Rosso e la fotografia
Novembre 21, 2004 in Arte da Sonia Gallesio
Se l’ambizione di Rosso è di arrivare ad una scultura senza materia, nelle sue stesse ripetute dichiarazioni una scultura per l’occhio e non per il tatto, che dunque non sia “blocco” […], non sia “statua” né “posacarte”, e accolga in sé […] l’atmosfera che ha intorno, la fotografia dell’opera mette in risalto questa sua qualità…
[Carlo Bertelli, da Medardo Rosso e la Fotografia, testo pubblicato nel catalogo della mostra]
Per Medardo Rosso la fotografia non rappresenta un mero mezzo atto a documentare la realtà, bensì un possibile esito dell’opera d’arte (un suo ulteriore prodotto, in breve). Al contempo, essa costituisce un pretesto – e nel dirlo sottolineo ancora la dominazione dell’emotività durante l’iter creativo – per rivelare al pubblico “i momenti affettuosi della modellazione” (Carlo Bertelli).
Il suo utilizzo, altresì, la dice lunga in merito all’illuminata consapevolezza del maestro: essa diviene un modo per analizzare il lavoro eseguito e riadattarlo, per fornirne sempre nuove varianti. “L’elaborazione fotografica”, e questo è uno degli aspetti più significativi, “rende l’opera vivente, mai esaurita, […] parte della vita del suo autore. Il non finito si fa mai finito” (ancora Bertelli).
Il voler superare il limite imposto dalla staticità della scultura è intento altissimo, sia qualora Rosso compia interventi di sottrazione sui lavori già conclusi, sia dacché con la fotografia faccia rinascere decine di volte un artefatto. Se il non finito, difatti, trasferisce un’idea di cessazione implicante il mantenimento della condizione ottenuta, il mai finito riporta ad un senso di possibile evoluzione, di trasposizione nel tempo, di speranza e di aspettativa compositiva.
Nell’artista, lo si è accennato poc’anzi, l’impiego della fotografia può tradire una certa ansia del rivedere, del rivivere. Tuttavia, essa è anche da intendersi quale processo idoneo a rimarcare, della scultura, la sua intrinseca identità di immagine. Del resto, il ruolo della macchina fotografica può essere facilmente accomunato a quello dell’occhio, che cattura una specifica traccia visiva in un dato istante.
Impossibile non ricordare, in conclusione, la volontà di Rosso di smaterializzare le sue creazioni, di ridurle ad opere di luce, cosa che la fotografia sembra consentire più efficacemente rispetto ad ogni altro mezzo (si osservi la stampa Effetto omnibus, 1885).
Tutte le citazioni presenti sono tratte dal catalogo della mostra Medardo Rosso. Le origini della scultura moderna, Ed. ArtificioSkira, 2004.
Rosso alla GAM
Sculture di luce
di Sonia Gallesio