“Dopo il lungo inverno”: tornano i MCR
Novembre 22, 2006 in Musica da Gino Steiner Strippoli
Risplende la musica dei Modena City Ramblers nel nuovo album, il primo senza Cisco ma con “Dudu” Morandi e “Betty” Mezzani.
“Dopo il lungo inverno la terra rinasce il sole scalda il grande albero. Scaccia gli spettri e il gelo alle radici è calore, è risveglio, è un giorno di primavera…”.
Cosi la voce di Franco D’Aniello introduce poeticamente il nuovo album dei Modena City Ramblers intitolato “Dopo un lungo inverno” (Mescal – Universal). E’ l’album del cambiamento per la band emiliana. Nati dal folk irlandese poi trasformatosi nel cosiddetto “Combat Folk”, i Modena stanno affrontando la prima stagione senza l’amico Cisco, che ha lasciato la band per intraprendere la strada solista.
Inutile dire che i Modena City Ramblers, con i nuovi inserimenti di Davide “Dudu” Morandi e Elisabetta “Betty” Mezzani, hanno anche cambiato leggermente le sonorità. Questo non vuol dire che sia negativo: tutt’altro, ma occorre sottolineare che al primo ascolto molti potrebbero rimanere un po’ in “surplace”. Allora diciamo che è un ottimo album per chi non conosceva i ‘vecchi’ Modena City Ramblers, mentre per i fans di sempre è un disco da ascoltare almeno tre volte con attenzione e poi si eleverà nella sua straordinaria bellezza. Le sonorità sono molto più morbide; arie leggere africaneggianti e orientali si levano in molte canzoni, come in “La Guerra e la Paura” dove la vocals “Betty” è elegante nel suo canto, ma anche in “Tota la sira” il ritmo è quello dell’Africa nera, dell’Africa di “Fela”.
Se togliamo la prima canzone dell’album, “Quel giorno a Primavera”, che riecheggia il folk da combattimento boccheggiante, che tanto è piaciuto in questi anni, troviamo un disco moto elegante nelle musiche con alcuni testi molto più poetici che nel passato. Da questo punto di vista è da ascoltare la stupenda, a mio avviso la canzone più bella dell’intero album, “La Musica del Tempo”, dove le due voci (Dudu e Betty) si alternano in maniera sopraffina. Il canto di Dudu e la musicalità potrebbero ricordare lontanamente i CSI di Ferretti, ma è solo un piccolo dettaglio: “Ecco la musica del tempo è forte e sa farsi ascoltare, vola sopra il rumore dei giorni sale sopra le voci confuse, supera i muri e supera i confini….”. Solo questa perla vale l’intero album.
Poi ce da dire che in questo album vive la freschezza musicale di Terry Woods, famoso componente dei Pogues, uno dei padri fondatori del nuovo folk irlandese, già membro dei grandi Steeleye Span. A tutto ciò aggiungiamoci la produzione affidata ad un grande professionista come Peter Walsh (Simple Minds e Peter Gabriel tra i tanti) è capiamo cosa può essere questo album. Tenendo presente che i bravi musicisti (e amici) Kaba Cavazzuti, D’Aniello, Ice Ghiacci, Gaby Giacometti, Robby Zeno e Fry Moneti, ovvero il nucleo storico dei Modena, suonano al solito impeccabili e son riusciti a scrivere e comporre 18 tracce molto godibili. Non era facile dopo l’addio di Cisco, ma la band ha scritto e realizzato un bell’album. Per rendersi conto di ciò basti sentire “Le Strade di Crawford” legata ad un testo molto profondo e toccante contro la guerra: “Quella medaglia di bronzo con cui ripaghi gli eroi non vale il sangue sprecato dei figli tuoi. E non c’è nobile causa in ogni guerra perché dove c’è odio e misera nessuno comunque ha vinto mai. Tell me why… tell me why…”
Il ritmo si fa tipicamente balcanico, con la collaborazione della orchestra di King Naat Veliov And The Original Kocani Orkester, quando ‘entra’ “Wester Union”. La successiva “Mia dolce rivoluzionaria” ha il ritmo del folk irlandese, molto ritmato, seguito da un testo che farà ballare e cantare tutti i fans ai concerti: “Alza il pugno, alza il pugno mia dolce rivoluzionaria. Alza il pugno, alza il pugno non rinnego la mia vecchia strada. L’utopia è rimasta, la gente è cambiata la risposta ora è più complicata…”.
Un reggae leggero lo troviamo ne “Il Paese delle Meraviglie”. Anche qui il testo racconta di libertà e di giustizia, di una vita senza frontiere e senza padroni. Un intermezzo raccontato da Massimo Ice Ghiacci spezza in due tronconi l’album: “Grandi le foglie, lunghi i rami e il sole a picco per il vino buono. E’ una strada di periferia che sussurra di giorni nuovi senza più rumore”.
“I Prati di Bismantova” è una poetica canzone, con la voce si Betty che si erge leggera nel suo racconto: “Dolce è il silenzio sopra la pieve. Cammino nel prato tra i bucaneve. E primavera arriverà con una collina di rose. Promessa d’estate gemma d’inverno…”.
Ritorna il clima della guerra o meglio di quello che lascia la guerra in “Mala Sirena”: “la vita rinasce sulle tue cicatrici, Tuzla,mala sirena riprendi la tua libertà…”.
Lo splendore dell’Africa, la storia di schiavitù viene ben descritta in “Mama Africa” un folk blues molto ritmato, pieno di energia: “…stringimi lasciami, Mama Africa!, Seguimi, chiamami, Mama Africa! Donami la Forza della lava che ribolle nel tuo ventre violentato perché possa riposare nel mio cuore… ”.
C’è tempo per una canzone cantata in lingua spagnola” Risamargo” e una in dialetto emiliano, “La stagion di delinqueint”, fino a quando l’irlandese Woods fa ripartire l’allegro treno dei Modena City Ramblers, in un folk esplosivo ne “Il treno dei folli”. Una bella ballad, “Come Nuvole lontane”, ci porta ad atmosfere sognanti e la successiva “Stranger in Birkeanan chiude con delicatezza il nuovo ‘corso’ dei Modena City Ramblers di “Dopo un lungo inverno”. L’epilogo finale ha la voce del caro amico Kaba Cavazzuti: “Ci sono storie e passioni e fuoco e una grande aia per il raccolto. C’è il racconto di un’altra semina prima della notte e prima del prossimo inverno”.
di Gino Steiner Strippoli