Zolfanello d’Oro 2001
Novembre 21, 2001 in Attualità da Momy
Lo Zolfanello d’Oro è un premio prestigioso, istituito nel 1990 dal comune di Dogliani per celebrare il bicentenario della nascita di Domenico Ghigliano, inventore del fiammifero a sfregamento.
Secondo lo statuto, il premio deve essere assegnato annualmente a persona che si sia particolarmente distinta per essersi infiammata per un’idea sfavillante o per una nobile causa. Il riconoscimento intende cioè premiare ogni anno personalità nazionali ed internazionali che abbiano in qualche modo “incendiato” la vita pubblica con il loro positivo operato.
Nelle prime dieci edizioni nomi prestigiosi si sono succeduti nell’albo: dall’indimenticabile Indro Montanelli a Yasser Arafat, da Gino Strada, fondatore di Emergency, a Francesco Cossiga.
È giusto che in questa lista compaia Azeglio Ciampi, Presidente dai modi garbati, mai sopra le righe, amato dai cittadini e stimato da tutti i politici, nazionali ed internazionali.
A Carlo Azeglio Ciampi
che, con la parola e con l’esempio ha saputo accendere le speranze degli italiani attraverso il sentimento corale della patria che nella tradizione trova la garanzia del rinnovamento civile
I vincitori delle passate edizioni
Domenico Ghigliani
Domenico Ghigliano nacque a Dogliani il 9 dicembre 1790 dal dottor Carlo, chirurgo, maggiore nel Regio Esercito Sardo, e da Gabutti Giovanna. Fu commesso nella farmacia Rovere, ove studiò con amore la botanica e la chimica. A sedici anni si recò a Mondovì a continuare gli studi presso il rinomato chimico farmacista Basilio Baruffi.
Ottenuta nel 1815 l’autorizzazione all’esercizio della professione, sposò Caterina Baruffi. Nel 1821 i chimici francesi Cavaintou e Pelletier scopersero il chinino. Ghigliano fu il primo in Piemonte ed in Italia a lavorarlo e a rifornire le farmacie torinesi. La fama gli derivò dall’invenzione dei fiammiferi a sfregamento. Ecco come questa singolare scoperta viene narrata nel volume “Doglianesi illustri e benemeriti” edito da Casarico nel 1932:
“…Nell’anno 1832, quando in nessuna parte del mondo si parlava di ciò, il nostro bravo Concittadino andava sovente a visitare il Conte Chiesa di Vasco, valente botanico Monregalese, conducendo con sé il figlioletto Gio. Battista. Si lagnava il conte, che, per accendere sovente il lume, di notte, con uno stecchino intriso di zolfo, biossido di piombo, clorato di potassa, che bisognava immergere in boccetta contenente amianto imbibito di acido solforico, gocciolasse e crepitasse, spruzzando scintille, sì da averne le lenzuola bruciate e bucate; e pregava il nostro Ghigliano di studiare il modo di porre riparo a questo inconveniente. Ghigliano se ne occupò: mutò il minio nel solfuro di antimonio, cambiò le altre dosi, ne bagnò parecchi stecchini, lasciò indurire la composizione perché più non gocciolasse, e li pose poi sul davanzale della finestra ad asciugare. Il figlioletto Gio.
Battista, impaziente, entrò nel laboratorio, e preso uno stecchino, ne fregò la punta spalmata, sulla pietra della finestra, per accertarsi se era asciutta. Quale stupore! Lo stecchino si accese; ne provò un secondo, un terzo, e tutti fecero fiamma. Chiamò il padre che, sorpreso, portò la lieta novella al Conte. Il fiammifero, atto ad accendersi, con sfregamento su qualunque superficie ruvida, era dunque inventato! Era la festa dell’Ascensione del Signore, dell’anno 1832.
Il 16 Maggio 1833 la Gazzetta Ufficiale del Regno Sardo pubblicava, con lodi ed auguri, l’invenzione. Più tardi venne mutato il solfuro di antimonio ed il fosforo, nocivi, nell’innocuo solfuro di ferro, ed invece di fregarli su pietra, si adoperò carta con sabbia finissima attaccata con gomma. E l’uso dei fiammiferi o zolfanelli passò dai signori al popolino, con immenso vantaggio, con minima spesa, con semplicità e comodità grande. Chi conobbe personalmente il doglianese Domenico Ghigliano ammirò in lui il vasto sapere chimico, non mai disgiunto da bontà e modestia e da innata bonarietà. Infatti, anziché menare vanto della sua invenzione, incurante di sé e del proprio interesse, spiegava la sua scoperta a quanti gliene chiedeva, senza tema che altri ne usufruisse, come avvenne in seguito.”
di Monica Mautino