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Gennaio 15, 2009 in Arte da Gabriella Grea
Lasciamo Igor alla ricerca dell’encefalo più idoneo agli esperimenti del Dottor Frankenstein, apriamo lo scrigno dei tesori universitari torinesi ed estraiamo una perla per anni nascosta al pubblico: il Museo di Anatomia – ospitato dal 1898 nel palazzo degli Istituti Anatomici di C.so Massimo d’ Azeglio 52-.
La scuola anatomica torinese nasce tre secoli prima con l’arrivo a Torino nel 1563 del prof Angelo Visca da Savona.
Le prime notizie relative alle collezioni anatomiche risalgono però al 1739, quando il docente di Anatomia Giovanni Battista Bianchi crea, su richiesta di Carlo Emanuele II, il Museo dell’Università nel palazzo di via Po – oggi sede del Rettorato -.
Alcuni oggetti della collezione settecentesca sono visibili nell’attuale museo: una statua di gesso di una donna gravida e alcune cere anatomiche.
Si pensava che anche il modello scomponibile di cervello in legno e avorio di proprietà del museo fosse Settecentecso, in realtà è stata ritrovata la bolla che sigla la data d’acquisto nel 1860.
Tra la fine del seicento e la metà dell’ottocento la scarsa disponibilità dei cadaveri, i problemi di conservazione delle salme, aggiunti alle difficoltà burocratiche e religiose all’utilizzo dei cadaveri a scopo scientifico, favoriscono lo sviluppo dell’ ”anatomia artificiale”.
I primi modelli in cera sono realizzati alla fine del ‘600 dall’abate siciliano Gaetano Giulio Zumbo a Bologna, Firenze, Genova e Parigi.
In Italia si sviluppa la scuola bolognese che prevede l’utilizzo di ossa vere su cui viene applicata la cera per realizzare le parti molli e, sempre nella seconda metà del settecento, a Firenze Felice Fontana crea una “officina ceroplastica anatomica” i cui modelli anatomici sono realizzati interamente in cera.
La collezione torinese è composta da circa 200 cere, in gran parte realizzate a Torino (sin dal 1815 a Torino fu attivo grazie a Luigi Rolando un “Gabinetto di lavori in cera”), ma anche acquistate a Firenze, Napoli, Friburgo, rappresentando una delle più ricche collezioni esistenti.
Pregevoli i modelli ingranditi di embrioni umani realizzati a Friburgo sotto la direzione dell’embriologo Wilhelm His tra il 1889 e il 1893, rappresentano applicazioni tardive della ceroplastica, ormai abbandonata nel campo dell’anatomia macroscopica.
Nel corso dell’Ottocento il Museo viene trasferito presso l’Ospedale Maggiore di San Giovanni Battista e durante gli ultimi decenni del secolo, sotto la direzione di Carlo Giacomini, viene data particolare importanza all’allestimento di preparati a secco e in alcool (ancora in ottimo stato di conservazione).
L’entusiasmo di Giacomini per le teorie darwiniane stimola lo sviluppo di collezioni primatologiche e antropologiche. Il professore elaborò un procedimento di conservazione a secco (1878) che ci consente dopo 150 anni di ammirare una ricca collezione di cervelli che Giacomini stesso utilizzò per i suoi studi (descrizione del lobo libico, – benderella del Giacomini -, varietà delle circonvoluzioni cerebrali nell’uomo).
Mentre il professor Giacomini procede nei sui studi, Cesare Lombroso espone la teoria che correla i comportamenti del singolo alle sue variazioni morfologiche cerebrali.
A metà dell’ottocento i salotti scientifici sono incuriositi dalla Frenologia, tentativo empirico di localizzare anatomicamente le funzioni cerebrali.
Si riteneva che le varie caratteristiche comportamentali più o meno sviluppate in ogni singolo individuo, corrispondessero ad un maggiore o minore sviluppo di parti del cervello e quindi a differenze nella forma del crani. L’analisi di calchi di crani di personaggi famosi forniva la base scientifica per l’identificazione di queste bozze.
La collezione del Museo, donata dall’Accademia di Medicina nel 1913 è composta da modelli frenologici di Gall Spurzheim e da calchi in gesso dei crani e delle teste di Raffaello Sanzio, di Napoleone Bonaparte, del Tayllerand, del Conte Camillo Benso, di Vincenzo Bellini, oltre a criminali famosi come Giorgio Orsolano detto “la Iena di San Giorgio”.
Il professor Giacomini morì nel luglio del 1898. Il busto marmoreo che lo raffigura può essere ammirato nell’atrio dell’Istituto di Anatomia Umana dell’Università, il suo scheletro ed il suo cervello , nel rispetto delle sue volontà testamentarie, sono conservati “insieme agli altri” nel Museo.
Un altro scheletro susciterà il vostro stupore per la sua maestosità: appartiene al gigante Giacomo Borghello, nato nel 1810 e morto a 19 anni, alto 219 cm, era esibito come fenomeno da baraccone.
Lo scheletro di questo gigante e di un nano ipofisario, esposto in una vetrina contrapposta, testimoniano l’interesse per la variabilità individuale della scuola anatomica torinese nel corso del diciannovesimo secolo.
Proprio nell’anno della morte dell’insigne cattedratico il museo è trasferito definitivamente nella sede attuale del palazzo degli Istituti Anatomici di Corso Massimo d’Azeglio 52.
Vi auguro una piacevole visita al museo, sperando di strapparvi un sorriso descrivendo con le parole di Flaubert le emozioni dei tecnici dell’istituto all’arrivo di preziosi modelli anatomici dalla Francia: …Quand les planches furent déclouées, la paille tomba, les papiers de soie glissèrent, le mennequin apparut. Il était couleur de brique, sans chevelure, sans peau, avec d’innombrables filets bleus, rouges et blancs. Cela ne ressemblait point à un cadavre, mais à une espèce de joujou…(G.Flaubert, Bouvard et Pécuchet).
Il museo è aperto al pubblico dal 13 febbraio 2007.
Museo di Anatomia Umana «Luigi Rolando»
C.so massimo D’Azeglio 52 10126 Torino.
Ingresso: 3 euro (ingresso gratuito il mercoledì)
Orario: dal lunedì al sabato dalle ore 10 alle ore 18 – chiuso la domenica
Informazioni e prenotazioni: 011 6707883
[email protected]
di Gabriella Grea