Il Chilometro d’Oro
Aprile 3, 2007 in Libri da Stefania Martini
Titolo: | Il Chilometro d’oro |
Autore: | Daniel Fishman |
Casa editrice: | Guerini e Associati |
Prezzo: | € 18,00 |
Pagine: | 227 |
E’ stato presentato a Torino il romanzo di Daniel Fishman, Il Chilometro d’Oro, il mondo perduto degli Italiani d’Egitto, volume che l’autore stesso definisce storico, nel senso che porta alla luce un pezzo di storia del nostro paese pressoché ignorato: l’immigrazione di decine di migliaia di italiani verso i paesi del Medio Oriente tra la fine del 1800 e l’inizio del secolo scorso.
Nella splendida ed affollata cornice delle sale del “Circolo dei lettori”, Fishman ha parlato della sua fatica letteraria con Sherif El Sabaie, egiziano di nascita, giornalista de “Il Manifesto”, Farian Sabahi giornalista di “La Stampa”, di origine iraniana, Elio Carmi esponente della comunità ebraica di Casale Monferrato e con la moderazione curata da Andrea Marcante, che ha letto alcuni brani del libro.
E sono stati proprio queste piccoli estratti ad accendere il dibattito sulla questione dell’immigrazione, dei rapporti di convivenza a livello sociale, politico, economico e religioso tra le varie comunità: il parallelismo tra la situazione descritta nel libro (quella di una florida comunità di Europei, ma non solo, emigrati in un paese in piena espansione economica, alla ricerca di un benessere che l’Europa stessa non era in grado di garantire) e la realtà dei giorni nostri, dove milioni di persone provenienti dal Medio Oriente, dal sud del Mediterraneo, dalle ex-colonie, cercano a fatica di collocarsi, di trovare un loro ruolo nelle presunte ricche città dell’Occidente.
L’Egitto, infatti, a partire dalle prime campagne Napoleoniche, era visto dagli europei come l’America: “La vera America è qui. Vicina e simile ai vostri paesi. Si, è vero. Qui fa un po’ più caldo ma ce n’è per tutti e, se siete capaci, potrete sicuramente fare fortuna anche voi!” dice in una delle prime pagine del libro Clément Mosseri, il padre del protagonista.
In un paese di così grande richiamo, Il Cairo, assieme ad Alessandria, costituivano i poli di attrazione maggiori e “Il chilometro d’Oro” era il nome di una via del quartiere degli europei.
In questo ambiente straordinario, colorato e cangiante come può esserlo un caleidoscopio che all’epoca vantava quarantaquattro comunità nazionali, cinquantacinque etnie e ventuno confessioni religiose, si svolge la vita tranquilla di Mondo Mosseri, giovane ebreo italiano, e della sua famiglia.
Un mondo vivace, culturalmente attivo quello che emerge dalle pagine del libro, con una straordinaria ricchezza di personaggi che testimonia le tante tipologie di stranieri ed egiziani che vivevano insieme, lontano dalle ansie e dalle paure delle leggi razziali, appena sfiorato dall’incubo della Shoah.
Questo idillio si interrompe bruscamente con l’avvento prepotente in Egitto del nazionalismo arabo, incarnato nella persona del colonnello Nasser, che con il suo ideale di costituzione della grande nazione pan-araba, pone fine a secoli al colonialismo europeo, con tutti i suoi aspetti positivi e negativi, ma di fatto anche alla fattiva collaborazione tra genti di differenti origini (In quale posto si possono trovare mussulmani, copti, turchi cattolici, ciprioti, italiani, inglesi, ebrei, francesi, marocchini, maltesi, polacchi, circassi, ortodossi, rumeni, russi, sudanesi?”), e costringe migliaia di stranieri a lasciare il paese delle Piramidi, tra il 1952 e il 1956: Mondo non metterà più piede in Egitto e, dentro di sè, non riuscirà mai a capire fino in fondo perché abbia dovuto, un giorno, imbarcarsi su una nave e lasciarsi alle spalle, con una lunga scia, la sua vita “africana”.
Lasciando per una volta sullo sfondo lo spinoso tema dell’immigrazione e dei suoi risvolti sulla vita quotidiana, della convivenza tra persone di differente religione e cultura e dell’incapacità delle leggi dello Stato di tenere il passo e di adeguarsi ai cambiamenti che avvengono, sempre più veloci, nella società civile, di cui ogni giorno sono pieni i nostri giornali e televisioni, è emerso dal libro e dalla discussione un punto di fondamentale importanza: la riscoperta e la valorizzazione delle proprie origini, per non dimenticare ciò che i genitori, i nonni, gli avi hanno vissuto, per non dimenticare da dove si viene.
Su questo tema, quello della storia “personale”, molto più sentito della Storia scritta con la “S”, sia Daniel Fishman che Farian Sabahi hanno posto l’accento: per chi ha vissuto in prima persona vicende dolorose di strappi ed esilio, di allontanamento forzato e forzoso non è possibile scrivere e raccontare, perché ciò significherebbe riaprire ferite mai del tutto cicatrizzate, riportare la mente ed il cuore là dove la mente ed il cuore non hanno mai smesso di essere.
Per le seconde generazioni, invece, questo “lavoro” di ricerca delle origini, di ricostruzione del passato della propria famiglia diventa un’occasione di arricchimento, di riappropriarsi di ciò che manca, di riscatto, un altro modo di seguire il quarto Comandamento: onora il padre e la madre.
di Stefania Martini