“Il gusto degli altri”, la lezione della tolleranza
Febbraio 19, 2001 in Cinema da Redazione
“IL GUSTO DEGLI ALTRI” (Francia, 1999) di Agnès Jaoui, con Jean Pierre Bacri, Anne Alvaro, Christiane Millet, Alain Chabat, Gérard Lavin, Agnès Jaoui
Difficilmente al cinema si vede un’opera prima bella come “Il gusto degli altri”, la pellicola diretta da Agnès Jaoui che rappresenterà la Francia alla notte degli Oscar. La palestra dell’autrice di origine tunisina è stata la sceneggiatura: per ben tre volte, infatti si è aggiudicata il premio César come miglior sceneggiatrice. Nel ’94 per Smoking no smoking, nel ’98 per Parole parole parole, entrambi diretti da Alain Resnais, e nel ’96 per Un air de famille di Cédric Klapisch. E con il debutto alla regia la Jaoui ha messo subito d’accordo pubblico e critica del suo paese.
“Il gusto degli altri” si appoggia, com’era già stato per “Parole, parole, parole” (film che gli è superiore), su di una sceneggiatura corale e su sei personaggi ben interpretati. Su tutti spicca Jean Pierre Bacri che è cosceneggiatore (nonché compagno) della Jaoui. Bacri ci regala Castella, un personaggio indimenticabile d’imprenditore rozzo e malinconico, ma desideroso di colmare le proprie lacune culturali. La sua povertà intellettuale viene a contatto con la ricchezza intellettuale di un’attrice in bolletta, Clara, che è anche la sua maestra d’inglese. E lo stridere dei due caratteri fa nascere le scene più gradevoli del film.
Al di sotto del plot principale si muovono gli altri protagonisti, in un modo o nell’altro legati ai due principali. La cameriera Manie, amica di Clara, instaura una relazione con Moreno, la guardia del corpo di Castella. In questo caso lo scontro caratteriale è fra il carattere estremamente libero della ragazza e quello conservatore e rigido della guardia del corpo, ma, come si dice, gli opposti si attraggono…
Interessante soprattutto da un punto di vista sociologico, il film francese ci mostra la difficoltà di relazionarci con chi appartiene ad un mondo diverso dal nostro. La stessa regista ha spiegato come in Europa l’apertura delle classi sia solo apparente e come il film abbia voluto mostrare l’influenza dei pregiudizi sociali nei rapporti con coloro che sono diversi da noi. Una sottile, ma maiuscola lezione sulla tolleranza.
di Davide Mazzocco