Accabbanna

Maggio 21, 2005 in Musica da Stefano Mola

Accabbanna 1

Credo si chiami serendipity. Ovvero, le scoperte più belle sono quelle che si fanno quando non si cerca. Così capita che alla Fiera del Libro, un sabato sera, costeggiando lo stand della regione siciliana, i sensi ci rimanevano ormeggiati. L’occhio lanciava le sue gomene su vini, olive, salumi e formaggi, esposti assassini su un tavolo. L’orecchio invece si attaccava a una musica fuori dal tempo in tutti i sensi. Perché richiamava qualcosa dalla memoria antica eppure profumava di presente (e quindi, si lanciava nel futuro).

Stavamo per assistere alla presentazione di Accabbanna (EGEA Distribution), primo CD di Olivia Sellerio e Pietro Leveratto. Antico, perché in parte nasce dall’elaborazione di materiali, parole e musica propri della tradizione siciliana, come il Corpus di Favara e la raccolta di Canti Popolari Siciliani di Salomone-Marino, e da registrazioni storiche curate dal Folkstudio di Palermo. Profumo di presente, per il sottofondo musicale di impronta jazz che il contrabbassista, compositore e arrangiatore Pietro Leveratto ci ha costruito dietro. Insieme a lui, la tromba di Giampaolo Casati, il sassofono tenore di Gaspare Palazzolo, la chitarra e il violini di Enrico Vaccaio, il pianoforte di Mauro Schiamone, le tammorre e le percussioni di Giovanni Apprendi.

Accabbanna 2

Un sestetto per stendere un tappeto sotto la voce di Olivia Sellerio. Nella vibrazione delle sue note basse riesce a portarci davanti la storia millenaria, dolce e dolente, della Sicilia (penso al lamento rassegnato e malinconico di Spartenza). Penso a quella storia che non è fatta di grandi eventi e nomi, ma che si calcifica nelle ossa della gente e ne fa il carattere, quella che scorre nel sangue, che si può leggere nei volti e negli sguardi accesi. (Accabbanna in siciliano significa da questa parte). Una voce che si fonde perfettamente con le parole che raccontano fatiche, dolcezze, dolori, amori. Una voce che fa scintilla di cosa nuova quando si sposa con gli arrangiamenti di Leveratto.

Del resto, la stessa storia della Sicilia è storia di contaminazione. Stai a Ortigia e vedi nelle mura della cattedrale pietre romane. Poi magari vedi chiese che prima erano moschee e viceversa. Ogni cosa su cui si fissa lo sguardo racconta le contaminazioni attraverso i millenni. Una regione dove, sulla scala dei secoli, la tradizione è il mutamento (sembra un paradosso, visto che spesso associamo la Sicilia all’immutabilità). E allora, questo disco ne è un altro piccolo frutto. Una dimostrazione di quanto conservare sotto vetro possa essere sterile, e quanto futile cancellare tutto. La lezione è andare avanti tenendoci in tasca tutto il nostro passato, con il coraggio di spenderlo.

di Stefano Mola