Le mie divagazioni
Agosto 26, 2004 in Libri da Gustare da Claris
Titolo: | Le mie divagazioni |
Autore: | Renato Ratti |
Casa editrice: | Sagittario editore |
Prezzo: | € 15.00 |
Pagine: | 120 |
Renato Ratti è stato uno dei più apprezzati enotecnici italiani, con un curriculum di assoluta eccellenza. Nato nel 1934, grande conoscitore del vino, si è dedicato alla produzione ed alla selezione dei più famosi vini piemontesi (Barolo, Barbera, Dolcetto), ha realizzato il ‘Museo Ratti dei vini d’Alba’, è stato presidente del Consorzio Barolo, Barbaresco e vini d’Alba, membro dell’Accademia italiana della Vite e del Vino, oltre ad aver avuto collaborazioni con parecchi periodici specializzati. Ma non solo: sapeva insegnare il vino ai suoi allievi come ai turisti, ala gente comune come agli esperti, con parole chiare e divulgative, pur dall’alto della sua eccelsa conoscenza tecnica.
In suo onore, nell’anno di quello che sarebbe stato il suo settantesimo compleanno, i suoi amici più cari e i suoi famigliari hanno voluto dedicargli un omaggio, la pubblicazione di un libro che raccoglie le sue migliori vignette. Già, perché, in maniera sommessa, nel tempo libero, poco, che aveva, Renato si dilettava a schizzare ironiche situazioni legate al mondo del vino. L’omaggio in realtà non è certo solo per ricordare la memoria del maestro, quanto per allietare i lettori, trasportarli in maniera leggera nella storia del vino recente, nelle sue problematiche e nei suoi labirinti esistenziali.
Il libro, dopo le doverose e profonde introduzioni-testimonianze del figlio Pietro Ratti, del direttore di Barolo & Co. Elio Archimede e del produttore Renzo Balbo, è organizzato in capitoli, ciascuno introdotto da un prologo di un esperto.
Il primo, introdotto da Pino Khail, è dedicato alle ‘Cronache del vino’, vignette nate da fatti di cronaca. Ecco il ricordo di Khail: “Nella monacale aula magna del severo ateneo universitario di Amsterdam, pretenzioso di stile classicheggiante, ricolmo all’inverosimile di signore eleganti e attempati “signori per bene”, quella sera veramente non si sentiva volare neanche la classica mosca. Il silenzio era tombale quasi che sul leggio, a parlare, fosse un redivivo Rembrandt, simbolo di una cultura policroma di eterni colori o un fiero Martin Lutero impegnato a propugnare le sue riforme. Ma non era Rembrandt e non era Lutero e non si parlava delle esegesi bibliche ma, tutt’al più, di esegesi vinicole che potevano incuriosire, forse impressionare, ma non avrebbero mai portato allj’ira papale. Ed a parlare non era un frate in odore di scomunica, ma un enologo in imprevedibile odore di serietà. Si chiamava Renato Ratti e pochi, tra quelli che religiosamente lo ascoltavano, lo conoscevano. Ma quella sera anche noi, che gli eravamo quasi fratelli, non lo riconoscemmo…
Segue un capitolo dedicato a ironiche vignette sul palazzo del vino introdotto da Ezio Rivella che spiega “Renato Ratti aveva innata la capacità rappresentativa della vignetta, che fin da bambino, tracciava con tratti rapidi e sicuri della matita, ma soprattutto era dotato dell’intelligenza e del senso critico umoristico, che sono proprie del grande vignettista”.
La seconda metà del libro raccoglie battute sul Consorzio dell’Asti e sulla promozione del vino introdotte da Carlin Petrini, che sottolinea l’attitudine scherzosa, leggera che emerge del Ratti vignettista, quasi a stemperare un rigore assoluto sul lavoro (“serietà e competenza senza prendersi troppo sul serio”) e da Vittorio Vallarino Gancia, che racconta “L’ho sempre stimato per la sua bontà, la sua intelligenza e per la sua lucidità di pensiero, ma per me è stato soprattutto un grande amico con la A maiuscola, forse oltre ad essere un amico per me era anche un fratello”.
Chiudono il volume due capitoli, sulle competenze e sulle cronache piemontesi, introdotte da Giacomo Oddero “Gestiva questo suo sapere con un’intelligenza ironica e senza il sussiego dell’intellettuale. Aveva la battuta pronta, a volte bonaria, a volte, quando ci voleva, tagliente e forte come l’accetta che tronca la vite che non dà uva buona” e da Gabriele Gasparro: “Un’acuta ironia che Renato riversava, con la sua matita veloce, sui fogli degli appunti durante le chilometriche riunioni. Tratti rapidi ed essenziali, come il suo pensiero. Il personaggio: un pupazzetto semplice, ora attento, ora dubbioso o sconfortato, vittima della burocrazia, dei cavilli e delle complicazioni inutili. Un perseguitato del sistema, insomma un Paperino disneyano di casa nostra “.
Di tute le vignette dello scomparso intellettuale del vino, pubblicate dalla casa editrice Sagittario di Agliano Terme in collaborazione con il Consorzio dell’Asti, si può affermare che conservino validità e freschezza ironica e, per dirla con Renzo Balbo, rispecchiano “tutta la sua onestà e salda struttura. La sua profonda conoscenza del nostro difficile mondo, la sua coerenza ai propri principi morali, la sua autorità di giudizio”. Molto importante sottolineare che le vignette vengono spiegate nel loro contesto storico.
di Claris