Una vita nella pittura: Silvia Ravetti per Traspi.net
Agosto 30, 2006 in Arte da Cinzia Modena
Parola chiave: emozione. L’artista Silvia Ravetti, originaria di Rocchetta Tanaro (Asti), ha fatto dell’arte della pittura la sua vita. Il suo ultimo lavoro sono i pannelli per lo spettacolo teatrale in occasione del premio “Palio al Palo 2006” ma la sua storia parte da qualche tela fa.
Sin da piccola ha maturato la passione per i pennelli ed erano gli anni ’70 quando, giovanissima, è stata allestita la sua prima mostra personale ad Asti. Dopo, è stato un susseguirsi di mostre collettive e personali, di progetti teatrali (scenografie in particolare) ed occasioni di “creatività” quali le illustrazioni per la biografia di Gianni Basso o per fiabe in occasione del Salone del Libro (2006).
In questa breve intervista si svela l’artista, appassionata di musica al punto di fare una serie di dipinti dedicati al Jazz (“I ritratti del Jazz”).
Quando e com’è nata la passione per la pittura?
“Ho sempre visto il mondo con gli occhi del pittore. All’età di 13 anni ho partecipato per la prima volta ad una Mostra Collettiva con i pittori della Promotrice delle Belle Arti di Asti. A quei tempi tra i pittori c’era anche Giuseppe Manzone”.
Quale è la tecnica che ama usare ed i soggetti che è solita ritrarre?
“Riesco ad esprimere con maggiore incisività i miei soggetti attraverso la pittura ad olio anche se non disdegno l’utilizzo di tecniche miste”.
C’è una città o un luogo (paese o ambiente) a cui è legata particolarmente?
”Sì. Senz’altro. I boschi che trattengono, diciamo così, racchiudono il mio paese Rocchetta Tanaro. Proprio lì, fin da piccola, ho capito che la natura si poteva interpretare e che io desideravo interpretarla attraverso la pittura”.
In quale direzione si è evoluta la sua espressione pittorica? La ricerca dove l’ha guidata?
“Ho avvertito presto l’interesse per l’essere umano. L’uomo e l’interpretazione delle sue emozioni sono stati il filo conduttore del mio lavoro e della mia ricerca. Per me è importante che ogni tela racconti dell’uomo anche quando non è presente la figura”.
Perché dipingere i grandi del Jazz? Cosa l’ha ispirata?
“Il jazz è la musica che in assoluto riconduce al mio concetto di composizione. Nell’improvvisazione c’è creatività veloce. Il musicista jazz porta in sé una sorta di libertà e di creatività che mi affascinano”.
Ha lavorato all’illustrazione della biografia “Gianni Basso, una vita con il sax”. Com’è nata questa collaborazione con l’artista astigiano?
“Avevo presentato alcuni quadri in una mostra personale ispirati al jazz. Da lì Armando Brignolo, giornalista de La Stampa e autore del libro, mi ha contattata per collaborare a questo progetto. Basso lo apprezzavo da tempo e mi ha fatto piacere poter dedicare il mio lavoro alla sua musica”.
Nelle sue tele c’è molta luce e colore. Tonalità vivaci che si sposano l’un l’altra. Cosa la guida nel comunicare con questa scelta “vivace”?
“Il discorso del colore è complesso. Posso dire che nulla si improvvisa. Al colore ho dedicato molto studio e credo di essere solo all’inizio della mia ricerca. Più si procede più si affinano il gusto e l’esigenza di sedurre attraverso contrasti, armonie e dissonanze”.
Certe tele dai colori decisi sanno anche regalare una sensazione di silenzio e solitudine. Questa sensazione emerge guardando ad esempio alcune opere sul Jazz. Eppure la musica non è suono e aggregazione?
“Sì, ma non sempre è così per chi la esegue. Credo che nel musicista coesistano due anime. Io cerco di ritrarre quella più intima e forse più profonda nella quale si assaggia anche la solitudine”.
Quale è stato il progetto che più l’ha entusiasmata? Qual è stato quello più difficile da realizzare?
“Mi entusiasma ogni cosa che vedo e che posso ritrarre, proprio perché, come dicevo, amo interpretare, rifare, ricreare. Mi emoziona la possibilità umana di creare qualcosa che prima non c’era. Questa è la sfida, il progetto, ogni volta più impegnativo”.
Adesso le scenografie per lo spettacolo teatrale correlato al Premio “Palio al Palo”. Le immagini da lei elaborate sono ricche di energia. Quali sensazioni o letture o “vissuti” l’hanno “ispirata” nella realizzazione dei pannelli?
“Senz’altro la storia cioè il testo. Rappresentare la concitazione della corsa descritta da Gioconda ad Isidoro, i principali personaggi della scena”.
Di recente si è cimentata nell’illustrazione di favole. Come definisce questo nuovo percorso artistico che esula da quello da lei intrapreso fino adesso?
“E’ stato riscoprire uno spazio della mia anima decisamente più giocosa rispetto a tutte le interpretazioni che di solito faccio nei quadri. Mi sono avvicinata a questo lavoro riscoprendo una vera passione per il mondo del bambino rivisto con gli occhi dell’adulto. Ho lavorato in punta di piedi. Ho ascoltato dentro di me i ricordi e le emozioni della mia infanzia, il gusto dell’infanzia e le aspettative di amore, dedizione e rispetto che sono nell’infanzia di tutti i bambini”.
Quali opere o personaggi, anche di altri settori, la ispirano o ama particolarmente?
“I campioni dello sport in particolare maratona, box e ciclismo”.
Un libro ed un disco da cui si staccherebbe con fatica?
“Lezioni americane di Italo Calvino. E’ stato un dono prezioso in un momento particolare della mia vita. Ho apprezzato le lezioni sulla leggerezza. Il disco “Paris Milonga” di Paolo Conte. Sento questa musica e, trasportandola in pittura, vedo muovere i segni, le forme, i colori”.
Il sogno nel cassetto?
“Ore e ore di lavoro davanti a una grande tela che si anima a poco a poco: fare e continuare a fare il pittore!”.
Infine, quali i progetti futuri?
“Un progetto che riguarda lo sport, i grandi miti, come li ho vissuti io da bambina e come arrivavano a me in un paese di provincia”.
di Cinzia Modena