Beatles, AI, Passato e Futuro!

Novembre 5, 2023 in Attualità, Medley, Musica, Net Journal, Primo Piano, Punti di Vista, Technology da Meno Pelnaso

Nel vasto universo musicale, le storie che attraversano il tempo ci affascinano come le stelle lontane nel cielo notturno.

Ci rilassiamo e rimaniamo rapiti a osservarle e ad ascoltarle in silenzio.

Sappiamo che quella luce ha cavalcato il tempo dalla terribile notte del Big Bang, dove tutto è stato distrutto e tutto è rinato, fino a noi.

Ecco …

… è quello che è successo Mercoledì 01 Novembre 2023.

A molti è sembrato di rivivere un sogno lontano del passato.

Per alcuni è stato come sollevare una spessa coperta di stelle e sbirciare nel futuro!

… e non perché era la festa di Ognissanti o perché qualcuno si è preso una sbornia colossale la sera di Halloween!

In ogni caso quella data verrà ricordata.

… e noi c’eravamo!

Se piacerà o meno dipenderà dai gusti, ma obbiettivamente “Now and then – The last Beatles song” è un documentario che trascina il pubblico in un turbine temporale presentando la rinascita di una traccia abbandonata dei Beatles.

Tutto ha inizio con quella vecchia musicassetta contenente un capitale sonoro di John Lennon (Liverpool, 9 ottobre 1940 – New York, 8 dicembre 1980) che Yōko Ono aveva messo a disposizione nell’ormai lontano 1995.

Forse qualche millennial dovrà farsi spiegare il valore di questi antichi oggetti, le cassette magnetiche da 30 o 60 o 90 minuti, da chi ha passato l’adolescenza con i Walkman attaccati alla cintura e le cuffiette sulle orecchie, nulla di apparentemente diverso da oggi, tranne il tipo di tecnologia e la possibilità di ascoltare solo una manciata di canzoni da ripetere all’infinito, fino all’usura meccanica del supporto magnetico.

Statua dei Beatles a Liverpool
Statua dei Beatles a Liverpool

Nel febbraio del 1995, Paul, George e Ringo, ciò che rimaneva del gruppo dopo la morte di Lennon quel tragico 8 dicembre 1980, si erano trovati nello studio di registrazione per la realizzazione del progetto “The Beatles Anthology”.

L’obiettivo era di utilizzare tre inediti composti da Lennon, Free as a bird, Real love e, appunto, Now and then.

Purtroppo quest’ultima traccia era troppo rovinata per essere utilizzata e la tecnologia dell’epoca, per quanti sforzi si potessero fare, non era in grado di isolarne e pulirne le tracce con la qualità richiesta dal progetto.

Ciò che è infatti formidabile oggi, è come è stata riportata alla vita grazie a un nuovo alleato: l’intelligenza artificiale.

Il documentario di Oliver Murray ci guida attraverso un viaggio che spazia dall’era degli album di vinile alla realtà delle migliaia di canzoni in tasca (Grazie Steve!) fino ai confini della realtà virtuale, rivelando le innumerevoli sfaccettature della creatività umana e le potenzialità della tecnologia moderna.

Nel film, le voci di Paul McCartney (Liverpool, 18 giugno 1942), Ringo Starr (Liverpool, 7 luglio 1940), George Harrison (Liverpool, 25 febbraio 1943 – Los Angeles, 29 novembre 2001), Sean Lennon (New York, 9 ottobre 1975), figlio di John e Yōko Ono (Tokyo, 18 febbraio 1933), sotto la regia di Peter Jackson (Pukerua Bay, 31 ottobre 1961), ci raccontano la nascita di questo esperimento a metà strada tra futuro fantascientifico e rievocazione del passato.

Non è solo una semplice registrazione, un cortometraggio, non è neppure una spedizione archeologica con un’astronave temporale, ma coinvolge e trascina il pubblico in un’immersione emozionante nel mondo dei Beatles, quasi come l’hanno provata coloro che hanno vissuto da adolescenti i fatidici anni ‘60.

In realtà questi tentativi erano già stati fatti, ad esempio, come detto, con il progetto The Beatles Anthology.

I tempi erano quasi pronti già da quando avevano fatto capolino i registratori multitraccia, i sistemi hardware e i software per l’elaborazione e la produzione digitale delle tracce musicali, ma mancava ancora qualcosa.

Mancava la possibilità di utilizzare la tecnologia per elaborare in breve tempo enormi quantità di dati con una capacità di individuare e modificare con grande precisione i più piccoli dettagli, piccole sbavature nel suono o nei tempi, in mezzo a un plasma di suoni e rumori diversi, confusi insieme in un vischioso minestrone.

Bene!

Il merito di Paul e Ringo, e dei teams da loro diretti, è quindi stato proprio quello di non demordere e continuare a investire tempo e denaro, tanto, per impugnare il meglio della tecnologia, la AI, e applicarla massicciamente al mondo musicale per dare vita ad un sogno inseguito da tanti anni: la Réunion dei Beatles per un nuovo ultimo grande evento, anche se solo virtuale.

Però …

I Fab Four non potranno nuovamente attraversare un passaggio pedonale di Abbey Road assieme a Lennon e Harrison in carne e ossa.

I Quattro di Liverpool non partiranno nuovamente insieme per fare un tour attraverso il globo.

Non più … purtroppo …

Forse però in futuro potremo ascoltare delle canzoni restaurate o delle composizioni aggiornate che, senza i nuovi supporti tecnologici, rimarrebbero perdute in qualche archivio musicale o sommerse da fruscii e ticchettii che ne sottolineano l’età, ma ne pregiudicano la qualità di ascolto.

Al di là dell’entusiasmo per questa fusione di tecnologia e nostalgia, aleggiano nell’aria ancora molte domande.

La prima, la più ovvia: fino a che punto dovremo/potremo eticamente spingere la nostra ossessione di “aggiustare” o sfruttare le opere del passato?

Si potrebbero lucidare le stoviglie e i sandali di Tutankhamon, per vedere quello che i suoi occhi vedevano più di 3.300 anni fa, o sarebbe preferibile solo osservarli così come sono, protetti dalla patina del tempo che li ricopre, e perderci a sognare, immaginando solo il grande faraone immerso nel suo tempo?

Il limite sarebbe solo la nostra fantasia …

La nostra!

Non quella di qualcun altro o di una macchina.

E ancora: fino a che punto vogliamo affidarci all’intelligenza artificiale nella creazione musicale o artistica in genere?

Non è forse proprio la creatività ciò che caratterizza gli esseri umani?

Vogliamo forse riesumare un esercito di “zombie musicali”, creature che risorgono dal passato grazie all’AI, o siamo solo di fronte all’opportunità di placare la nostra nostalgia rispolverando e riverniciando di modernità i vecchi ricordi?

Cosa ne sarà dell’originalità e dell’inventiva umana in questo turbinare di remake e manipolazioni digitali?

Le risposte non le ho e, francamente, anche se le avessi, non le vorrei dare.

Non voglio fare come i nostri nonni che si lamentavano che i tempi cambiavano, solo per dimostrare, con le loro parole, che non riuscivano più ad adeguarvisi!

Lascerò quindi che queste domande fluttuino nell’aria come le note di una canzone, mentre continuiamo a esplorare i confini dell’amplesso tra tecnologia e arte.

Una cosa mi sembra consolidata, mentre riflettiamo su questi dilemmi esistenziali: I Beatles, in particolare la loro creatività, il loro spirito d’iniziativa, la loro capacità di esplorare nuove tecniche e nuovi spazi musicali e la loro imprenditorialità ci dimostrano ancora una volta che sono sempre avanti nei tempi.

“Now and then” è più di una semplice canzone; è un’opera d’arte innovativa creata dall’uomo e rifinita dall’AI, ma utilizzandola come strumento e non come fonte primaria delle idee, in ogni caso, una fusione di passato e futuro che sta scalando le vette delle classifiche del Regno Unito dopo ben cinquantaquattro anni.

Altro che vecchietti!

Sono stati e sono degli innovatori fin da quando si sono formati.

I Beatles hanno, nuovamente, avuto il merito di farci notare che la musica può superare il tempo e qualunque barriera.

Ora siamo noi ad essere chiamati a decidere quanto lontano vogliamo spingerci in questo viaggio nell’arte, nella tecnologia e nel tempo.

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SIETE CALDI?

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ARE YOU READY?

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Affettuosamente Vostro

Meno Pelnaso

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