A tutto gospel
Luglio 1, 2005 in Musica da Claris
Ogni anno il Jazz Ascona Festival riserva degli spazi, che si rivelano sempre di grande intensità emotiva, al gospel. Le cantanti invitate questa settimana sono tra le protagoniste più attese dell’intero evento, come non accadeva da alcune edizioni (ricordiamo, nel 2000, gli High Spirits di Chicago e, due anni dopo, le Chapman Singers).
L’evento speciale dedicato al gospel è in programma domani sera, venerdì, al palco Torre, dalle 21.00 a dopo la mezzanotte, ma ha avuto una ghiotta anticipazione l’altra sera, in occasione dell’ottantesimo compleanno di Linda Hopkins, vera e propria maestra e punto di riferimento per intere generazioni di cantanti jazz-blues. Accanto al palco, in un’atmosfera frenetica, abbiamo scambiato alcune battute con Linda, originaria di New Orleans, e con la sua ‘erede’ Joan Faulkner, altra formidabile vocalist, che vanta collaborazioni, tra gli altri, con Ray Charles e Al Jarreau.
L’esibizione congiunta ha strappato applausi a scena aperta ad una platea molto folta; la forza e la passionalità della sensibilità femminile, l’ensemble di voci straordinarie e ricche di vitalità hanno ridato vita a classici indimenticabili, a passioni e ricordi e hanno tenuto tutti incollati alle sedie ben oltre l’orario di conclusione previsto.
Una serata gospel in un festival jazz: lo valorizza o ne rovina la sacralità?
Linda Hopkins
Il calore e l’espressività del blues e del gospel sono tali che trascinano chiunque li ascolti. Sarebbe sbagliato immaginare a priori un concerto per pochi intimi, la musica è gioia di comunicare, sempre, quindi la sacralità deve essere in secondo piano.
Joan Faulkner
Tutta la musica proviene dalle vecchie e intense atmosfere ‘spiritual’ e ‘gospel’: da lì nascono il jazz, il blues e il rock. Ogni genere ha una componente di sentimento differente, che deve essere recepita e capita da chi ascolta, del resto lo stesso vale per la musica classica. Se si entra in sintonia con le note, allora ogni tipo di musica è fantastico e mai fuori luogo.
L’importanza del luogo in cui ci si esibisce: identità e differenze tra un club, una piazza gremita, una chiesa.
Linda Hopkins
Non ci sono differenze; quello che può cambiare, da un concerto ad un altro, è il feeling con la platea. Se si riesce a far breccia sul pubblico e si viene apprezzati, allora tutto è perfetto: si suona e si canta in trance, fuori dal luogo fisico, e soprattutto ci si diverte, perché il mio è un mestiere bellissimo.
Joan Faulkner
Il punto di vista deve essere differente: se ti chiedono di suonare in un posto e tu accetti, allora devi dare il meglio di te stesso, in Siberia come in una chiesa stracolma e importante. Il mio obiettivo, sempre e dovunque, è quello di coinvolgere la gente, dare il meglio di me stessa.
Quanto c’è ancora di religioso nella musica gospel oggi?
Linda Hopkins
Tanto, tantissimo, perché il gospel è sempre lo stesso. E’ una invenzione dei critici la distinzione tra spiritual (i canti classici, del passato) e gospel, quelli di oggi. Tra mezzo secolo anche i gospel di oggi faranno parte del passato e allora come li chiameranno?! A livello personale, comunque, preferisco le interpretazioni old fashion, non sempre i contemporanei, infatti, riescono a trasmettere in maniera decisa certe emozioni.
Joan Faulkner
Non ci sono differenze tra oggi e un secolo fa, perché lo spirito di partenza è lo stesso. Come la gente ama il football perché tifa per il proprio team, così il gospel è amato perché attraverso la musica porta la voce di Dio dal cielo sulla terra, in mezzo alla gente.
Ti sei esibita con tantissimi artisti differenti, qual è il segreto della versatilità?
Linda Hopkins
Grazie alla forza della musica non ho mai avuto problemi con nessuno, nemmeno quando ho suonato con Nicolas (Gilliet, il direttore artistico del festival, batterista, che, vicino, sorride grato e divertito).
Joan Faulkner
Sono tre i segreti: il rispetto per la musica, il rispetto per gli altri musicisti e la gioia di cantare e suonare. Se ci sono questi tre elementi, allora la felicità di suonare insieme è assicurata e viene percepita dal pubblico.
Quali sono stati i tuoi modelli artistici e quali sono le migliori voci oggi?
Linda Hopkins
Da ragazzina conobbi Mahalia Jackson e Bessie Smith, due autentici miti della storia blues. Io non sono Bessie, ma c’è molto di Bessie in me, per me è stata come un angelo mandato da Dio. Oggi apprezzo molto Whitney Houston e Aretha Franklin.
Joan Faulkner
I miei genitori sono stati i miei modelli in quella che era la loro chiesa, dove all’età di tre anni ho iniziato a cantare nel coro. Sono cresciuta col gospel nel sangue. Ora sono onorata di essere la cantante che celebra l’ottantesimo compleanno di Linda, una delle migliori di sempre.
Un episodio curioso della tua carriera.
Linda Hopkins
Tra i tanti mi piace ricordarne tre. L’emozione della prima volta a Broadway, New York, tra mille luci e un pubblico esigente. La prima volta in Europa, dove lo show business non era, ne ancora è, così spinto. Ed infine la sera di domenica scorsa quando, sul palco di Ascona, ho celebrato il mio ottantesimo compleanno tra tanti amici veri [e lei era tutta inguainata in un abito candido e preziosissimo!].
Joan Faulkner
Sicuramente quando, dopo un’esibizione, un produttore tedesco mi ha chiesto se volevo far parte, come attrice, del cast di una serie televisiva. Ho accettato e ‘Klinik unter Palmen’ ha avuto uno strepitoso successo di pubblico, così mi sono ritrovata anche attrice.
di Claudio Arissone