Il tempo del vino
Novembre 28, 2006 in Libri da Gustare da Stefano Mola
Titolo: | Il tempo del vino |
Autore: | Paolo Massobrio |
Casa editrice: | Rizzoli |
Prezzo: | 19.00 |
Pagine: | 396 |
Ci sono a volte dei momenti così. Che è difficile trovare delle altre parole. Voglio dire, momenti che ti accosti a un libro, e dopo un po’ ti accorgi che non sei più di lato, ma dentro. Il libro ti ha preso. E quando ne vuoi parlare, quando cerchi nelle tue tasche qualcosa per lasciare traccia di quello che hai sentito, non trovi niente di meglio che lasciare spazio alla voce che hai appena ascoltato. Cambiare vorrebbe dire togliere. Allora apriamo una finestra sulle parole di Paolo Massobrio.
Ho appena quarantacinque anni ma mi rendo conto di aver fatto in tempo a vedere, con la coda dell’occhio, l’evolversi di una civiltà, che era senza le bottiglie griffate di oggi, dove il vino era vino, buono o meno buono, ma era amato come un figlio, raramente offerto, sempre però bevuto fino all’ultima damigiana. Tutto questo oggi sembra distante, nell’era di una certa industrializzazione che ha deciso di fare a meno di quei contadini imprenditori come mio nonno, come il Carlo, il Battista, che tenevano in piedi un sistema e con esso anche un ambiente, un’economia…e una civiltà.
Ecco i due personaggi della prima parte di questo libro. La memoria, e il vino. L’interazione tra la prima e il secondo. Quarantacinque anni per il vino sono un tempo grande, rispetto a tutto quanto è successo prima. Siamo passati da qui:
C’era l’assaggio, mica nei bicchieri di cristallo che oggi furoreggiano nei bar, ma neanche nei bicchieri di plastica delle sagre stupide. Il bicchiere era quello del vino quotidiano, di vetro, che si impugnava con tutta la mano, e l’apertura si appoggiava sulle labbra come un bacio.”
E siamo arrivati qui:
Anche gli odori non si colgono più. Ma un uomo è fatto anche di questo. Si gira per il mondo, si prende l’auto e si va alla Malpensa; dopo qualche ora ci si ritrova in un altro Paese, e poi si torna. Ma mai che si colga un odore, come quando si passeggiava nella nebbia di Milano e in mezzo alla campagna, a piedi.
E non siamo cambiati solo noi e le nostre sensazioni. È cambiato il vino, si è globalizzato, raffinato e imbastardito. Paolo Massobrio ci offre qui la sua memoria. Ci racconta cosa e come ha vissuto questo momento. Come abbiamo anticipato, questa è solo la prima parte del libro.
Giustamente, non ci si può, né si deve, limitare alla contemplazione del tempo passato. Il tempo va vissuto nel presente. Vivendo intensamente il presente, si può anche solo sperare di inciderlo, qualora lo si veda andare in una direzione non condivisibile. Non è detto che ci si riesca. C’è una cosa sicura: che comunicare con passione lascia sempre una traccia, e qualcuno lo seguirà.
La seconda parte del libro è così dedicata a un viaggio nel vino così come si fa oggi. Sono censite 190 cantine, note e meno note, in tutta la penisola. Il racconto è suddiviso per stagioni. Il vino non è fine a se stesso, ma accompagna i nostri pasti. E questi ultimi dovrebbero essere accordati alle stagioni. Così fa Massobrio, suggerendo gli abbinamenti, per un vino così perfetto da non avere neanche bisogno di essere buono.
di Stefano Mola