Atlante dei prodotti tipici: le Erbe
Novembre 15, 2007 in Libri da Gustare da Claris
Titolo: | Atlante dei prodotti tipici: le Erbe |
Autore: | Graziella Picchi & Andrea Pieroni |
Casa editrice: | Ed. Agra – Rai Eri |
Prezzo: | 25.00 |
Pagine: | 424 |
Dopo i volumi dedicati a “Il pane”, a “I formaggi”, a “I salumi”, a “Le conserve” e a “La pasta”, questo libro su “Le erbe” costituisce un nuovo tassello dell’Atlante dei Prodotti Tipici curato dall’Istituto Nazionale di Sociologia Rurale (Insor) per la casa editrice Agra – Rai-Eri. L’Insor è l’istituto, con presidente Corrado Barberis, impegnato dal 1976 nella battaglia per la salvaguardia delle produzioni tipiche italiane.
In questo nuovo volume, ben 176 sono le erbe le cui virtù gastronomiche e curative vengono amorosamente illustrate dagli autori: Graziella Picchi, approdata alla sociologia dopo severi studi agronomici, e Andrea Pieroni, etnobotanico di fama internazionale.
Il volume individua tutte quelle erbe italiane, non coltivate, capaci di insaporire le carni meno profumate o di offrire stuzzicanti insalatine. Ma non sono solo le schede didattiche estremamente precise a rendere il testo particolarmente significativo da un punto di vista sociologico e storico-geografico, infatti, nel solco di una tradizione che risale ai filosofi greci Teofrasto e Dioscoride, rinverditi nel Rinascimento italiano dal Felici e dal Mattioli, Picchi e Pieroni fissano in termini geografici una presenza che le trasformazioni in atto sono spesso destinate a stravolgere. Ad esempio, i semi inglobati nel fango attaccato alle ruote dei camion possono modificare la distribuzione delle essenze sul territorio. Anche per questo il volume dell’Atlante dedicato a “Le erbe” rappresenta un punto fermo della nostra evoluzione ecologica: oltre che una sicura prospettiva per insaporire carni poco profumate o per mischiare stuzzichevoli insalatine.
Il volume, dopo la dotta prefazione di Barberis, esamina l’evoluzione del concetto e della disponibilità delle erbe da tavola, seguendo la storia e gli avvenimenti connessi. Ad esempio, il divieto di pascolare in alta quota (oltre i mille metri) le pecore dopo il primo settembre, introdotto negli ultimi decenni, ha causato l’impoverimento nella copertura vegetale d’alta quota di erbe buone, come le commestibili e le leguminose foraggere. Non solo le leggi possono distruggere le specie vegetali, anche gli animali. Il cinghiale, ad esempio, è un grandissimo nemico della Lactuca perennis. Vengono anche spiegati i motivi climatici per cui la maggior parte delle erbe hanno una diffusione locale e quasi solo asparago e cicoria uniscono tutta la penisola. Ed infine, nella prima parte del testo, si spiega il legame tra erbe e medicina, con varie considerazioni sul ritorno (finalmente!) di alta considerazione del potere curativo di alcuni principi attivi contenuti nella natura.
Il capitolo successivo è dedicato all’etnobotanica (termine coniato da un botanico statunitense, Harschberger, a fine Ottocento), lo studio delle interazioni tra le culture tradizionali locali e le percezioni e la gestione dell’ambiente naturale.
Il terzo capitolo consiste in una dettagliata cartografia delle regioni italiane con descrizione delle erbe specifiche di ogni regione e delle aree di raccolta. Ad esempio, sapete che la barba di capra e il dente di leone sono tipiche, tra l’altro, del Piemonte, la barba di becco della Lombardia, la borsa del pastore del Friuli, il tamaro dell’Emilia Romagna, gli strigoli della Toscana, l’erba di Santa Barbara del Lazio, lo stracciabraghe dell’Abruzzo, il grattalingua della Puglia, l’aglio triangolare della Calabria e il grespigno della Sardegna?
Infine, la parte più corposa del testo: il censimento dei prodotti, le 176 schede, complete di dati relativi al nome scientifico, a quello dialettale, alla descrizione, al luogo di reperimento e all’habitat, all’area e al calendario di raccolta, agli usi alimentari e alla presenza sul mercato per ciascuna erba selezionata.
Insomma un’enciclopedia delle erbe delle nostre terre, utilissima per la ricerca, per la cucina, per la conoscenza. Ad esempio, in provincia di Ascoli, per il cenone di Natale, si usa lessare la radice dell’acanzio e poi friggerla con il baccalà.
E che dire dell’angelica, presente in tutto l’arco alpino, che in passato si riteneva che giovasse a mantenere il buonumore? O della bistorta, molto popolare in Turchia, che veniva usata nella medicina popolare per prevenire e curare la tubercolosi? Oppure del cavolicello (o brassica rapiciolla), del quale si pensa che mangiarne una foglia sia segno di buon auspicio in Sicilia? E poi tante curiosità… ad esempio lanutella (tutto attaccato mi raccomando…) è un’erba di inizio primavera della zona di Capannori (Lucca).
di Claris