Il recinto
Marzo 18, 2009 in Libri da Stefano Mola
Titolo: | Il recinto |
Autore: | Jean Rolin |
Casa editrice: | Barbès |
Prezzo: | € 12,00 |
Pagine: | 210 |
A Parigi, il Boulevard Ney sta a pochissima distanza dal Périphérique, ovvero dal nastro di asfalto e macchine che circonda la capitale. Dunque il Boulevard Ney è in limine, a due dita dall’hic sunt leones, dove Parigi non è più Parigi nel senso in cui noi che non abitiamo a Parigi siamo abituati a pensarla.
Dove davvero finiscano le città non è soltanto un problema cartografico. Le città non sono contorni geometrici, che puoi stabilire facilmente cosa è dentro e cosa fuori. Le città trascolorano, sfumano da una identità più o meno definita, da un centro più o meno forte verso un indistinto che non è più quel centro ma non è ancora qualcos’altro.
Un territorio magari dominato da simboli e luci forti (i neon pubblicitari) che illuminano senza sfiorare, come stelle fredde, una quotidianità fatta spesso di precarietà, marginalità, spaccio, prostituzione.
Ecco la realtà che Jean Rolin racconta in questo romanzo originale. Vicende raccolte in presa diretta, dialoghi minimali con i protagonisti, come in un reportage con la camera in spalla. Un occhio che descrive, senza giudicare, senza freddezza e senza compatimento sociologico. Un occhio che scorre sulle cose come un piano sequenza, elencando luci, insegne, negozi, incroci, oggetti. Che soggiorna in hotel a basso costo in prossimità del Boulevard Ney, che cerca di vivere la realtà del quartiere.
Conosciamo così Gérard Cerbère, che vive in uno dei piloni del périphérique. Lito, ufficiale dell’esercito zairese che fa i panini al McDonald. Ginka Trifonova, giovane bulgara assassinata a coltellate in una notte del novembre 1999 in un campo abbandonato vicino alla ferrovia. Un gruppo di prostitute albanesi.
Ciò di cui finora abbiamo parlato è uno dei filoni del romanzo. Intrecciata al flusso dello sguardo c’è la vicenda di Michel Ney, cioè dell’uomo che ha dato il nome al boulevard. Tra i più celebri marescialli della Grande Armée dell’Imperatore francese, eroe della ritirata di Russia, poi comandante indisciplinato e indeciso e infine un traditore, finisce fucilato vicino ai giardini dell’Observatoire di Parigi. Un uomo incomprensibile e oscuro, in limine, in bilico, che attraversa la vita senza riuscire a dominarla, sfiorando il trionfo e sbattendo nella polvere.
È interessante la dichiarazione di intenti iniziale di Rolin: raccontare il boulevard Ney dal punto di vista del maresciallo Ney. Raccontare l’incertezza dal punto di vista dell’incertezza. L’io che narra è dentro alle cose ma contemporaneamente ne è fuori. L’occhio che guarda è quello dello scrittore che temporaneamente aderisce alla realtà che racconta: per esempio, come già detto, dormendo nei Formule 1, mangiando, bevendo, chiacchierando, festeggiando il capodanno del 2000 con i personaggi che racconta e al contempo essendone fuori, grazie e a causa del gesto della scrittura.
Il maresciallo Ney non salva se stesso, così come si salvano pochi tra gli uomini e le donne del libro. Ciascuno si può chiedere, cercando la propria risposta, se la scrittura salvi le esistenze narrate e quella del narratore. Poiché ogni storia raccontata viene presa per i capelli dal fiume dell’oblio, probabilmente sì.
Jean Rolin, nato a Parigi nel 1949, è stato insieme al fratello Olivier, anche lui scrittore, uno degli animatori del Maggio francese. Giornalista, scrittore, diventa celebre con Zones (1995) e L’organisation (Premio Médicis nel 1996). Altri suoi celebri romanzi sono Chrétiens (2003), Terminal frigo (2005), L’homme qui a vu l’ours (2006) e L’explosion de la durite (2007). Il recinto è il suo primo romanzo tradotto in italiano.
di Stefano Mola