Cronache dal sottosuolo
Giugno 17, 2001 in Viaggi e Turismo da Redazione
Buongiorno a tutti i miei cari e (si spera) ancora affezionati lettori, e benvenuti nel mio primo bollettino centrafricano, che intitolerò “Cronache dal sottosuolo”. La scelta di tale titolo è apparentemente del tutto ingiustificata, e per almeno un paio di buone ragioni, la prima è che ovviamente non dovrei neppure pensare a plagiare anche solo mezza parola di Dostojevski, figuriamoci mezzo titolo, la seconda è che il posto da cui vi scrivo non ha fisicamente nulla a che vedere con il sottosuolo, fatto salvo per qualche miniera di diamanti che comunque non ho visto: anzi, è un posto carico di sole e di manghi e di cotone e di manioca e di fiumi e di orti e di fuochi la sera, insomma non c’è buio, salvo che fra le sei e le sei, ma quella è la notte e ha le sue luci, la sua luna e la sua trapunta di stelle. E io qui a parlare di sottosuolo…….
Allora per spiegarmi comincio dai dati, oggettivi misurabili e scientifici, almeno per chi ci crede: la Repubblica Centrafricana (ex Oubangui-Chari, fino a una quarantina d’anni fa facente parte dell’Africa Equatoriale Francese), fa tre milioni e settecentomila abitanti, disomogeneamente distribuiti su un territorio circa doppio di quello italiano (densità media 6 abitanti per km2). Tutti quelli che vengono al mondo qui si ritrovano con un’aspettativa media di vita alla nascita pari ad anni 49, dico 49, d’accordo che è in linea coi dati della regione però rispetto ai dati nostri dovrebbe provocare un leggero brivido di inquietudine. Quelli sotto alla soglia di povertà sono un milione e ottocentomila, il 49 per cento è un residuato coloniale, di quando la Democrazia Francese (quella stessa di Egalité, Liberté, Fraternité, Sartre, De Beauvoir, Cohen-Bendit, Maggio Francese etc.etc.) aveva imposto a tutto il paese la coltivazione estensiva del cotone con metodi coercitivi, come con metodi coercitivi avevano imposto la raccolta del caoutchou, la costruzione della ferrovia Congo-Mare, lo spostamento forzato dei villaggi con sistematica distruzione della struttura tradizionale, e un’economia coloniale orientata allo sfruttamento immediato del territorio… etc etc etc. Prima dei francesi, lo schiavismo ed i mercanti di schiavi, arabi od europei che fossero, avevano devastato e spopolato il paese da ogni direzione. Dopo i francesi, è venuta la serie dei satrapi, all’inizio ancora spalleggiati dai francesi, tipo un tal Kolimba che ha raso al suolo un po’ di villaggi, tipo un tal Bokassa…
Beh, il risultato di tutti questi guai è un modo di fare e di essere rassegnato, anzi di più, è la mancanza di energie, positive e o negative che siano, “ici on sait supporter”, qui si sa sopportare, ma non è una bella cosa questa, la rassegnazione mi pare uno dei frutti peggiori della storia, senza energie non si fa più nulla, è come volere fare funzionare un frigo senza petrolio, non si può (e l’esempio non è scelto a caso: in giro il petrolio scarseggia, ergo il frigo si ferma, ergo i vaccini vanno in malora, ergo la campagna di vaccinazione si ferma, ergo ci si becca la polio e si muore di morbillo e di tetano neonatale e non si arriva neppure a quel quarantanovesimo anno di vita cui secondo l’epidemiologo si poteva a buon diritto aspirare).
Dieci giorni in giro per la Prefettura dell’Ouham Pende, a recensire le strutture sanitarie esistenti: siamo in cinque su un pick-up carico di taniche di carburante, a seguire la pista rossa che segue i contorni della terra, i fiumi e le colline e talora grossi monoliti che giganteggiano sul paesaggio verde di vegetazione e rosso di polvere. La situazione della salute è sul catastrofico andante, i vaccini sono finiti, i farmaci più o meno pure, e quando ci sono non è detto che chi li ha li sappia usare, il microscopio è vecchio di trent’anni….. Questo nei centri periferici, invece negli Ospedali c’è un Medico (uno solo) che fa tutto lui, chirurgia di ogni ordine e grado inclusa, comunque mi spiegano che ne fanno parecchia nel corso dei sette anni di corso (e per l’anestesia, c’è sempre un infermiere che sa sbrogliarsela). La scuola di specializzazione in Centrafrica non c’è.
Un mese fa, un camion carico di gente si è ribaltato vicino a Bossangoa, erano le sei di mattina e qualcuno se ne è finalmente accorto alla due di pomeriggio, diciassette erano già stecchiti, ma di tutti gli altri in sala operatoria se ne è occupato lo stesso medico, fino alla sera del giorno successivo, perdendone solamente due.
Noi comunque non ci ribaltiamo, e neppure ci imbattiamo nei coupeurs de route (traduzione approssimativa: banditi che attaccano i veicoli) che costituiscono l’altro grosso problema, oltre agli incidenti, di chi viaggia in questi paraggi: e ce ne torniamo sani e salvi al paesello, dove mi aspettano i Cari Colleghi con un pranzo sontuoso a base di ….. gnocchi (a cura di Roberto). Rispetto a tutte le boule di manioca che ho dovuto sciropparmi, un bel guadagno, sia per il piacere del palato sia per il migliore apporto proteico (la manioca, che al principio del Novecento ha quasi completamente soppiantato il mais, è un disastro nutrizionale…)
Alla prossima…
di raffa