Ted Landon: molto rumore per nulla
Febbraio 16, 2001 in il Traspiratore da Redazione
Era una gelida serata di fine gennaio, qui a Torino. La temperatura si era abbassata ulteriormente. Una spolverata asciutta di neve cadeva dal cielo. Fiocchi sottili e leggeri, ma numerosi come la forfora di un commercialista sull’orlo della calvizie.
Sì, proprio così.
Entrai “da Gigi, specialità genovesi” e mi sedetti come mio solito al banco. Avevo deciso di concedermi una pausa: tutto era tranquillo per le strade.
Sarà stata la mia presenza incombente sul crimine ad ogni angolo di qualsiasi vicolo oscuro?
Sarà stato per la partita alla televisione?
Sarà stata l’influenza che quell’anno era particolarmente aggressiva?
A quest’ultimo pensiero, mi immaginai il virus dell’influenza munito di manganello che scorrazzava lungo le vie arteriose del corpo umano a distribuire botte a destra e a manca a tutti quei poveri globuli bianchi. Sì, proprio così.
Eppure era proprio così che veniva descritta l’influenza dai mass media. Qualcuno, una volta, parlò anche di guerra aperta ai virus (e io mi ero figurato i globuli bianchi armati fino ai denti come Schwarzenegger in “Commando”).
“Ehi, bello! Ordina qualcosa o schioda da quella sedia!”
A quel gentile invito mi voltai verso la persona che me lo aveva rivolto. Vidi che si trattava della cameriera.
“Il solito, pupa. Liscio” risposi.
Lei tirò indietro la testa e lanciò un urlo al barista. “Ehi, Gigi! Un doppio latte liscio a questo bel tomo!”
Mi rispettavano tutti in quel locale. Sì, proprio così!
In quel momento, la porta si spalancò. Tutto trafelato un ometto vestito solo di stracci fece il suo ingresso, accompagnato da una folata di gelo e neve. Lo riconobbi immediatamente. Era Jim “l’ottimista”, una mia vecchia conoscenza.
Mi si avvicinò e io lo salutai con un cenno del capo.
“La neve, Ted! È un disastro!”
Trasalii. La neve? Perché lo spaventava così tanto? Jim era noto per vedere tutto intorno a sé in maniera disastrosa, ma questa volta stava esagerando: mentre parlava, tremava come una foglia.
Mi afferrò un lembo dell’impermeabile modello Humprey Bogart.
“La neve, Ted! È terribile! Terribile!”
“Spiegati meglio, Jim. Cosa c’è di tanto terribile?” incalzai, afferrandolo per il bavero.
A quelle parole, il barbone mi fece strada verso l’uscita del locale. Lo seguii.
“Gigi, smetti di mungere la mucca, ché il cliente se ne sta andando!” sentii la cameriera gridare alle mie spalle. E quelle parole mi rassicurarono sulla qualità del servizio là dentro. Sì, proprio così.
Una volta fuori, il gelo ci aggredì con la stessa violenza del virus dell’influenza e dei globuli bianchi alla riscossa.
Intanto, accanto a me, Jim continuava.
“La neve, Ted. La neve…”
“Okay, è neve! Cosa c’è che non va?” chiesi in un misto di inquietudine e stupore.
Jim mi fissò dritto negli occhi.
“È terribile, non lo vedi? È troppo poca! Domani i bambini non potranno fare a palle di neve!”
Sì, proprio così. Per quell’animo sensibile si trattava di una cosa davvero terribile.
Mentre mi allontanavo nella notte, non potei fare a meno di pensare a quante cose ci preoccupano tutti i giorni e a quante volte le nostre paure funzionano come una lente d’ingrandimento. E così ci sentiamo soli. Cerchiamo aiuto, ma nessuno, uomo o donna che sia, ci può aiutare. Perché la paura ci stringe come una morsa.
“Solo il buon Dio può vincere questa stretta” mormorai con lo sguardo fisso davanti a me. In quel momento mi resi conto di essermi rimesso a camminare. E di essere ritornato al lavoro. Così, chiunque abbia bisogno di me, può cercarmi. Il mio onorario è alla portata di tutti. In giorni come questo, mi basta una buona aspirina! Sì, proprio così.
[Ai lettori: potete trovare una raccolta delle avventure di Ted Landon, pubblicata a cura di Inventa e di A. Savio, in un simpatico fascicolo in distribuzione gratuita. n.d.r.]
di Andrea Savio