Venuto al mondo
Luglio 29, 2009 in Libri da Stefano Mola
Titolo: | Venuto al mondo |
Autore: | Margaret Mazzantini |
Casa editrice: | Mondadori |
Prezzo: | € 20,00 |
Pagine: | 531 |
Non è semplice parlare d’un libro come Venuto al mondo, con cui Margaret Mazzantini è nella cinquina del Premio Campiello 2009. Non è semplice perché affronta temi che sono al centro della vita personale (il rapporto di coppia, il negato desiderio di maternità) e di quella collettiva (la guerra in Bosnia). Non è semplice perché per farne un’analisi completa sarebbe necessario raccontare tutta la trama, senza tralasciare niente o quasi degli snodi fondamentali. Questo è un problema grande, perché il libro mi ha tenuto le dita incollate alle pagine.
Provo allora a riassumere almeno l’inizio. Gemma è una donna romana, sposata con Giuliano. Ha un figlio, Pietro, il cui padre è Diego, secondo marito di Gemma, fotografo, scomparso in Bosnia. Riceve un giorno una telefonata da un vecchio amico, Gojko, che le chiede di tornare dopo molti anni a Sarajevo, città dove ha incontrato Diego. Gemma e il riluttante adolescente Pietro partono per un viaggio che porterà Gemma a ripercorrere tutti i nodi dolorosi della sua esistenza, insieme a quelli d’un paese dilaniato da una guerra a due passi da casa nostra.
Come già in Non ti muovere Margaret Mazzantini conduce la storia intrecciando il passato al presente. La vita di Gemma viene svelata poco alla volta, così come poco alla volta in questo viaggio Pietro prende coscienza di sé.
È giusto rincorrere la maternità a tutti i costi? E se diventa un’ossessione e porta alla frattura della coppia? Può bastare una coppia a sé stessa, anche senza la generazione della vita?
Queste domande possono sembrare così monolitiche da parere banali, semplificate. Il libro le rende reali, affondando il coltello dentro alla loro carne viva, non risparmiando niente. Non ci sono buoni né cattivi, e nemmeno risposte chiare. Margaret Mazzantini non vuole creare nessuna morale, segue i personaggi da vicinissimo: le pagine sono piene di odori, oggetti, colori. Gli odori, soprattutto, a dare sempre la tinta di fondo alla scena, forse perché l’olfatto è in fondo il senso più animale che abbiamo. Sembra davvero di ritrovare la vita, quella di tutti i giorni, al di là degli accadimenti diversi e in certo senso eccezionali della vicenda.
Un’altra delle domande che mi sono fatto è: perché la Bosnia? Perché intrecciare una guerra alla storia d’una maternità negata? Apparentemente potrebbe sembrare troppo. Troppa materia, troppo carica. In realtà almeno a me non è parso così. Forse una lotta fratricida, quella dove un vicino di casa improvvisamente ti spara addosso per motivi etnici è correlata alla degenerazione di una coppia che non riesce ad avere figli. Anche se alla fine sembra di poter concludere che la vita vince sempre.
Io di più qui non mi sentirei di dire. Se l’avete letto, mi piacerebbe sentire la vostra opinione. Chiudo segnalando un’analisi del tema della paternità in chiave religiosa che si trova nel blog I barbari (attenzione che viene raccontata buona parte della trama).
di Stefano Mola