The Age of Miracles
Settembre 8, 2008 in Spettacoli da Gabriella Grea
Quest’anno il Festival ha proposto un repertorio rinascimentale e barocco che dedica ampi spazi agli oratori, sfidando il luogo comune che assimila il XVII secolo al solo melodramma.
Da latino oratorium, in meno di un secolo il termine assunse tre significati diversi. Nei primi anni del ‘500 indicava il luogo di pratica degli esercizi spirituali, successivamente divenne l’insieme delle preghiere recitate in tale luogo e solo nella prima metà del seicento significò la musica eseguita in quelle sedi di devoto raccoglimento.
L’oratorio in latino e in volgare è una forma musicale che, agli albori nel ‘500, vedrà nei secoli successivi uno splendido fiorire di musiche in ambito cattolico e protestante.
Illustri padrini dell’oratorio furono la Regina Cristina di Svezia, il principi GianBattista Borghese e i Crdinali Ottoboni e Pamphili.
Deriva dalla lauda spirituale di cui conserva il carattere intimista, ma viene reinterpretato dalle esigenze contemporanee: a Roma San Filippo Neri introduce un genere di musica semplice, piana, accessibile alla sensibilità del popolo. Il ricordo delle sacre rappresentazioni ed il nuovo stile espressivo melodrammatico, favorirono il passaggio dalla laude all’oratorio.
La giovane creatura musicale cominciò presto ad aver bisogno di più solide basi, di libretti espressamente scritti. L’invenzione filippina si avviina ai propositi luterani di rendere comprensibili testo e musica al popolo.
A Roma però la colta aristocrazia pretese il nascere parallelo dell’oratorio in lingua latina. Giacomo Carissimi vi dominò in qualità di autore: Il giudizio di Salomone, Ezechia, ad esempio, si distinguono per potenza emotiva, lirica e drammatica.
Dal 1640 agli inizi del ‘700 si ebbero vari centri di cultura oratoriana a Bologna (G.C. Arresti), a Venezia (B. Marcello), Firenze (i due Verracini) a Modena (B. Pasquini) ed anche presso le corti europee (Vienna) i maestri italiani furono molto apprezzati.
L’oratorio ” viennese” argomentava quasi sempre sul Santo Sepolcro, rifacendosi ad un’antica tradizione cattolica in cui gli episodi delle Passioni venivano rievocati realisticamente: i costumi, la mimica le scene che negli oratori filippini non avevano trovato posto, guadagnarono spazio nelle cappelle di corte e nei saloni della nobiltà viennese. Il tema prediletto è quello storico biblico. La stesura della partitura dell’oratorio divenne ormai identica a quella dell’opera, con solisti, coro, orchestra e recitativi, arie e ariosi. In Germania l’oratorio trovò inventori geniali quali Shuetz, J-S- Bach, Telemann, Ph. E. Bach ed Hendel. Si abbandonano il contrappunto e i porti religiosi navigando verso lidi mondani, pre-romantici e romantici, ammiragli come Haydn, Beethoven, Eybler, Stadler conducono con maestria il vascello in mare aperto!
Vi propongo tuttavia un ritorno alle origini poiché il Festival ha presentato il 23 ed il 24 agosto il Martirio di Sant’Agnese di Bernardo Pasquini, organista clavicembalista e compositore italiano (1637-1710).
Pasquini compiuti i primi studi a Ferrara si trasferì presto a Roma ed alla corte viennese di Leopoldo I. Nel 1669 entrò al servizio del Principe Borghese come clavicembalista e maestro di corte, mantenendo questo incarico sino alla morte.
Il merito principale di Pasquini fu differenziare lo stile organistico da quello clavicembalistico: nella scrittura di rispettiva peculiarità strumentale, nella distinzione tra le forme e nel linguaggio, abbandonando i modi liturgici in favore dell’armonia e della tonalità. La produzione organista si appella a modelli palestriniani, mentre nella musica clavicembalistica di stile galante fu tra i primi in Italia a usare la forma della suite.
Il martirio di Sant’Agnese, su libretto del cardinale B. Pamphili fu eseguito forse per la prima volta nella Chiesa Nuova di Vallicella 1671 in preparazione alla dedica della Chiesa di Sant’Agnese in piazza Navona. Agnese non ricambia l’amore di Flavio, il cui padre –potente prefetto pretorio- irato per le sofferenze del figlio la fa rinchiudere in un bordello.
La collera divina incenerisce il giovane, tuttavia Agnese ottiene da Dio la sua immediata resurrezione. Flavio – risorto e convertito- e la bela Agnese vengono condannati alla pira, ma le fiamme non li scalfiscono, sarà allora un pugnale che perpetrerà il martirio della fanciulla.
Emanuelle de Negri (Sant’Agnese), Martin Oro (Flavio), Antonio Abate (Prefetto) e l’orchestra Academia Montis Regalis saranno diretti da Antonio De Marchi, direttore stabile da alcuni anni dell’Accademia Montis Regalis. Studia organo e composizione all’Accademia di Santa cecilia a Roma, clavicembalo, musica da camera e prassi esecutive antiche a Basilea.
Dopo un periodo di apprendistato a Berlino e Salisburgo, calcherà le scene di importanti teatri europei, ancora Berlino, poi Bruxelles, Amburgo, Stoccarda, Firenze, Torino, Euschede e Halle. Tra le sue registrazioni discografiche annovera opere di Giorani, Haydn e Vivaldi.
L’Academia Montis Regalis dalla sua fondazione nel 1994 si è consolidata come realtà professionale diretta dai più importanti specialisti internazionali nel campo della musica antica, Tom Kaapman, Jordi Savall, Lucy Van Dael, Chiara Banchini – per citarne alcuni e da ultimo Alessandro De Marchi.
A conferma quindi che anche nel XXI secolo esportiamo musici di talento ci siamo regalati un fine settimana tra le montagne tirolesi con una pausa colta e preziosa e vi proponiamo un attento monitoraggio degli impegni futuri della Academia Montis Regalis, convinti che non deluderà le aspettative neanche dei più esigenti melomani!
di Gabriella Grea