Corrado di Monferrato, il libro, l’avventura
Dicembre 15, 2008 in Libri da Redazione
Cordero di Pamparato racconta in un romanzo storico le gesta di uno dei personaggi chiave della storia del medioevo.
Nonostante la loro importanza, ci sono dei percorsi nella storia che non hanno goduto della notorietà che meritavano. Questo è sicuramente il caso di Corrado di Monferrato, marchese di altissimo lignaggio (famiglia degli Aleramici) vissuto nella seconda metà del 1100. Cugino dell’imperatore Federico Barbarossa, il suo cursus honorum fu segnato da tappe di estrema importanza. Fino alla sua elezione, nel 1192, come Re di Gerusalemme.
Militarmente fu ineccepibile, tanto che sconfisse il temibile Saladino durante la terza crociata, e precisamente durante l’assedio di Tiro. Ritenuto uno dei più scaltri e capaci condottieri della sua epoca, si attirò ben presto l’odio e l’invidia di potenti sovrani, fra i quali Riccardo Cuor di Leone. Morì pugnalato per mano della Setta degli Assassini, in circostanze oscure, e il giallo intorno alla sua scomparsa fu uno dei più importanti del medioevo.
Il libro di Cordero di Pamparato, storico del Medioevo e delle Crociate, ripercorre la vita di Corrado di Monferrato recuperando, attraverso una meticolosa ricerca storica, le gesta incredibili di uno dei protagonisti delle crociate.
A differenza degli studi finora eseguiti dal prof. Pamparato (pensiamo a Il Conte Verde, Pirateria e guerra da corsa nel Mediterraneo, Bisanzio), il libro non è un saggio, ma un romanzo vero e proprio.
E forse non poteva essere altrimenti dato che Corrado fu un uomo d’azione. Quindi avventura, battaglie, amori, raffinati complotti sono alla base dell’intreccio, sempre sostenuti da una documentazione rigorosa.
La ricostruzione degli ambienti di Bisanzio, di Tiro, Gerusalemme hanno permesso all’autore di descrivere nel dettaglio un mondo affascinante, quale probabilmente doveva essere. Con tutto il suo fascino e le sue contraddizioni.
Abbiamo intervistato il prof. Pamparato per meglio addentrarci in questo curioso e complesso mondo.
Prof. Pamparato, perché la scelta di raccontare proprio la vita di Corrado di Monferrato?
Sono molti anni che studio la storia delle Crociate e di Bisanzio. Sin dall’inizio mi ha colpito questa figura, così importante e così poco conosciuta. Fondamentale, per una riflessione preliminare, è stato il giudizio positivo di uno storico del calibro di Runciman, il più importante studioso delle Crociate. Ma anche le fonti dell’epoca non furono avare di complimenti verso Corrado: i cronisti arabi (tradotti in inglese o in italiano) e quelli bizantini ne parlarono sempre in termini elogiativi. Pensi che persino Niceta Coniate, il più importante storico bizantino di quel tempo, parla bene di un solo occidentale: Corrado.
Tuttavia Corrado non è molto noto in Piemonte…
È strano, ma è così. Proprio nella sua terra, Corrado è quasi sconosciuto.
Ed è per questo che ho deciso di farlo conoscere per quel che valeva veramente. Una biografia in forma di romanzo, che non ha i vincoli di un saggio, corrisponde bene alla vita dinamica del personaggio.
È vero che fra Corrado e Saladino esisteva un rapporto di reciproco rispetto?
Non sappiamo cosa Corrado pensasse di Saladino. Ma, dato che tutti lo stimavano, sicuramente lo avrà stimato anche Corrado che non era uno stupido. Il giudizio di Saladino su Corrado era positivo. Ci è stato trasmesso dal diario di Baha ad Din, segretario di Saladino. Lo definisce il comandante più vigoroso, il guerriero più scaltro e l’uomo politico più abile. E questo era, con tutta probabilità, anche il giudizio di Saladino.
Corrado è un personaggio chiave nella storia dell’epoca. Perché il suo ruolo non è mai stato sottolineato nei libri di storia?
Non è stato evidenziato nei libri di storia, sia perché non aveva un proprio cronista che ci abbia trasmesso una sua versione della storia, sia perché il romanticismo inglese ha voluto sopravalutare Riccardo Cuor di Leone. E visto che Corrado ne aveva evidenziato l’incapacità politica, gli inglesi fecero di tutto per nascondere o screditare la figura di Corrado. Riccardo poi aveva alcuni cronisti propri. Già allora la stampa era determinante.
Quale fu il vero carattere di Riccardo?
Riccardo era un violento e un collerico, ma aveva un grande coraggio fisico. Era un ottimo soldato e nello stesso tempo un pessimo re. Per il resto, diciamo che aveva gusti che oggi sono molto di moda.
Il libro è impostato anche come un’investigazione sull’omicidio di Corrado. Ma lei scarta l’ipotesi che a commissionarlo sia stata la Setta degli Assassini. Qual è, secondo lei, la verità?
Corrado fu ucciso da sicari appartenenti alla Setta degli Assassini, su questo non ci sono dubbi. Altro discorso, invece, è stabilire chi fu il vero mandante.
La lettera secondo la quale Sinan, il loro capo, avrebbe agito in proprio è un falso dimostrato. Quindi qualcuno pagò la setta per uccidere Corrado. Solo due uomini avevano il denaro e il movente per farlo: Riccardo e Saladino. Il segretario di Saladino, nel suo diario, mentre si compiace per la morte di un nemico pericoloso, dice che il mandante era Riccardo. Mi sembra che sia più che un indizio. Il fatto che Riccardo sia stato condannato da un tribunale imperiale conta meno. Fu una condanna politica.
La figura di Corrado, oggi, è in grado di rivelarci un possibile modo per integrare la cultura cristiano/occidentale con quella musulmano/orientale?
Corrado era un uomo che viveva con un solo obiettivo: il potere. Non c’è niente in lui che ci possa indicare come integrare le culture orientali e occidentali. Ce lo può indicare lo studio delle Crociate, ma solo se è fatto attraverso testi credibili, soprattutto Runciman.
Quando Corrado si reca a Bisanzio trova un mondo decisamente raffinato, ma anche molto spietato. Quanto l’impero bizantino fu un punto di riferimento per il basso medioevo?
Bisanzio era un mondo molto più civile e raffinato del mondo occidentale. Era un mondo crudele, come lo erano tutti al tempo. Purtroppo, l’Occidente a tutt’oggi non ha imparato molto da Bisanzio. Allora suscitò soprattutto odio e invidia negli occidentali. Erano troppo ottusi e arretrati per comprenderlo.
Oggi siamo abituati a distinguere nettamente fra Occidente, Oriente, Medio Oriente. È una classificazione valida anche nel medioevo?
In un certo senso sì. Allora quelle distinzioni c’erano, ma erano viste con l’ottica degli uomini del tempo.
La figura del Barbarossa non è quella di un imperatore sempre capace di prendere le decisioni giuste, quasi fosse vittima degli intrighi politici dell’epoca. Il suo fu disinteresse, stanchezza o non completa lungimiranza?
Forse sono stato ingiusto con Barbarossa, ma ho voluto cercare di vederlo com’era in un determinato momento storico. Un uomo di oltre cinquant’anni, moltissimi per quel tempo, all’indomani della prima sconfitta della sua vita. Fu un uomo formidabile, ma è lecito pensare che dopo Legnano ebbe un momento di crisi e ripensamenti. Quando giunse a Pavia, dopo la battaglia, non disse a nessuno cosa aveva fatto negli ultimi tre giorni, in cui era stato dato per morto.
La descrizione di battaglie, assedi e città è molto curata. Quanta documentazione ha richiesto?
La descrizione di battaglie e assedi richiede uno studio del modo di combattere del tempo e la lettura dei cronisti di allora. L’assedio di Tiro