La prima è Turandot
Ottobre 3, 2006 in Spettacoli da Stefano Mola
Oggi, martedì 3 ottobre, nel Foyer del Teatro Regio di Torino, è stata presentata l’opera che aprirà la stagione 2006-2007 del teatro cittadino. Di solito, la prima della prima opera è già di per sé un evento. Questa Turandot ha tutti gli ingredienti per esserlo più di tutte le altre, rispetto al passato e rispetto agli altri teatri d’opera italiani.
Come è ormai noto da mesi, l’opera di Puccini verrà messa in scena da Luca Ronconi in un allestimento privo di scene e costumi. La radice di questa scelta forzata, come ben sappiamo, sta nei tagli della scorsa Finanziaria. In apertura, il sovrintendente del Regio Walter Vergnano ha rivendicato la scelta del Regio come una scelta di cultura: fare l’opera comunque, e fare qualcosa di nuovo, senza andare a riprendere allestimenti di altri teatri. Ha inoltre sottolineato come i dati degli abbonati siano in costante crescita e come il teatro sia pienamente inserito nel territorio, un territorio vivo e in crescita anche da un punto di vista turistico (canadesi e giapponesi saranno presenti alla prima, tanto per fare un esempio). Ha concluso con un ringraziamento alla SAI che ancora una volta è partner del Regio per la prima.
Fiorenzo Alfieri ha dovuto necessariamente affrontare le fresche notizie di giornata. Sarebbe forse più opportuno parlare di gelidi spifferi per i teatri, visto che il giornale cittadino paventava un taglio ai contributi per la cultura. Alfieri ha giustamente sottolineato come la cultura ormai a Torino sia un valore non solo per gli addetti ai lavori e non ha dato per scontati i tagli. In ogni caso, due le soluzioni possibili: la prima, che dal governo arrivino dei segnali di attenzione alle difficoltà degli enti locali; la seconda, il coinvolgimento delle forze economiche, nella consapevolezza che un territorio culturalmente vivo è un territorio più produttivo.
Con l’intervento del direttore artistico Marco Tutino si è entrati nel merito artistico. Dopo aver ribadito ancora una volta che questa Turandot è stata una scelta forzata, nelle sue parole ci è piaciuto molto il mettere l’accento sulla precarietà come condizione alla base del teatro. Vendiamo aria che vibra, ha detto Tutino. Al di là della bellezza e della verità dell’immagine, condividiamo il richiamo al dubbio, al mettere e mettersi in discussione. Se vogliamo, il valore del vincolo. Questa Turandot in fondo è anche un’opportunità di tornare al senso primigenio del teatro, che è poi una voce, delle parole, un canto davanti a qualcuno che ascolta. Un punto di vista pregnante per un’opera così legata a un immaginario, a un Oriente ricostruito e vagheggiato. Ma costumi e orpelli possono anche nascondere. Perché se togliamo tutto, ha concluso Tutino, alla fine resta la verità.
Il regista Luca Ronconi, più che di Turandot nuda, ha voluto parlare di Turandot spoglia, portata all’essenziale. Ci ha anticipato che vedremo ciò che di solito è nascosto: le macchine del teatro, mosse dagli interpreti. E che a parte due costumi di sartoria, vedremo tute nere da lavoro. Anche il trucco sarà ridotto a qualche accenno. Al tempo stesso, tutte le didascalie del libretto saranno rispettate. Perché se invece di una luna di cartapesta compare un proiettore, non vuol dire che è scomparsa la luna, ma soltanto la cartapesta. L’opera resiste, ha concluso Ronconi, perché ne viene asciugata la rappresentazione, non la vicenda e nemmeno la musica. Starà allo spettatore mettere in campo anche le sue capacità di lasciarsi andare alle suggestioni.
Insomma, alla fine una messa in scena che proprio per i vincoli in cui è nata, avrà ancora più del solito le stimmate dell’evento. Riteniamo che la scelta del Regio sia stata coraggiosa e importante. Un esempio di coerenza e rigore culturali. Siamo curiosissimi di vedere lo spettacolo, anche per il cast straordinario. Ma di tutto questo, parleremo presto.
La foto di Ronconi e Lu Jia è di Ramella&Giannese, copyright Fondazione Teatro Regio di Torino
di Stefano Mola