Candide si fa in tre
Dicembre 1, 2008 in Spettacoli da Roberto Canavesi
TORINO – E’ sempre stato forte il legame che ha legato Emanuele Luzzati alla città di Torino a tal punto che, a quasi due anni di distanza dalla sua scomparsa, il Teatro della Tosse ha pensato per la nostra città un trittico di appuntamenti di assoluto richiamo.
La mostra “Candido, ovvero Emanuele Luzzati”, aperta fino al 30 novembre negli spazi della Casa del Teatro Ragazzi e Giovani; l’allestimento di “Canta canta cantastorie”, una produzione per ragazzi in scena lo scorso fine settimana nei medesimi spazi della mostra: da ultimo “Candido, viaggio tragicomico nel migliore dei mondi possibili”, lo spettacolo in scena al Maneggio Reale della Cavallerizza, per la stagione della Fondazione Teatro Popolare Europeo.
Con le scene di Bruno Cereseto e Paola Ratto, per anni tra i più fidati collaboratori di Luzzati, liberamente tratti dagli originali bozzetti del “maestro”, Tonino ed Emanuele Conte costruiscono uno spettacolo che non si vuole allontanare dall’originaria atmosfera di uno dei romanzi simbolo dell’illuminismo francese: una messinscena brillante e vivace che ripercorre la movimentata esistenza di Candido, il giovane protagonista del racconto di Voltaire che, dopo esser stato scoperto ad amoreggiare con l’amata baronessina Cunegonda, è costretto ad abbandonare di fretta il castello della Vestfalia in cui era cresciuto ed era stato educato dal maestro Panglos, per intraprende un viaggio “alla ricerca di un qualcosa di migliore di quello che ha sempre avuto”.
Dalla Vestfalia all’Olanda, al Portogallo e all’America del Sud, fino a Venezia in un continuo peregrinare in cui Candido vivrà mille avventure ed, in compagnia del fido Cacambò, cercherà di ritrovare la sua amata Cunegonda; un bellissimo affresco colorato, lo spettacolo del Teatro della Tosse, che riserva un finale noir in quel di Venezia quando orami, disilluso e fiaccato nel fisico come nello spirito, il protagonista si trova a condividere con un Voltaire-narratore la convinzione di come nella vita si debba sempre andare avanti, pensando soprattutto a coltivare il proprio orticello.
A colpire ed impressionare più di tutto dell’intero allestimento è la naturalezza con cui il regista Emanuele Conte riesce a far convivere, all’interno di un medesimo “contenitore scenico”, linguaggi differenti del fare teatro, dai burattini alle marionette, dall’attorialità pura al teatro di maschera; il tutto sempre in perfetta simbiosi con splendide scenografie più che mai funzionali in un continuo succedersi di colorati ambienti che aiutano lo spettatore a trasformare in realtà visiva quelle che, solitamente, sono proiezioni fantastiche della propria immaginazione.
I numerosi applausi finali riservati all’intero gruppo di lavoro sono il giusto tributo per un’ora di abbondante di ottimo teatro, ma soprattutto di grande poesia visiva che ancor di più fa avvertire con una certa malinconia la mancanza di un Lele Luzzati che per il teatro “malato” di oggi sarebbe ancora potuto essere per tanto tempo un’ottima medicina.
di Roberto Canavesi