per grazia ricevuta
Luglio 22, 2005 in Libri da Stefano Mola
Titolo: | Per grazia ricevuta |
Autore: | Valeria Parrella |
Casa editrice: | minimum fax |
Prezzo: | € 9,50 |
Pagine: | 105 |
La ragazza c’è. Con il libro d’esordio, mosca+balena, aveva vinto il neonato Premio Campiello Autore Esordiente. Con il secondo, quello di cui parleremo tra poco, è entrata nella cinquina dello Strega. Queste cose le diciamo principalmente per dovere di cronaca. Non c’è bisogno di contare le medaglie per capire che la scrittura di Valeria esiste e vale.
Che cosa abbiamo qui? Un libro di racconti, (sempre per la statistica, 4). In cui ancora le donne sono principalmente protagoniste (in 3 racconti su 4), e di nuovo, a fare da sfondo, una città. Che indubitabilmente è ancora Napoli. Come nella precedente raccolta, anche qui il tono si tiene lontano dalla coloratura facile. C’è una giusta distanza dalla retorica e dalla pittura di genere. È difficile annusare qualcosa di vecchio, qualcosa che ci si aspetta di trovare in un regalo pensato senza fantasia. Più che altro, ci sono gli ingombri che una città mette in mezzo mentre si cammina per la vita. C’è una città sicuramente difficile, come ci sono città più facili e forse più difficili. Ci sono i dettagli dell’esistenza. Il lavoro, per esempio. Le scelte che la vita impone.
E c’è questa capacità di Valeria nel descrivere lo stato di sospensione tra il presente, e quello che si vorrebbe essere. Lo scollamento, che è spesso affidato al vedere, al riconoscersi o non riconoscersi attraverso un’immagine. Sia questa riflessa negli occhi dell’uomo che si ama, sia in uno specchio. Ad esempio, la protagonista del primo racconto dice: perché io nella mia vita non ero mai stata così bella come quando Mario mi guardava. Perché è con lo sguardo che stabiliamo il nostro rapporto con il mondo, e il nostro sguardo non è oggettivo. Sia perché spesso il nostro sguardo è una scelta, così come lo è l’inquadratura di un film. Sia perché il nostro sguardo non può mai essere neutro. Noi siamo in fondo il modo in cui guardiamo le cose, il modo in cui ci possono essere più o meno amiche oppure estranee.
E qui viene in gioco il talento per l’esattezza. La capacità di descrivere quei punti di svolta della vita che si nascondono dietro un apparente nulla. I momenti in cui improvvisamente ci sembra di capire qualcosa con nitidezza assoluta, ed eppure le cose intorno sembrano muoversi sempre allo stesso modo. L’esattezza di dare forma con le parole a quelle cose complicate che sono le nostre sensazioni, sentimenti, sguardi. Come la bellissima pagina dell’ultimo racconto, dove si parla della presa di coscienza della morte di un amore. Non per inganno o tradimento. Per scoloritura, appassimento. La protagonista inizia dicendo: Mai avrei voluto guardarlo mentre si addormentava nel nostro letto senza sapere perché.
Le donne di Valeria sono fragilmente forti, e belle. Sono trasversali: dalla donna del corriere di droga del primo racconto, all’organizzatrice di mostre d’arte del terzo, alla laureata che lavora in libreria dell’ultimo. Portano il fardello della loro sensibilità senza esserne sovrastate, come un po’ costrette alla smorzatura, ma senza perdere profondità nello sguardo.
Scrivere racconti non è una cosa facile. C’è tutto un gioco di equilibri delicato, è come provare a fare la maionese, che poi ogni tanto impazzisce. Bisogna saper dosare gli ingredienti al momento giusto e nella quantità giusta, e avere tanto talento per i finali. Qui a mio giudizio ce n’è uno sopra tutti gli altri, ed è L’amico immaginato, quello che ha come protagonista l’organizzatrice di mostre d’arte. Per la capacità di analisi psicologica, per la fertile densità di simboli che nasce dal parallelismo della donna che vagheggia un adulterio e lo vive principalmente nella modalità virtuale degli SMS e delle e-mail, e la figlia che sconcerta tutti con il suo amico immaginato, Daniele, per il quale pretende che si apparecchi a tavola. Ma non vorrei scartarvi del tutto il cioccolatino per non guastarvi il ripieno.
Insomma, teniamola d’occhio. La prossima prova sarà un romanzo? Potrebbe essere il caso di provarci.
di Stefano Mola