La descrizione del dolore
Aprile 26, 2001 in Cinema da Redazione
“LA STANZA DEL FIGLIO” (Italia, 2001) di Nanni Moretti, con Nanni Moretti, Laura Morante, Silvio Orlando, Stefano Accorsi
Un anno e mezzo di riprese, una segretezza poliziesca e kubrickiana sulla materia trattata, un pool di attori e caratteristi di primissimo piano, una colonna sonora incisiva, ma non invadente, tratteggiata dal premio Oscar Nicola Piovani, sono il contorno dell’ultimo film di Nanni Moretti. Un Moretti che ha messo sullo schermo i suoi timori di padre, riuscendo ad essere meno egocentrico del solito.
Che “La stanza del figlio” sia un film poco morettiano lo hanno scritto in molti. Non c’è politica, mancano quel sarcasmo e quel cinismo intellettuale che sono la cifra di tutto il suo cinema. Moretti tratta il dolore con delicatezza e realismo, senza sprofondare nel melodramma ipergestuale tipico di tanta cinematografia e paracinematografia statunitense, senza toccare le corde del lirismo transalpino, allontanandosi dall’approccio all’argomento (la morte di un figlio) dello spagnolo Almodovar (“Tutto su mia madre”).
Con Moretti non esiste retorica. E non è un’impresa facile. Prendete ad esempio i tv movie zuccherosi delle quattro del pomeriggio. Quei prodotti statunitensi di target medio-basso girati con budget ridotto e con vecchie attrici in disarmo che presentano spesso, anzi, sempre, storie di donne alle prese con le torture del destino. Quante lacrime si sarebbero spese, quante suonate di violino, quanta retorica?
Ne “La stanza del figlio” non c’è nulla di tutto questo. Il dolore è spogliato di ogni orpello, di ogni sottolineatura musicale, di ogni retorica gestuale. Nella sua personalissima descrizione del dolore, Moretti scrive una pagina originale. Il pregio più grande di questo film è quello di dire nel sottinteso le cose più importanti. In questo senso la corsa del Padre col Figlio è l’emblema di tutta la pellicola.
di Davide Mazzocco