Piccioni, architetto dei sentimenti
Ottobre 12, 2001 in Cinema da Redazione
“Luce dei miei occhi” di Giuseppe Piccioni, con Luigi Lo Cascio, Sandra Ceccarelli, Silvio Orlando e Toni Bertorelli. (Italia, 2001)
Per quale strana congiunzione astrale “Luce dei miei occhi” è stato fischiato nell’anteprima veneziana? Viene da chiederselo dopo due ore davvero intense di cinema. Giuseppe Piccioni si riconferma, a due anni e mezzo dallo splendido “Fuori dal mondo”, abile architetto di sentimenti. Il suo cinema introspettivo e malinconico riesce ad essere lirico senza abbandonare il realismo, coinvolge senza estremizzare, piace senza voler per forza piacere.
La solitudine, la maternità, l’incomunicabilità, il peso delle responsabilità, i rapporti di lavoro erano già presenti in “Fuori dal mondo”. Il dualismo fra la suora Margherita Buy e il piccolo imprenditore Silvio Orlando, è rinnovato e variato nella magnifica interpretazione di Luigi Lo Cascio e Sandra Ceccarelli. L’irresistibile ascesa dei due attori merita una breve divagazione. Fino ad un anno e mezzo fa Luigi Lo Cascio era uno sconosciuto attore di teatro. Poi Marco Tullio Giordana ha visto in lui il volto di Peppino Impastato ed è arrivato un clamoroso David di Donatello davanti a due mostri sacri come Stefano Accorsi e Nanni Moretti, i due assi pigliatutto della scorsa primavera. E con il secondo film è arrivata la Coppa Volpi, strameritata al Festival di Venezia.
Sandra Ceccarelli un anno fa promuoveva telefonini alla Malpensa. Un giorno tornò a casa e trovò sulla sua segreteria un messaggio di Ermanno Olmi che l’aveva notata in “Strane storie”, piccolo film di qualche anno prima. Il giorno dopo era vestita da badessa nel Palazzo Ducale d Mantova per “Il mestiere delle armi”, a settembre anche lei è stata premiata con la Coppa Volpi come migliore attrice.
Mettendo da parte i risvolti favolistici di queste due carriere che paiono ormai intrecciate (Lo Cascio e la Ceccarelli stanno lavorando, insieme, a due nuove pellicole) restano due grandi prove d’attore. Antonio, l’irreprensibile autista, e Maria, la venditrice di surgelati, s’imprimono nella mente e negli occhi dello spettatore grazie ai toni smorzati di una fotografia che ne tratteggia con disinvoltura gli umori saturnini, di una sceneggiatura che non ha mai una sbavatura, un’incertezza. La forza dei film di Piccioni sta proprio nella solidità dei dialoghi, nella loro semplice fuga dagli stereotipi. C’erano in “Fuori dal mondo” e ci sono in “Luce dei miei occhi” frasi che lasciano il segno.
E al fianco dei due protagonisti un plauso va anche a Silvio Orlando, che da un paio d’anni sembra essersi stancato dei ruoli da “buono”, e a Toni Bertorelli, magnifico nel ruolo del datore di lavoro di Antonio. E poi c’è la musica di Ludovico Einaudi a sottolineare il tutto in maniera armonica. C’è la fotografia, della quale vi abbiamo già detto, di un Arnaldo Catinari che non fa rimpiangere il mitico Luca Bigazzi. Insomma, un bel regalo, con una bella confezione.
di Davide Mazzocco