Le vite degli altri
Settembre 15, 2007 in Cinema da Redazione
Thriller. Un capitano della STASI, un famoso drammaturgo da sorvegliare, sullo sfondo Berlino. Film che ha vinto l’Oscar come milgior film straniero
Berlino Est, 1984. Gerd Wielser, capitano fidato della STASI, viene incaricato dal ministro della cultura di sorvegliare Georg un famoso drammaturgo e la sua compagna applaudita attrice Christa-Maria, considerati i più importanti intellettuali del regime comunista. Gerd, nome in codice HGW XX/7, accetta di buon grado, senza rendersi conto che le motivazioni del suo lavoro non sono esclusivamente di sorveglianza di sospettati politici.
Oggi Berlino est non esiste più. Quella che vediamo nel film è la Berlino di meno di 20 anni fa, anche se sembra essere passato un secolo. E’ la Berlino di quando le Germanie erano due e un muro lungo 46 km attraversava le strade e le vite dei tedeschi, come una lama che squarcia il cuore. Quella Berlino, la Berlino Est dei primi anni Ottanta, ce la racconta il giovane regista, classe 1973, Floria Henckel von Donnersmark, tedesco, dell’ovest, ma con genitori fuggiti dall’est, esordiente, al suo primo lungometraggio “Le vite degli altri” (2006). Un esordio folgorante, con un incredibile riscontro di pubblico e di critica tanto da conquistarsi l’Oscar per il miglior film in lingua straniera e riconoscimenti internazionali: miglior film, miglior sceneggiatura, miglior attore protagonista agli European Film Awards.
Il racconto di Donnersmark è un pamphlet sui regimi autoritari che utilizzano il controllo sulle persone, sullo spazio, sulle idee per annullare le persone. In una scala di grigi, di colori cupi e di ombre che ben si accordano con gli anni della cortina di ferro e con il grigio delle celle dell’edificio a Berlino-Hohenschonhausen in cui la STASI aveva la sua centrale operativa: otto chilometri quadrati di celle, uffici, stanze per gli interrogatori. Le celle di punizione nere e circolari per far perdere l’orientamento e imbottite per evitare i suicidi. Ora l’ex prigione dove la STASI spiava le vite degli altri è diventata un museo. Ma il regista non ha ricevuto l’autorizzazione per girarci delle scene.
Dei 91 mila dipendenti e dei 180 mila informatori che al momento dello scioglimento la STASI contava, perdono non l’ha mai chiesto nessuno e solo pochi sono caduti in disgrazia, molti sono dei liberi professionisti: avvocati e psicologi.
E anche per questo sembrano ingenui i momenti di commozione, di umanità e di “conversione” dell’impassibile Gerd, inconfessabili per un agente della STASI, per una poesia di Brecht (Ricordo di Marie A.) e per una sonata di Beethoven (Appassionata). E per quella vita degli altri che si chiamano Christa-Maria e Georg che ha comunque contribuito a spersonalizzare, ad annullare come persone, in quanto private della loro intimità.
La battuta pronunciata nel film “Le persone non cambiano così facilmente, succede solo nelle commedie” non è mai così attuale come in questa situazione.
di Giusy Sculli