Eurovision Song Contest al capolinea
Maggio 16, 2011 in Musica da Simona Margarino
Si è concluso come al solito, tra euforia e scontentezza, polemiche ed euforia lo Eurovision Song Contest 2011. Chi ha vinto quest’anno a Düsseldorf? Ell/Nikki (Elgar Gasimov e Nigar Jamal) dall’Azerbaijan con 221 punti, 32 in più dell’Italiano Raphael Gualazzi e 36 in più di Eric Saade dalla Svezia. Insomma, un trionfo per un Paese -ai molti pochissimo noto- che non si sa ancora bene come e se ce la farà a organizzare la prossima edizione, con il supporto della TV di Baku.
Che fosse la canzone più meritevole, con il testo o la melodie migliori, è senz’altro discutibile, ma in fondo è sempre arduo per giuria e pubblico paragonare pezzi diversi che spaziano dal pop alla pseudo-lirica, dal jazz alla musica popolare, senza offendere o deludere qualcuno. Quel che più scontenta è, in realtà, quella fastidiosa tendenza alla omologazione -dall’uso dell’Inglese ai ritornelli tanto orecchiabili al punto da sembrare di averli già sentiti altrove – che tende a impossessarsi degli artisti, facendo perdere qualsiasi radice, originalità e individualità nazionale. Ormai, a parte rare eccezioni, siamo quasi per intero a una competizione tra motivi dei quali rintracciare la provenienza è forse la scommessa più audace.
D’altronde, direte voi, se un grande bluesman si trova incidentalmente a nascere in Armenia e con la pelle bianca, anziché nero e in America, perché mai dovrebbe cambiar stile per appagare i suoi conterranei? Concordo, anche se un po’ rattrista la scomparsa dei tratti distintivi (o magari stereotipati) che fanno di un Paese la sua caratteristica (s)fortuna.
Eppure, nonostante la globalizzazione sia arrivata anche nella musica, la rivalità ancora sa tener davanti allo schermo 120 milioni di telespettatori e attirare in un’arena 35.000 persone e 10.000 addetti accreditati. In questa marea di fans e ‘abituè’ della gara, curioso è come le tensioni tra acerrimi vicini di frontiera si trasformino invece in strane alleanze di voti al momento di tirar le somme nelle finali, dimenticando una storia agguerrita di dispetti, scaramucce o conflitti secolari.
Dopo questa ennesima battaglia, la nota di speranza è che, con il secondo posto, anche l’Italia e i dirigenti RAI finalmente si appassionino all’evento quanto a una football world-cup. Non pare al momento troppo probabile, se è vero che la Emi Music non distribuirà nei negozi la compilation dell’ESC. Che questa nostra eterna lotta interna tra irritante esterofilia e senso di superiorità nazionale sian sintomi alternati di sudditanza musicale (soprattutto all’universo anglofobo) o snobismo casereccio, poco importa. Lascia purtroppo un gusto amaro sapere che noi, popolo di emigranti usi allo scontro culturale e con stimati artisti in giro per il globo, non siamo aperti al mondo come vorremmo far credere, ma spesso chiusi in una malattia immaginaria che ci blocca fra quattro mura, delle istituzioni, dell’ignoranza o della provincialità.
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di Simona Margarino