Gymkhana-cross
Novembre 21, 2011 in Libri da Stefano Mola
Titolo: | Gymkhana-cross |
Autore: | Luigi Davì |
Casa editrice: | Hacca |
Prezzo: | € 14,00 |
Pagine: | 320 |
Vicino al polso, la pelle della palma è diventata cuoio. Il suo disegno spicca, per la polvere di ghisa nei tessuti. Le unghie sono rigate, ammaccate, sporche. Sono un museo di tagli e cicatrici, queste mani di oggi. Io sono il custode del museo. Tengo la porta chiusa. Osservo il mio lutto..
Luigi Davì
Le righe qui sopra chiudono il racconto Le mie mani, che appartiene alla raccolta Gymkhana-cross, di Luigi Davì, meritoriamente riportato in libreria da Hacca. La prima uscita del volume risale al 1957, nella collana einaudiana de I Gettoni allora diretta da Elio Vittorini.
Gymkhana-cross ci parla di operai. Di Torino dalla fine della seconda guerra mondiale fino alla metà degli anni cinquanta, prima che entrassimo nel boom economico. Un mondo dove la lotta di classe è ancora soltanto in sottofondo. Una gioventù che viveva di sufficienza, che lavorava anche al sabato, che passava attraverso un apprendistato dove si iniziava col ramazzare per terra, che si svagava nelle bettola bevendo vino e giocando a carte, sperando di abbordare una ragazza. Gare in motocicletta, malinconie che nascono trovando cambiato un bar di paese.
Quando scrisse questi racconti Davì aveva 28 anni, metà dei quali passati a conoscere davvero la fabbrica, lavorandoci. Spesso sono poco più che fotografie, talvolta possono apparire definitivamente in bianco e nero, se non virate in seppia.
Eppure mantengono un valore che va al di là della pura documentazione d’un periodo (e di una classe) forse colpevolmente dimenticati. Nella lingua di Davì c’è talora una forza poetica
asciutta e velata di malinconia che merita di essere riscoperta.
Luigi Davì nasce a La Salle (Valle d’Aosta) nel 1929; da ragazzo si trasferisce a Leuman (Torino), dove, terminati gli studi, lavora in fabbrica come operaio meccanico. Pubblica i primi racconti sull’«Unità» di Milano nel 1949; collabora a «Il Contemporaneo» e il «menabò». Dopo l’esordio nei “Gettoni” con il volume Gymkhana-Cross (1957), pubblica Uno mandato da un tale (1959), Il capolavoro («menabò 4», 1961), L’aria che respiri (1964), Il vello d’oro (1965, Premio Prove-Città di Rapallo per un inedito 1964). Nel 1970 realizza un originale televisivo intitolato Civiltà dei consumi (trasmesso con il titolo ”Ultimo giorno”) e un testo teatrale, Ballata del periferico, messa in scena nel 1972 presso il Teatro Erba di Torino.
di Stefano Mola