Femminilità in Sax
Novembre 21, 2005 in Musica da Cinzia Modena
“Shades of Carol”, il nuovo lavoro di Carol Sudhalter. Un’interprete del jazz che ama mettersi in discussione e confrontarsi con i grandi in festival jazz oppure al Ristorante Cajun (New York) dove anima il “jazz Brunch” domenicale da 15 anni
Sassofono. Uno strumento suggestivo. Per molti è evocativo del jazz, per i più suscita un’attrazione tutta particolare: se si parlasse di uno strumento musicale dal sofisticato fascino, questo lo si imputerebbe al sax.
Sax. E poi? Oggetto d’arredo oppure opera d’arte? In origine è uno strumento che produce suoni. Tanti sono i nomi che in diverso ambiti hanno contribuito a dare valore alle note emesse da quest’ottone. Curiosità: tanti nomi, certo, ma tutti maschili! Poche lo donne conosciute: causa forse dei dualismi che si formano nella mente del tipo arpa & donna, sax & uomo?
Dalle prime note del disco “Schades of Carol” si viene calati in un paesaggio jazz dalle note armoniose. Sottili racconti o suadenti storie cantate secondo un bebop un po’ smarcato dai canoni classici. I suoni sono familiari, nel senso che trovano subito la porta aperta ad accoglierli in chi li ascolta per la prima volta. Le melodie, che richiamano alla scuola “parkeriana” o più in generale ai grandi maestri del “Jazz”, non sono scontate: la loro chiave è complessa ma dotata di un’armonia che gioca da filo conduttore e che rende tale complessità semplicemente un fresco fiore goduto nel verde di un giardino. Un ascolto attento rivela brani molto diversi tra loro. Andanti o d’atmosfera. Le note del sassofono create da Carol Sudhalter hanno un tocco suadente. Si staccano dal bebop e dialogano con un interlocutore immaginario, accompagnate da note di pianoforte o da gorgheggi che fan da spalla ai pensieri di un viandante solitario (come in “A weaver of dreams”). Favole in punta di nota o melodie da festa (come in “Fast” di Tore Spano). Note da serate raffinate in locali da sogno. Suoni che potrebbero esser la colonna sonora di momenti particolari, o sensazioni lievi ma così leggere da esser solo piacevoli.
Ogni tanto un vocalist irrompe nella successione dei brani. Voci di donna, limpide come l’acqua di un torrente di montagna. In “Lotus blossom” è forte il contrasto tra le note calde, quasi dal timbro per così dire maschile, del sax e quelle argentine della vocalist Matha J. Questo contrasto riporta l’immaginazione a film anni ’50 o ’60 dove la protagonista dialoga da sola fino a quando compare una ‘spalla’, un complice nelle riflessioni (un amico o che sia il mare, la sabbia o la luna all’ascoltatore decidere). In “Dry” la Sudhalter si cimenta con un sax soprano in un’avventura complessa e coinvolgente dove le prime battute sembrano passi introduttivi o passi di danza latino-americana. Le note del flauto, un morbido velluto quasi palpabile, guidano per sentieri ombreggiati e solari fino a raggiungere panorami la cui nitidezza si perde nella memoria e si ricorda solo di esser stati portati lontano a bordo di un pianoforte. La limpidezza di “Dry” contrasta fortemente con il tono orchestrale di “Lullaby of the Leaves”. Il sax baritono dialoga con il fiati e bebop ed un’aria un po’ retrò ed un po’ misteriosa muove per tutto il brano.
Melodie più classiche in “It’s Time”, dove note mature raccontano di sentimenti e di vita vissuta con quel tono pacato che solo l’esperienza sa regalare. Strumenti a fiato differenti dialogano tra loro e si muovono come leggeri ballerini su un palco immaginario. Più energia esce dalla composizione di Tad Dameron, “On a misty night”, ultima traccia dell’album. Un brano conclusivo che condensa toni chiari, suoni bassi in evidenza, brillantezza e una compiutezza che sa di maturità e pienezza con note che richiamano vagamente ad altri brani, ma solo in apparenza. Energia che si mescola con sensualità, gioia e varietà come i colori della tavolozza dei pittori.
L’amore per il dialogo e la conversazione a più voci, per situazioni non scontate e sempre differenti, per sentimenti vissuti a pieno come fosse la prima volta: queste sono alcune sfumature che emergono da un ascolto complessivo di questo disco. Carol Sudhalter conquista con le atmosfere avvolgenti che propone, con le note calde del suo sax, con l’armonia che domina e con l’effetto sorpresa che regna in ogni traccia. Non c’è ripetitività ma la ricerca di nuovi equilibri in un sistema più allargato: ecco il dialogo a più voci o con new entry che trasformano tracce in apparenza “tranquillle” o classiche in un andante brillante e gioviale (come in “On a slow boat to China”).
Due parole su questa donna che sa usare con incredibile maestria sax baritono, tenore, e flauto.
Le origini di Carol risiedono a Boston , città dove è nata e cresciuta. Nel 1978 si trasferisce nella grande New York per suonare con il primo complesso femminile al mondo di musica latina, il “Latin Fever”. Donna dinamica ed intraprendente, ha fondato la Astoria Big Band, gruppo di 16 musicisti; ha, inoltre, organizzato e prodotto due festival musicali: Astoria/LIC Waterfront Jazz Festival e Athens Square Jazz Mondays. L’intento era quello di diffondere sempre più la conoscenza della musica jazz. Ama il confronto: molteplici le manifestazioni jazz che l’han vista e la vedono tutt’ora protagonista sia negli Stati Uniti che in Europa (jazz Umbria, Locarno, Ascona, per far dei nomi).
E’ da molti conosciuta come la donna “che per la prima volta..”. Di questo elenco va menzionato che è stata la prima donna a laurearsi al Smith College per diventare una musicista jazz.
“Shades of Carol”, prodotto da Alfa Music & RAI Trade – 2005
“Palace”, Nomes, 2005. Carol on tenor sax.
Carol Sudhalter Discografia con la Carolina Records:
“Last Train to Astoria”, Carol Sudhalter’s Astoria Jazz Band, 2002. Baritono sax and flauto.
“It’s Time”, Carol Sudhalter Sextet, 2002. Carol con sax tenore e baritono, flauto.
“Carol in the Garden of Jazz”, Carol Sudhalter quartet, 1999
“Soon”, Carol Sudhalter’s Astoria Big Band con Myrna Lake (vocals), 1997
“Who Will Buy?” Carol Sudhalter’s Astoria Big Band, audio cassette, 1993
“Hey There”, LP, Carol Sudhalter quartet, 1985.
di Cinzia Modena