I fanciulli in mostra
Giugno 17, 2001 in Arte da Claris
La retrospettiva “Infanzie. Il bambino nell‘arte tra ‘800 e ‘900”, organizzata dalla Regione Piemonte e curata da Rossana Bossaglia e Francesco Poli è un evento straordinario, un viaggio attraverso due secoli di arte e costume, un gioiello che merita sicuramente una visita. Non possono non tornare alla mente le parole di Zola, ‘lieu, milieu, moment’, nella valutazione dell’esposizione: il mondo ‘giovane’ dei due secoli scorsi viene scandagliato in tutti i suoi aspetti, sociologici, artistici, sentimentali…
Una settantina di dipinti e sculture, oltre ad un buon numero di libri e immagini grafiche incentrati sulla figura del bambino, dalla prima infanzia, alla fanciullezza, fino alle soglie della pubertà, accolgono il visitatore, sempre accompagnato da un repertorio musicale a tema di classe assoluta; da Bizet (Marcia dei babini, Carmen) a Bela Bartok, da Fauré Ravel a (Ma mère l’oye).
Spiegano i curatori, “la nostra ricerca ha evidenziato aspetti davvero interessanti, per le implicazioni sociologiche e per l’emergere di ruoli diversi assegnati alle figure infantili dagli artisti nella loro produzione”. E citiamo allora alcuni dei presenti: Leonardo Bistolfi, Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Felice Casorati, Lorenzo Delleani, Giovanni Fattori, Carlo Levi, Francesco Menzio, Luigi Nono, Giuseppe Pellizza da Volpedo, Fausto Pirandello, Gaetano Previati, Mario Sironi, Adolfo Wildt.
Non solo dunque una mostra sulla raffigurazione del bambino, ma un’importante retrospettiva sulle principali valenze artistiche e simboliche che le figure infantili hanno assunto via via nell’arte verista, nel Simbolismo, nel Novecento Italiano, nelle espressioni del Gruppo dei Sei o della Scuola Romana.
Dall’utilizzo della figura del bambino nelle scenografie dei quadri d’ambiente del Naturalismo (i pastorelli con il bestiame); alle valenze realistiche e sociali del Verismo, dove i bambini sono l’emblema della povertà e del degrado. Dalle immagini tipiche del Simbolismo, connotato da una visione idealizzata e letteraria della vita fino alla plasticità classica dei bambini del Novecento Italiano.
Il plus della mostra è il percorso espositivo, organizzato non in maniera cronologica, bensì a tema… una sorta di Tate Gallery (la galleria londinese che l’anno scorso, in occasione della riapertura nella rinnovata sede, ha creato scalpore per tale identica scelta) dell’infanzia. Otto le sezioni: la rappresentazione dei bambini della realtà popolare, in campagna e in città (pastorelli, pescatori, operai, ecc.); la rappresentazione del bambino delle classi ricche; la visione idealizzata del bambino nelle scene allegoriche e simboliste; i bambini che giocano; la scuola; le scene di maternità e altre incentrate sul rapporto madre – figli; alcuni temi religiosi. L’ultima sezione specifica è dedicata a libri e illustrazioni per l’infanzia, dove la figura del bambino è protagonista.
Esaminiamo i punti salienti delle singole sale.
‘La campagna e la natura’ comprende undici dipinti e tre sculture di carattere naturalista e divisionista, che propongono le immagini dell’infanzia nelle case di campagna e in rapporto alla natura. Attraverso suggestive e piacevoli scene di genere è sottolineata l’assoluta sintonia naturale dei bambini con il contesto, in particolare con gli animali dell’aia e dei campi, come nel caso della paffuta bambinetta addormentata che si fa mangiare la pappa dalle oche e dai tacchini, di Gaetano Chierici.
‘La dimensione sociale’ è composta da dieci dipinti, due sculture e due disegni. Emerge qui la particolare sensibilità sociale di artisti che si sono interessati alle condizioni di vita dei bambini più poveri. Melanconiche e drammatiche sono le scene dipinte da pittori veristi, come Bambini poveri di Gioachino Toma, Gli orfani del gondoliere di Alessandro Milesi, Refettorio di Francesco Netti e Abbandonati di Luigi Nono, dove si vedono bambini miserabili e abbandonati a se stessi, addossati ai muri di case, sul bordo di un canale veneziano, o che mangiano in un refettorio. Di Giuseppe Pellizza da Volpedo, il nostro più grande pittore di impegno sociale, due disegni preparatori del Quarto Stato documentano la presenza dei bambini nella massa umana che avanza simbolicamente per conquistare una società più giusta.
La Befana della bambina povera di Lorenzo Viani è ancora l’immagine dolce e triste di una bimba con i vestiti stracciati e un bambolotto in mano e prova esemplare del suo amore per il mondo dei poveri e dei diseredati.
‘Il gioco’ esemplifica la vitalità della dimensione ludica, caratteristica gioiosa dell’infanzia. Ci sono bambini con bambolotti, come nel caso del piccolo Cesare Lionello di Felice Casorati, e in quello della bambina alla finestra di Cagnaccio di San Pietro; oppure altri in sella a un cavallo a dondolo, come nella scultura di Leonardo Bistolfi. Ci sono bambini che giocano fra loro al cavallo e al cavaliere, come nella tela di Adriano Cecioni, oppure a mosca cieca, nella vivace scena dipinta da Giuseppe Magni. E’ sicuramente tra le sezioni più interessanti, raramente nell’arte il bambino è rappresentato nelle sue movenze e desideri più naturali, più veri, mentre troppe volte è astratto o usato in termini allegorici.
La sezione dedicata al tema dello studio e della lettura propone, tra gli altri, il Dettato di Demetrio Cosola, con gruppo di alunne a scuola impegnate a scrivere con una certa fatica su un lungo banco, sotto lo sguardo della maestra, che qui non si vede, ma che è invece presente nell’altra versione della composizione che si trova alla Galleria d’Arte Moderna di Torino. La luce che illumina i volti delle bambine anima la scena con singolare freschezza.
olto delicati e con raffinate valenze intimistiche sono i dipinti di Evangelina Alciati e di Ugo Bernasconi. Nel primo vediamo una bambina nuda, seduta fra i suoi giochi, immersa nella lettura di un libro posato sulle ginocchia. Nel secondo è ritratta una ragazzina impegnata a scrivere su un foglio, in un’atmosfera di calma e silenzio. In queste due opere è benissimo espressa quella particolare condizione di solitudine positiva, che deriva da una concentrazione profonda nel proprio mondo interiore.
Piuttosto ampia lo spazio dedicato al ritratto, che affronta la questione dell’immagine del bambino in posa, nell’ambito della ritrattistica vera e propria, e di solito su committenza. Il ritratto di Fiammetta di Boccioni è un bellissimo dipinto divisionista del 1911, elaborato con soluzioni pittoriche decisamente sperimentali.
Quattordici quadri e una scultura di artisti di varie generazioni e tendenze sono stati accostati nella ‘dimensione intimistica’, correlata, ovviamente, alla sezione conclusiva, ‘le madri e i bambini’, con un bellissimo quadro di guizzante dinamicità dipinto da Giovanni Boldini, Madame Harjes et ses enfants.
A completare questa splendida galleria d’arte, i ‘ritratti letterari’, con citazioni di Collodi e Saba, Pirandello e Deledda… Insomma, nelle sale di Palazzo Cavour ci si immerge in un insieme di eccezionale valenza, un concentrato di cultura dell’infanzia ed allora come non pensare ai bambini nobili che vivevano nelle sale del palazzo nell’800…? Pregevole il catalogo, curato da Rossana Bossaglia e Francesco Poli, corredato da saggi dei curatori e da un testo di Pompeo Vagliani sul tema specifico dei libri per l’infanzia.
Infanzie. Il bambino nell‘arte tra ‘800 e ‘900
2 marzo – 1° luglio 2001
Orario 10.00 – 19.30; giovedì: 10.00 – 22.00; lunedì chiuso
Luogo: Palazzo Cavour – via Cavour, 8 – 10123 Torino
Ingresso: L. 12.000 intero; L. 8.000 ridotto
Informazioni: tel. 011.530.690
di Claris