando d’ “umanità” non si vuole di certo intendere il genere umano in quanto tale, bensì il concetto latino di “humanitas” più volte preso a calci, quel misto di sentimenti che elevano l’uomo al di sopra della bestia grazie a quella mitezza, benevolenza, cortesia ed educazione che contraddistinguono la sua natura di uomo. Abbiamo perso ogni valore, il nostro animo è lurido, tanto irriconoscibile da incutere terrore.
La violenza sessuale è quindi una delle tante sfaccettature di quel terrorismo psicofisico di cui, specialmente adesso, si parla tanto, risultato inutile di un vuoto da riempire con un brutale passatempo!
Con “questi piedi d’argilla” la donna, più di tutti, annaspa a fatica in quel paradiso divenuto improvvisamente inferno. Quella piana un tempo serena ora è precipizio e vetta d’un monte inarrivabile che di continuo la donna è costretta a scalare, pervasa dal timore di “scivolare fatalmente” cadendo nell’oblio della disperazione.
Cosa può il grido di un essere totalmente indifeso in un fiume di tanta brutalità?
Passata la tempesta ciò che rimane è un vuoto insanabile d’angoscia e dolore che soffoca il grido dell’animo e lo abbandona “nel silenzio di Dio” separandolo dal mondo. Paragonabile a un omicidio, lo stupro distrugge la libertà di desiderare, la libertà di “andare per sentieri a pascolare sogni”, lo stupro distrugge e confonde le speranze di futuro che da sempre muovono le azioni umane.
L’atto sessuale, da considerarsi come incontro di anime per far nascere vita, diviene così un’assurda violazione del corpo femminile nel cui grembo non rimarrà altro che morte…
Tutta tremante la donna arriva a volersi nascondere dal mondo, credendo che nulla sia più un sicuro riparo in grado di proteggerla.
Le luci sono ormai tutte spente e non le permettono di vedere in quell’oscura galleria che ormai è la sua vita, piena di ombre e fantasmi…
Inutile è il suo grido in questo mondo di merda che non può o non vuole ascoltarlo…
Quanto vale una donna? A che serve
una donna che vive in solo grido?
Che può fare una donna nella piena
che molti superuomini sommerge
e che va sbriciolando tante fronti
alzate come dighe orgogliose
quando lente fluivano le acque?
E io, con questi piedi di argilla,
girando le province del peccato,
salendo per le dune, scivolando
fatalmente a causa dei problemi?
Che posso fare io, incredula, bisognosa,
solo con questo canto, ostinata
a limare, a far ardere la bocca?
Che posso fare persa nel silenzio
di Dio, separata dagli uomini,
gravida ormai di morte mia soltanto,
in un’attesa, languida e gravosa,
mentre tenace edifico i miei versi
con calcina di lacrime e salnitro?
Rendetemi lo svago, quella quiete
in cui potevo andare per sentieri
a pascolare i sogni come agnelli.
Rivoglio l’usignolo della selva.
Il volo di quel cigno per il lago
sotto l’argento azzurro della luna.
Riportatemi al passo moderato,
al topico dolcissimo e sedante
di un verso con timone e cortesia
dove cantare come i ricci d’oro
favoriscono il passero e la rosa
poiché ciò, alla fine, a nulla impegna
e sempre suona bene ed è carino.
Ma tutto è vano, amici, ci han tagliato
la ritirata in sicure basi.
Ormai son rotti i ponti,
i cammini confusi,
cieche le gallerie. Non sappiamo
per certo se avanziamo o fuggiamo
lasciando dietro noi terra bruciata.
E io domando, qui sola nel guado
di un fiume d’acqua torbide e crudeli,
che può fare una donna, a che serve
una donna che grida in mezzo ai morti?
(Angela Figuera Aymerich)
di Daniele Fiorini