Nulla è per sempre
Giugno 25, 2006 in Libri da Stefano Mola
Titolo: | Nulla è per sempre |
Autore: | AA.VV. |
Casa editrice: | Giulio Perrone Editore |
Prezzo: | € 15,00 |
Pagine: | 280 |
Per parlare di questo libro, estraggo dalla sacca della memoria il mio primo incontro con uno scrittore per me idolo, Enrique Vila-Matas. Un giorno vagavo per l’aeroporto di Barcellona, aspettando una coincidenza. Sono ovviamente finito nelle librerie. Sono stato attratto da questo titolo: Suicidios ejemplares (tradotto in italiano da Sellerio). Ho intuito qualcosa dell’introduzione, scorrendola in fretta: è bastato. Nell’introduzione, ci sono queste parole (che indegnamente provo a tradurre dallo spagnolo): “Viaggio per conoscere la mia geografia”, scrisse un pazzo, all’inizio del secolo, sui muri di un manicomio francese. Mi viene in mente Pessoa (“Viaggiare, perdere paesi”) e a parafrasarlo: viaggiare, perdere suicidi; perderli tutti. Viaggiare fino a che si esauriscano nel libro le nobili opzioni di morte che esistono.
Cercando di frenare le mille divagazioni che, di fronte a queste parole, assediano la mia tastiera, provo a spiegare perché Vila-Matas è venuto in mente a me. Questa antologia, curata da Flavia Piccinni, si pone in un certo senso un obbiettivo più ampio. Ovvero, non si limita ai suicidi. Semplicemente, parla di morte. Cinquantanove tipi diversi, raccontate da scrittori giovani e meno giovani, esordienti e meno esordienti. Morti suddivise in categorie: Suicidi (come a dire, partiamo da Vila-Matas e andiamo avanti), Omicidi, Incidenti, Conclusi, Inconclusi. E per finire (mai verbo fu più adatto…) la sezione più folgorante, quella delle pillole. Racconti brevissimi, da 11 a 30 parole. Tipo questo:
Oggi: il mio funerale.
Sapere che è andata. Forse anche bene.
(Adriana Maria Sestibio)
conditi a contraltare da altrettanto folgoranti biografie.
Un libro che è stato presentato alla Fiera del Libro e che ha venduto (e pare stia continuando a farlo) anche bene (cosa non scontata per un’antologia, per lo più di quasi esordienti). Un libro di cui si è occupato anche il critico Filippo La Porta su XL, mensile di Repubblica. Ma lasciamo la parola a Flavia, che di questi racconti è stata selezionatrice.
La domanda, forse ovvia, che probabilmente tutti ti avranno già fatto è: perché scegliere come tema un argomento che si tende a cacciare sotto il tappeto come la morte?
Proprio perché nessuno ne vuole parlare. Perché tutti la evitano e invece è una delle poche cose comuni a tutti. Perché è un tabù che abbiamo (ho) cercato di abbattere. Perché, soprattutto, è una delle mie poche ossessioni.
Mi viene in mente questa considerazione: la morte è un motore narrativo, richiede necessariamente una trama, un prima, un durante e uno scioglimento. Se d’accordo?
Credo che la trama, le trame, siano infinite e sconosciute. Un po’ come nella realtà, nella vita, che niente ha a che vedere con le storie finte (decisamente meno fantasiose). Sono stata convinta, fin dall’inizio, che l’intento di questo libro sia, soprattutto, cercare di raccontare quel motore narrativo che anima la morte, che diventa la morte stessa e che ha un prima, un durante, uno scoglimento; che ha una trama, insomma. Il libro è quindi una rappresentazione, un quadro come un pensiero, sulla fine. Quella dell’ultimo soffio.
Esordienti, autori con alle spalle qualche libro anche importante, qualche penna già attiva sul web: ci spieghi da dove nasce questo tuo interesse di radunarli, tenendo anche conto che potresti essere invece più interessata a dedicare tempo in primo luogo alla tua scrittura invece che offrire spazi ad altri?
Mi piace provare, sperimentare, divertirmi e soprattutto giocare con le parole, che siano le mie o quelle degli altri. Mi piace pensare alla scrittura come uno spazio dove è possibile migliorarsi e migliorare, anche (soprattutto) lavorando sui testi altrui. Quest’antologia credo che poi rappresenti davvero lo spirito del “collettivo delle parole” dove a scrittori affermati, come Andrea Bocconi e Cosimo Argentina, si affacciano giovanissimi che muovono i primi passi nel mondo della narrativa. Questo, soprattutto, è stato un successo (insieme alla qualità del materiale proposto). Rintracciare gli autori, innamorarsi delle loro parole, far prendere nuova luce ai racconti è stata infatti una palestra unica, indimenticabile, insieme alle notti passate a leggere e rileggere le storie. Che sono degli autori, ma che in parte sento anche mie.
Come hai condotto il tuo lavoro di selezione? Quale è stato l’aspetto più bello e quale quello più faticoso?
Il lavoro di selezione è stato lunghissimo ma estremamente interessante. Ho contattato oltre 100 autori e di questi alcuni hanno contribuito con un racconto, altri con una pillola (racconti dalle 9 alle 30 parole), altri ancora con un pensiero. Lavorare sui testi è stata poi la parte migliore, quella che mi piace di più. La cosa più faticosa? Decisamente le presentazioni. Non sono molto a mio agio a parlare in pubblico, preferisco scrivere, lavorare sulle parole (le mie e quelle degli altri), ascoltare.
Anche se so che non è bello isolare qualcuno dal collettivo, ti vorrei chiedere non il racconto più bello, ma quelli che hanno saputo maggiormente sorprenderti come scrittrice e come persona.
C’è sempre qualcosa che non ti aspetti. Mi hanno decisamente entusiasmato “Fiori D’Arancio” di Alessandro Petrini, apprezzato molto anche dai lettori, che racconta di un tragico incidente durante una festa di nozze; “Bis” di De Rosa, dove il protagonista deve ripetere tutte le cose due volte e dove l’approccio alla morte è decisamente “fuori dal comune”; “Vanni” di Piergiuseppe Esposito (vincitore Campiello Stranieri 2006) dove il protagonista è un inquietante killer e poi Rossano Astremo, bravissimo, con un racconto decisamente cannibale. Da non dimenticare poi Luca Mennuni e Gianl
uca Colloca, Eliselle e Angela Buccella.
Dopo la vittoria al Campiello Giovani, dopo aver curato questa antologia, che cosa dobbiamo aspettarci nel futuro prossimo di Flavia Piccinni autrice?
A giugno uscirà un’altra antologia che ho curato per Coniglio Editore. Questa volta gli autori hanno un comune denominatore decisamente particolare: l’età. Sono tutti infatti rigorosamente “under 18” anche se, in molti casi, hanno una prosa matura e decisa. Poi c’è il mio romanzo e degli altri progetti paralleli, tutti mirati a valorizzare la “narrativa giovane” ovvero gli autori che hanno meno di 25 anni (e che, almeno nelle parole, non lo dimostrano).
Nota: prima che escano i verbali con le intercettazioni, dichiriamo il conflitto di interesse: nell’antologia c’è anche un racconto dell’autore di questo articolo.
di Stefano Mola