La Pop Art dolce di Origlia
Maggio 17, 2007 in Arte da Redazione
Il torinese Federico Origlia presenta fino la 5 giugno la sua opera presso la Galleria ARTHEOS (corso Monte Cucco 15) a Torino. Allievo di Carena, Saccomandi e Gastini, ha dato vita nel corso delgi anni ad una Pop Art diversa da quella di Wahrol: le sue opere sono curate personalmente una ad una anche se multipli, lavorando con pazienza certosina a rendere ciascuna di essa identica e al tempo stesso diversa, in virtù di una sfumatura di colore.
L’artista ha dipinto a mano i quattro identici faccioni in mostra, variando manualmente il colore, cioè compiendo artigianalmente anche l’unica parte del lavoro che avrebbe potuto comodamente cedere all’operazione serigrafica.
Dolce quindi significa cura: dare ad ogni quadro le stesse attenzioni.
E’ invenzione inedita e recente di Federico Origlia. Torinese, Architetto mancato, cresciuto in una famiglia dove padre, zia e sorella maneggiavano con piacere e destrezza colori e pennelli, ha avuto conferme al suo talento fin dalla prima elementare (classe 1957). E’ stato allievo di Carena, Saccomandi e Gastini (che gli ha concesso l’onore di aiutarlo a stendere qualche puntino), ha frequentato assiduamente gli atelier di Bonelli e Tongiani e, ancora incerto tra le fascinazioni dell’Arte Povera e della Nuova Figurazione, è stato folgorato dalla Pop Art inglese alla mostra di Palazzo Reale, a Milano nel 1975.
Nel tempo, Federico Origlia, ha maturato una profonda ostilità verso Andy Warhol e la sua Factory, che reputa aggressivamente industriale nonché colpevole di aver cancellato la dimensione artigianale del lavoro dell’artista. Dal 1958, da quando cioè i due studiosi inglesi Leslie Fiedler e Reyner Banham hanno usato per la prima volta il termine Pop Art, come abbreviazione di Popular Art, per designare l’universo delle forme visive e musicali connesse ai mass media, nessuno aveva mai pensato che si potesse aggiungere alle due parole un ulteriore aggettivo.
Federico Origlia lo ha fatto. Forse perché dolcemente arrabbiato con Andy Warhol. Forse perché ha riflettuto sulle parole elogiative di Carluccio all’espediente di cui era orgoglioso da ragazzo, e cioè la sottrazione del dramma dal suo quadro pop.
Dall’atmosfera e dai colori. Zero dramma, solo gioco. Prima nei campi verdi da golf, poi nei teatrini, oggi nei multipli, che , a differenza di Warhol, e resistendo all’epoca della riproducibilità tecnica, non pensa affatto di moltiplicare serialmente affidandoli ad un tipografo. Al contrario, Origlia ha dipinto a mano i quattro identici faccioni in mostra, variando manualmente il colore, cioè compiendo artigianalmente anche l’unica parte del lavoro che avrebbe potuto comodamente cedere all’operazione serigrafica. Dolce quindi significa cura. A ogni quadro le stesse attenzioni.
Federico Origlia esegue uno per uno ciascun multiplo, lavorando con pazienza certosina a renderlo identico e al tempo stesso diverso, in virtù di una sfumatura di colore. E successivamente ritagliandone un particolare alla maniera del fumetto. Riallacciandosi così alla poetica dei Teatrini della sua prima mostra, nel 1977, che Nevio Boni su La Stampa aveva definito “un elegante fumetto colorato dove si capisce che i testi mancano perché il significato dell’immagine è chiarissimo”.
INFORMAZIONI
POP ART DOLCE – il gioco e leggerezza nella pittura
Federico Origlia
fino al 5 giugno
Galleria ARTHEOS
Corso Monte Cucco 15
Orario mart. / sab. 9.30 – 12.30 / 15.30 -19.30
info: [email protected]
Telefono: 011/7412880
di Redazione