Almeno il cappello
Agosto 13, 2009 in Libri da Stefano Mola
Titolo: | Almeno il cappello |
Autore: | Andrea Vitali |
Casa editrice: | Garzanti |
Prezzo: | € 17,60 |
Pagine: | 405 |
Siamo nel ventennio fascista, prima della seconda guerra, e ancora sul lago di Como, topos privilegiato della narrativa di Andrea Vitali. A Bellano una piccola fanfara di otto elementi intrattiene ogni domenica chi scende dal battello. Tra questi, il più talentuoso è il metronomico Lindo Nasazzi, appena uscito di vedovanza, accasato in seconde nozze con la giovane e decisissima Noemi. A pochi chilometri di distanza, il Onorato Geminazzi, ragioniere e cornetta sopraffina, fatica a sbarcare il lunario con cinque figli e un sesto in arrivo. Solido, consapevole della sua bravura, pedante, risoluto. I casi della vita faranno sì che il Geminazzi vada a intrecciare la sua storia con quella della fanfara. Riuscirà, destreggiandosi tra il podestà e gli altri notabili, a fare della fanfara una banda?
Il romanzo, finalista al Premio Campiello 2009, inizia con un funerale, quello della moglie del Nasazzi, dove tutti, vedovo compreso, vanno assai di fretta. In tre righe l’atmosfera, a priori lugubre, si scioglie in un umorismo leggero, e tutto questo senza mancare di rispetto, senza mai arrivare al cinismo o al sarcasmo. Questa è la cifra della narrativa di Andrea Vitali: attenzione ed estrema curiosità per le vicende umane, senza la facile caduta nel pessimismo cosmico. A guardare le vite degli altri e la nostra con la lente d’ingrandimento, ci vuol niente a pensare che tutto è male e non c’è scopo. Più difficile invece è rivelare le nostre piccolezze senza disprezzarle, mantenendo una bonaria comprensione per debolezze che toccano tutti noi.
Non ci si deve aspettare una fine introspezione psicologica: i personaggi sono tipi, maschere, come nella commedia dell’arte. Poco importa l’ambientazione storica: le raccomandazioni, le gelosie, i dispetti, i pettegolezzi, la vanagloria, tutto questo fa parte del patrimonio genetico umano. Eliminiamo le camice nere, trasponiamo in un altro tempo e in un altro luogo: nulla perde di attualità.
Al di sopra di tutto c’è un gran gusto per il raccontare. Non si fa fatica a immaginare queste storie venir fuori in un ambiente conviviale. Capita che in un gruppo di amici ci sia quello più bravo degli altri ad agganciare le orecchie di tutti, verso la fine del pasto, quando ormai girano gli amari. In Vitali c’è proprio questo accattivante talento, nonché rapidità. È una scrittura solo apparentemente facile: la scorrevolezza non è una per nulla una dote minore, soprattutto se si tiene sempre ben lontana dalla sciatteria, come è questo il caso. Ci vuole inoltre una certa abilità nel tenere insieme una gran mole di personaggi, dando a ognuno di loro il giusto spazio. I trecento e al momento ignoti giurati del Campiello avranno senz’altro accolto con grande piacere la presenza in cinquina di questo nuovo capitolo della saga lariana di Vitali.
di Stefano Mola