Bye bye, Sad-ham
Maggio 6, 2004 in Punti di Vista da Simona Margarino
“Ladies and Gentlemen, we got him (Saddam Hussein)”, Paul Bremer, 14/12/2003.
We got him. Not a man, a fat neck ready to be put on a trencher, cut into slices and served as a flesh salad there, on a pre-paid T.V., at the speed of a boiling coffee. The time of a yawn.
Defenceless, no arms to protect his land, no hands to keep his heart alive. It’d be a joke, if it weren’t a danger already.
Whatever they may say, it’s plastic soldiers to have been playing the war; they cannot suffer, because it’s too far to see their eyes and blood. You could spill it with a single word; to guillotine a symbol seems to have never been harder than procuring a new one.
Now try and put a lump of sugar in that coffee, blend it with an insensitive stomach, two spoons of indifference and as much quietness as it can cover all cries. At the bottom of the cup you will smell the fingerprints of an overthrown despot, dollars sufficient to bribe oneself to silence, the desert in a trap-door of sand and a solitude spent to build an imprisoned crown. There sings the refrain of past and future, a voice repeated infinitely, and thus unheard.
Anyhow, the game is not over, yet. A few squares on the board have still to be conquered, the world is big enough to let everybody free of wanting more. Getting used to this chess-life is a sport that requires just a memory capable of forgetting the unnecessary pawns: one’s turn to move comes whenever a yes is uttered, regardless of anyone else.
Sleep then, and never wake up: soon they might come and get you.
“Signore e Signori, l’abbiamo preso (Saddam Hussein)”, Paul Bremer, 14/12/2003.
L’abbiamo preso. Non un uomo, un collo grasso pronto a esser messo su un tagliere, fatto a fette e servito come insalata di carne fresca lì, su una T.V. a pagamento, alla velocità di un caffè che bolle. Il tempo di uno sbadiglio.
Indifeso, senza braccia a proteggere la sua terra, senza mani a tenere in vita il cuore. Sarebbe uno scherzo, se non fosse già un pericolo.
Qualunque cosa possano dire, sono soldati di plastica a giocare alla guerra; non possono soffrire, perché è troppo lontano per vedere i loro occhi e il loro sangue. Potreste versarlo con una sola parola; ghigliottinare un simbolo sembra non esser mai stato più difficile di procurarsene uno nuovo.
Ora provate a mettere una zolletta di zucchero in quel caffè, mescolate con uno stomaco insensibile, due cucchiaini di indifferenza e tanta pace quanta può coprire tutte le grida. Al fondo della tazza sentirete l’odore delle impronte di un despota rovesciato, dollari sufficienti a comprare il proprio silenzio, il deserto in una botola di sabbia e una solitudine spesa a costruire una corona prigioniera. Lì canta il ritornello di passato e futuro, una voce ripetuta all’infinito, e dunque inascoltata.
Comunque la partita non è finita. Devono ancora essere conquistate alcune tessere sulla tavola, il mondo è grande abbastanza da lasciare tutti liberi di volere di più. Abituarsi a questa vita da scacchi è uno sport che richiede soltanto una memoria capace di dimenticare le pedine inutili: il proprio turno arriva ogni qualvolta si pronuncia un sì, a dispetto di chiunque altro.
Dormite allora, e non svegliatevi mai: presto potrebbero venire a prendere voi.
di Simona Margarino