Lo stato dell’unione
Aprile 4, 2005 in Libri da Sandra Origliasso
Titolo: | Lo stato dell’unione |
Autore: | Tullio Avoledo |
Casa editrice: | Sironi |
Prezzo: | € 17.50 |
Pagine: | 380 |
Come scrivere un romanzo in cui coesistano generi letterari diversi? Nello specifico un giallo come trama principale che tiene legati un romanzo fantapolitico, autobiografico e fantacomico? La terza prova narrativa di Tullio Avoledo tiene conto di queste componenti e le amalgama, tanto da renderle inavvertite. In effetti la lettura de “Lo stato dell’unione”(Sironi Editore) scorre veloce e riesce, per oltre 300 pagine, nel suo intento di creare una suspense volutamente caricata di elementi grotteschi ed improponibili. Il protagonista, Alberto Mendini, è un pubblicitario disoccupato che viene misteriosamente contattato dall’assessore della cultura di un’immaginaria regione del Nord Est, facilmente collocabile nella zona del Triveneto. Accettando la proposta, Mendini si troverà coinvolto in un meccanismo contorto mirante alla costituzione della “Giornata dell’identità celtica”.
Leggendo fra le righe il racconto è facile intravedere un riferimento all’Italia d’oggi, dove le discussioni sul federalismo sono all’ordine del giorno e la destra è al potere. Allusione trasparente è quella fatta al personaggio della Martinelli membro di un partito chiamato, guarda caso, “Italia in Marcia”. Ma l’analisi di Avoledo non si ferma a livello superficiale, perché tocca altri temi come quello sociale nella riflessione sul rapporto di coppia e quello con i figli condizionati, in modo irreversibile, dai modelli televisivi. Quindi, l’autore si spinge verso la zona del paranormale trattando della possibilità di comunicazione fra il mondo dei vivi e quello dei morti. Custode delle voci registrate è Neil, un militare americano in esilio, il solo a conoscere il destino del protagonista. Da notare, inoltre è il largo impiego di termini stranieri inglesi, tedeschi e di forme dell’italiano parlato che rendono il testo ricco di sfumature linguistiche restituendoci la pratica, sempre più diffusa, di un linguaggio quotidiano pregno di foresterismi anglofoni, come in questo passaggio:
“You too si pronuncia yu tu. Non si dice “u due””
“Sei sicura?”
“Ma sì papi”
A tavola, a colazione, ho commesso l’errore di sbagliare una pronuncia. Per Gaia non è un reato di lesa maestà, dato che gli “u due”, come continuo a chiamarli, nemmeno sa chi sono”
di Sandra Origliasso