Dado Moroni per Traspi.net
Luglio 3, 2004 in Musica da Claris & Momy
Il Dado è tratto…
Essere in qualche modo accostatati ad un grande condottiero come Giulio Cesare è merito non da poco. Dado Moroni, acclamato pianista genovese, lo evoca sia per il nome, che si lega a doppio filo alla frase pronunciata dal condottiero romano sul Rubicone, sia per la sua presenza costante ed imperiale al Festival di Ascona (10 serate in 10 giorni rappresentano un bel record!).
Dado si diverte a suonare e abbiamo ancora negli occhi le performance dell’altra sera, quando accompagnava col suo piano i mostri sacri Eddie Locke, Red Holloway, Warren Vaché e Plas Johnson, suo mito da ragazzino per il sax del tema della Pantera Rosa. Ma Dado è anche un teorico del jazz, scopriamone la filosofia…
Che cosa è per te il jazz?
E’ la miglior rappresentazione della vita. Mi spiego meglio: da un lato sembra che i jazzisti europei si vogliano appropriare di una musica non loro, americana, dall’altro si parla tanto di world music, ma il jazz è già tutto questo, rappresenta la vera ‘fusion’ di stili e linguaggi. Non è possibile dimenticare che, quando il jazz nacque, New Orleans era il punto di raccolta di tutte le culture di allora, quella degli indigeni (discendenti di inglesi, tedeschi, spagnoli…), come quella degli schiavi brasiliani, a loro volta con commistioni derivate dagli avi africani e dai ‘padroni’ portoghesi… Ecco spiegato come il jazz da sempre rispecchi e simboleggi mille modi di essere, che poi nella storia recente si sono ancora arricchiti di nuove espressività, grazie a geni dal talento assoluto che ne hanno modificato toni e ritmi, da Duke Ellington a Miles Davis a Charlie Parker.
Possiamo dire che il jazz sia la sommatoria di tutto lo swing del passato, dei sentimenti di chi l’ha suonato, dalle origini a oggi, cui aggiungi, ad ogni concerto, in ogni momento, il tuo patrimonio personale di esperienze. Quando incontri altri musicisti e ti esibisci insieme, anche gli altri esprimono ed uniscono il loro soffio vitale, per creare una musica che è reale solo nell’attimo in cui la si suona ed è già morta, perché sopraffatta da altre esperienze, l’istante dopo.
Il tuo stile di pianista, a detta di molti, rappresenta un nuovo modo di intendere il jazz.
Questo giudizio va condiviso con i gruppi (più i ‘Four of a kind plus one’ che il ‘Dado Moroni trio’) con cui suono. Io sono partito dal jazz per allargarmi ad altri generi; gli altri componenti della band, olandesi, risentono di forti influenze pop e funk, nonché della grinta innovativa tipica degli artisti dei Paesi Bassi. Il frutto nato è un mix particolare, caratterizzato sia dallo swing tipico del jazz e del blues, sia da influssi latini. Il nostro vanto è quello di essere onnivori ed innamorati della musica, di saperci divertire attraverso i vari linguaggi che esprimiamo, di trasmettere sensazioni che derivano dai posti visitati, dalle persone conosciute, dai cibi assaggiati, dalle donne amate…
E’ l’anno del tuo debutto al Jazz Ascona festival, ti senti gratificato?
In realtà è addirittura la prima volta che vengo nella città di Ascona, festival a parte, e mi ha profondamente colpito l’eleganza dei luoghi e la deliziosa posizione naturale. In questi giorni poi l’atmosfera è veramente incantata, sembra proprio di essere a New Orleans. Quasi lancerei agli organizzatori l’idea di progettare anche un ‘Jazz Ascona winter’… Per un musicista giramondo come me, poter rimanere dieci giorni stabile in un luogo così piacevole è un’eccezione che ti riconcilia con la professione. Pensa che, negli USA, mi è successo di suonare per sessanta serate consecutive in posti differenti, con appena tre giorni di pausa in mezzo al tour.
Ritengo ben assortito il cast di artisti presenti, con la giusta rappresentanza di esponenti del jazz classico tradizionale e con altri musicisti, come me, più portati alle melodie rhythm’n blues, ai quali a volte capita di suonare davanti a persone anziane che, se all’inizio rimangono molto sorprese, poi si divertono comunque, o al limite cambiano palco, vista la gran varietà di proposte musicali in contemporanea.
Credi, dunque, che il jazz possa piacere anche alle nuove generazioni?
Il jazz piace ai vecchi e ai giovani, non c’è possibilità di equivoco. Il problema, se mai, è la diffusione della sua esistenza, far conoscere alle nuove generazioni i migliori strumentisti e cantanti, altrimenti arrivano a manifestazioni come queste impreparati, ignorando chi siano Fats Waller o Count Basie [cui il festival di quest’anno è dedicato, n.d.r.], e rischiano di non apprezzare lo spettacolo. In parecchi paesi europei, in Francia in primis, radio e televisioni dedicano a questo genere musicale programmi specifici; in Italia nessuno ci pensa, anzi sembra che il jazz venga appositamente ignorato dai canali ufficiali di comunicazione. Eppure il jazz è uno dei pochi modi di comunicazione universale, una maniera di intendersi oltre i linguaggi… e, se anche non si riesce a capirlo, l’importante è carpirlo, farsi trasportare dalle sue sensazioni come dalla vita di ogni giorno, che ci sorprende con le sue suggestioni quotidiane, pur se non sempre si riesce a comprenderne appieno il filo logico che la guida.
Tra gli artisti del festival con chi vorresti suonare?
Sicuramente Niki Harris, perché un paio di anni fa ne ebbi l’occasione, ma per altri impegni dovetti rinunciare. Di lei, oltre allo splendido sound della voce, apprezzo particolarmente l’eccezionale presenza scenica che non le fa comunque mai tralasciare di concentrarsi sulla musica. Noi europei dobbiamo ancora apprendere appieno dagli americani questa capacità di unire spettacolarità e professionalità sul palcoscenico.
L’ultimo weekend del festival ripropone il meglio di quanto visto sinora ad Ascona: stamattina si comincia con Leroy Jones all’hotel Tamaro (che chiude anche la giornata con l’esibizione, dalle 23, allo stage Torre), seguito dalle performance, nelle antiche vie di Ascona, della Criterion brass band e della Happy Feet brass band. Per l’aperitivo doppio appuntamento: si parte alle 18 all’Hotel Castello con i virtuosismi al piano di Dado Moroni, accompagnato dalla vocalist afroamericana Adrienne West, per proseguire alle 19.30 al Dannemann Point con lo swing degli Spirit of New Orleans. La serata vede al centro della scena la voce roca e suadente e le atmosfere latino-americane di John Boutté, stage Torre, ore 20.45. Allo stage Lago invece si esibisce il quartetto di Jeremy Davenport, con la presenza straordinaria del sax di Plas Johnson.
Domenica mattina concerto d’eccezione in una cornice insolita: al centro Dannemann di Brissago si esibisce Hazy Osterwald, accompagnato dalla Swing Society. La sera occhi puntati sull’elegante ed esclusivo gala di chiusura all’Hotel Giardino. Aprirà la serata, come di consuetudine, la verve del ‘grand marshall’ Earl Cornway, che precederà l’esibizione della vocalist Lillian Boutté e del sassofonista Red Holloway, che in queste serate ha raccolto consensi veramente ragguardevoli.
di Claudio Arissone & Monica Mautino