Una segretaria per Ted Landon
Giugno 8, 2001 in il Traspiratore da Redazione
[Riassunto della puntata precedente
Nel tentativo di evitare la rapina di Samantha, figlia di un noto industriale, il Giudice Mascherato, alias Mortimer Morton, incontra Ted Landon. Purtroppo gli sgherri di Tom “lo scacchista” portano ugualmente a termine il sequestro, ma, per un beffardo gioco del destino, Ted viene accusato del misfatto.]
“Parla, gaglioffo!”, sbottò l’ispettore Scannacani, puntandomi la lampada da terzo grado in pieno volto. Alzando una mano in un istintivo gesto di difesa, io strabuzzavo gli occhi e sbattevo le palpebre, disorientato. Non bastava aver dovuto assistere impotente al rapimento di Samantha; quando ero corso alla centrale di polizia a denunciare il fatto, Joe mi aveva portato nella stanza degli interrogatori ed aveva cominciato a torchiarmi. Ed il problema era che non sapevo ancora su quale argomento. Scannacani non faceva altro che ripetere: “Parla, gaglioffo”! Sì, proprio così!
“Parla, gaglioffo!”
“Di cosa?”
“Lo sai, non fare il furbo!”
“Ma, Joe, sono io, il tuo amico Ted…”
“Questo lo so, ma ora parla!”
“Improvviso oppure preferisci un argomento in particolare?”
“Dimmi di Samantha.”
“L’hanno rapita.”
“Questo lo so.”
“Due uomini.”
“So anche questo.”
“Perché ce l’hai con me?”
“Stamani è arrivato un biglietto anonimo nel mio ufficio. Ti accusa del rapimento di Samantha Orletti.”
“Mi sorge un sospetto. Joe. Il biglietto anonimo termina con frasi tipo ‘Non vi voglio tanto bene’ e con ‘Sinceramente vostro. Tom lo scacchista’?”
“Sì, proprio così.”
Il mio brillante intuito mi fece percepire il sottile filo che sbrogliava quell’intricata matassa e portava al mio nemico. “Lo scacchista” aveva minacciato di incastrarmi. E ci stava riuscendo.”
In quel momento, il telefono squillò. Joe alzò la cornetta.
“Sono l’ispettore Scannacani. Chi è all’apparecchio?”
Non aveva finito di formulare la domanda che i suoi occhi si spalancarono in uno sguardo di terrore ed i capelli gli si rizzarono tutti sulla testa. Era più spettinato di un punk che rimane chiuso due giorni in lavatrice. Sì proprio così.
Infine mi fissò.
“E’ per te. La tua segretaria!”
Afferrai la cornetta. La signorina Piccola si era già insediata nel mio ufficio!
“Piccola! Come ha fatto a sapere che mi avrebbe trovato a questo numero?”
“E non lo sapevo!” urlò la dolce fanciulla dall’altro capo dell’apparecchio. Era una donna piccola e minuta, ma con una voce potente. Ad ascoltarla, pareva che da bambina avesse ingoiato un megafono. “Mi sono limitata a prendere la sua agenda e a comporre tutti i numeri che ho trovato!”
Tralasciai il fatto che la mia agenda contenesse un elenco di un centinaio di nominativi. Tralasciai il fatto che si trattava per lo più di intercontinentali, di amici statunitensi. Tralasciai il fatto che Scannacani si trovasse nei pressi del fondo di quella lista. Non c’era tempo per le recriminazioni. Piccola parlò. E ciò che aveva da dire era incredibilmente interessante. I miei occhi si fissarono in quelli di Joe. Tom “lo scacchista” aveva le ore contate!
Mezzanotte. Di nuovo. La piazza era deserta. Di nuovo. Al centro dei quattro zampilli, un bidone della spazzatura. E io, davanti ad esso. Di fronte a me, Tom “lo scacchista” si faceva scudo della ragazza rapita.
“Landon, la tua segretaria mi ha fatto avere il tuo messaggio, esordì. Puoi parlare. Ma non ti salverà dal tuo destino.”
“Voglio solo sapere una cosa, lo interruppi. Sei tu l’autore del rapimento?”
“Parla gaglioffo!” esclamò ad un tratto una voce da dentro il bidone. Ma non era un’autentica pattumiera, bensì uno dei brillanti travestimenti di Joe Scannacani. Sì, proprio così.
Tom si irrigidì all’udire quella voce.
“Così, questa è una trappola, eh? Girò la testa di lato e la sagoma di un uomo si staccò dalle ombre dei portici. Bull, tieni sotto tiro quel raccoglitore di ciarpame!”
“Bull è uno degli scagnozzi che hanno effettuato il rapimento, vero?”, domandai.
“Cioè, io non sono mica stata rapita.”, esclamò a sorpresa Samantha.
“Sta zitta, piccola sciocca!”, ordinò Tom.
“Cioè, no, ma perché nascondere la nostra storia, scusa?! Cioè, ci amiamo, no?”
A quelle parole, il mio intuito da investigatore privato mi fece arguire che i due erano stati d’accordo sin dall’inizio ed avevano montato quel rapimento soltanto per costruire un caso giudiziario che mi coinvolgesse. Avrei voluto replicare qualcosa, ma il click di un walkman e la successiva musichetta d’atmosfera preannunciarono l’arrivo del Giudice Mascherato. Alla mia destra, infatti, una nuvoletta fumogena si formò, lasciando subito il posto alla figura togata del mio amico Mortimer.
“Sono la gomma che cancella l’errore del crimine!”, esordì il Giudice.
“Bill, tieni sotto tiro quest’altro matto!”, lo interruppe Tom, urlando in direzione di una seconda sagoma. Quella notte la piazza era piuttosto affollata! Infine, “lo scacchista” si rivolse nuovamente a me: “Questa volta è finita, Landon!”.
“Questo lo dici tu!”, esclamò una nuova entrata. Si trattava di una donna con indosso i pesanti, ma pratici abiti dei boscaioli canadesi. La donna brandiva una piccola, ma micidiale, ascia. Quando vidi l’arma la riconobbi: si trattava della Boscaiola Mascherata.
Era curioso come a Torino si fossero radunati tutti i supereroi statunitensi. E pensare che da queste parti va fortissimo il Bugianen Mascherato (l’uomo più lento del mondo) e l’Uomo Pantegana (lo scorrazzatore del Po).
Mentre facevo queste considerazioni, Tom, colto di sorpresa, sparò un colpo in direzione della Boscaiola. Questa, ferita ad un braccio, fece in tempo a scagliare la sua ascia, che andò a conficcarsi ai piedi di Bill. Per lo spavento, costui si lasciò fuggire un colpo di pistola diretto alla rotula di Bull, che sparò in direzione dello “scacchista”, facendogli volare di mano la pistola.
Scannacani aveva assistito a tutta la scena. Non potendo più nuocermi, lasciai Tom allontanarsi nella notte gridando un rantolante “ci rivedremo”. Mi guardai attorno. La Boscaiola era scomparsa così come era entrata in scena. La stessa cosa si poteva dire per il Giudice Mascherato, che non interveniva mai se prima non terminava la sua frasetta di battaglia. Fissai Samantha che correva dietro al mio peggior nemico e mi soffermai a pensare alla differenza fra l’avere degli amici e l’impartire dei freddi ordini a dei manichini. Mi allontanai nella notte, rimuginando quel pensiero, meditabondo sul problema di pagare uno stipendio. Già, perché adesso avevo una segretaria!
“Qualcuno mi faccia uscire di qui!”, pigolò alle mie spalle una voce dall’interno della pattumiera.
Sì, proprio così.
[Fine del II episodio della trilogia “Ted Landon e il Giudice Mascherato”.]
di Andrea Savio