All’Isola Madre fioriscono gli ibischi
Luglio 22, 2009 in Viaggi e Turismo da Redazione
All’Isola Madre, uno dei tre “Paradisi in terra” dei Principi Borromeo sul Lago Maggiore (gli altri due siti compresi nell’Itinerario Verde sono l’Isola Bella e la Rocca di Angera con il suo giardino medievale), i mesi che si avvicinano all’autunno si colorano dei meravigliosi colori dell’ibisco.
Circa cento le varietà di Hibiscus rosa sinensis che, acclimatate e coltivate negli anni dagli abili giardinieri delle isole, che adorneranno di colori che rimandano a paesi lontani le terrazze delle isole Borromee.
Il genere Hibiscus appartiene alla classe delle Dicotiledoni ed alla famiglia della Malvaceae. A questa sono state ascritte più di 300 specie di piante che vanno da forme erbacee annuali, fino ad arbusti perenni. Gli Ibischi vengono generalmente coltivati come cespugli.
I loro rami robusti ed il fogliame scuro e lucido li rende già ornamentali in assenza di fiori, tuttavia sono questi ultimi a destare la maggiore ammirazione: si tratta di veri capolavori dai colori accesi e cangianti; purtroppo la loro durata è brevissima sbocciando per un solo giorno e al calare della notte chiudono le loro corolle morendo.
Il termine Ibisco deriva dal greco antico e fu probabilmente assegnato da Dioscoride, il più famoso medico dell’antichità, vissuto nel primo secolo dopo Cristo. Notizie più precise ci sono state riportate da Ghislain de Busbeck, ambasciatore fiammingo alla corte di Solimano il Magnifico a Costantinopoli; durante la sua permanenza in Asia Minore studiò la botanica inviando numerosi esemplari di piante, tra cui l’ibisco, in Olanda.
Già in antichità se ne scoprirono le virtù medicinali.
Il naturalista romano Castore Durante ne consigliava per esempio la radice cotta nel vino e nell’acqua mielata per curare “tutti i vizi del petto e del polmone”. L’acqua stillata dalle radici dell’ibisco mescolata al vino si prescriveva agli asmatici e ancora il decotto di ibisco con aceto o vino curava dalle punture d’insetto.
Ai giorni nostri l’uso dell’ibisco è invece per lo più ornamentale e ben diffuso in ogni parte del mondo. In Polinesia la varietà rosa sinensis, come ci ricorda Gauguin nei suoi dipinti del periodo tahitiano, è un vero e proprio simbolo; le ragazze, infatti, sono solite appuntarsi tra i capelli un ibisco rosso cremisi o bianco col centro color porpora, specie quando si recano a ballare.
In Giamaica, invece, i petali sono usati per lucidare le scarpe nere; da qui il soprannome “shoe flower”, ossia “fiore per le scarpe”.
Alla varietà rosa-sinensis appartiene il più bello, variegato e diffuso degli Ibischi detto anche “Ibisco della Cina” giunto in Europa dalle Indie orientali nel 1731. A renderlo famoso sono gli splendidi fiori, dall’aspetto tropicale: imbutiformi, larghi anche 12 centimetri, mostrano un lungo stilo prominente, circondato da una corolla a cinque petali.
Se coltivato in condizioni ideali diviene un vero albero raggiungendo i 6-7 metri d’altezza. Si tratta di un sempreverde da cui sono state ottenute infinite varietà: tra queste anche una forma nana che cresce poco ed in maniera compatta.
Alle nostre latitudini fiorisce ininterrottamente dalla primavera all’autunno, dando il meglio di sé in estate. I fiori, molto grandi, esistono ormai sotto forma di infinite varietà che vanno dal bianco, all’arancione, al rosa, al fucsia, con varietà multicolori, multipetale o “stropicciate”. Benché abbastanza resistente al freddo, necessita di alcune attenzioni dovendo svernare in posizione riparata dal gelo e ben esposta al sole.
di Redazione