Cos’è per te il sudore? | Sudate Carte Racconti I edizione
Novembre 19, 2002 in Sudate Carte da Redazione
“Come scusa?!… Mi chiedi cosa vuol dire per me ‘sudore’?!…
Non lo so cosa cazzo possa significare in un vocabolario la parola ‘sudore’. La mia vita è una continua traspirazione… Ho sempre corso e continuo a farlo… Ho sempre pensato e continuo a farlo… Ho sempre vissuto nell’instabilità e continuo a farlo… Cosa ne vuoi sapere tu!? Cosa… cosa sai?! Eh?!… Oh certo! Dimenticavo, tu sai cosa vuol dire ‘Vivere’?! La tua prima ambizione è quella di far soldi, vero?! Claro che sì!… Amico mio è inutile che ti nascondi ora che la verità te la sto sputando in faccia… E no, ‘Amico’!… ora mi lasci finire di parlare, hai capito!… Guardati intorno… guardati intorno ti ho detto! Ovunque i tuoi occhi possano arrivare hai già trovato qualcosa che non va! Vedi quel fiore che cresce su quel davanzale? Può sembrare una cosa a posto… ma non lo è! Rincontriamoci qui fra cinque giorni e vedremo se quel fiore sarà ancora ‘a posto’ come dici tu!? Stupido! Stupido che non sei altro! Abbindolato da mille finte promesse… Accecato da mille finte offerte… abbagliato dal ‘successo’… Vivi tranquillo, non ti sforzare a pensare con la tua testa… non provare a pensare… è meglio staccare la spina piuttosto che sudare per ottenere risposte, vero?! Rilassati. Non usare quei due o tre neuroni che ti son rimasti… Pensa piuttosto a laurearti, a farti una posizione, a diventare un uomo di potere… pensa a diventare ‘ingegnere’! Tanto il mondo gira lo stesso, vero? Ah già, dimenticavo! Tu lo sai benissimo, con tutta quella scienza, come gira il mondo! Ma forse le tue leggi di gravitazione non funzionano per me… Io non voglio girare con questo mondo… io non voglio girare con te… io corro al contrario!… o almeno ci provo! Tu non sai… non sai quanta fatica costa rinunciare a delle illusioni… quante lacrime si staccano dalla mia fronte. Quelle lacrime salate, ma gratificanti… il frutto di uno sforzo. E lo sforzo lo faccio io! Guardati, intriso del tuo stesso godimento di potere… guardati! Cazzo, mi fai schifo e pensare che una volta non eri così… una volta eri con me sull’argine… Era difficile stare in bilico, ma ci riuscivamo in un modo o nell’altro… Poi ti sei lasciato andare, scivolare, cadere lentamente, fino a toccare il fondo ed essere trascinato via dalla corrente… Ma caro ‘amico’, sai che ti dico?… io ti ho visto scivolare, io ti ho teso una mano. Tu l’hai rifiutata… Ora non mi rimane che vederti fluire via con il resto del fiume…!”
Zack si era sfogato e quelle fottute goccioline continuavano a bagnargli i vestiti.
Nonostante i vari tentativi di presa di parola, rinunciai e attesi la fine di quel monologo che lentamente segnava la fine di ciò che in ventidue anni aveva rappresentato l’unico caposaldo della mia vita. Non riuscivo più ad aprire bocca. Tacito.
Lo spasmo della corsa non mi aveva ancora dato tregua. Parlare; aggiungere qualcosa era inutile. Zack non mi lasciò reagire. Un “vaffanculo” chiuse il discorso e separò le nostre strade. Buttai le gambe all’indietro e nel nulla sparii.
Ricordi e ricordi assalivano la mia mente. Seduto su una panchina guardavo le stelle in attesa di qualcosa… Tutto partiva da quella maledetta storia…
Le nostre giornate scivolavano tra una passeggiata sul lungopò e un concerto al centro sociale…
Cazzeggiando, avevamo più tempo per pensare alla solita beneamata figa e ai mali del mondo, così, facevamo parte di quella frangia del centro un po’ più attiva a livello sociale.
Tra le varie manifestazioni e i soliti concerti di beneficenza, ogni tanto si esagerava un po’ e così, tra chiasso e ubriachezza, arrivavano gli sbirri… Ogni volta era sempre la stessa storia: ci pigliavano un po’ a calci e poi ci portavano in questura… qualche ora di paura e di nuovo liberi per varie attenuanti, ma soprattutto perché il fumo non lo portavamo mai appresso. In fondo non facevamo nulla di male…
Questo andazzo lo tenemmo fino ai diciannove anni… poi qualcosa cambiò. Il movimento era diventato un po’ troppo attivo. Oramai le manifestazioni e i concerti non bastavano più, per alcuni di noi… La protesta passiva non serviva… Bisognava fare qualcosa per dare una scrollata… Zack, il mio compare, faceva purtroppo parte di questa nuova corrente di pensiero…
In quattro e quattr’otto decisero di agire contro il potere capitalista e la globalizzazione… Cosa era meglio se non distruggere un McDonald, simbolo del merchindising e delle multinazionali?
Per l’appunto!
Come un’onda, l’impeto del mio amico mi investì. Riuscì quasi a farmi credere che era per una giusta causa… anche se dentro di me non ero convinto, partecipai.
La spedizione punitiva era composta da cinque o sei esseri umani (ancora per poco) armati di mazze da baseball e piedi di porco. Aspettammo l’orario di chiusura e ci intrufolammo dal retro. Gli appostamenti fatti i giorni precedenti furono utili per scoprire una via d’accesso non molto intricata. Fummo dentro, nell’atrio principale tutto era buio. Non c’era nessuno. Fu lì che iniziò il delirio collettivo.
Da uomini si trasformarono in bestie… Iniziarono a far roteare le loro armi ovunque. Il rumore di ferraglia e di vetri rotti si insinuarono nelle mie orecchie come un coltello caldo affonda nel burro. Più vedevo i miei amici distruggere e più mi chiedevo se avesse un significato.
Poi… poi l’adrenalina salì. Più si distruggeva e più saliva… Zack si fermò grondante e mi guardò… I suoi occhi iniettati di odio, odio contro questo mondo di merda, servirono per sbloccare la mia rabbia verso ciò che lentamente ci avrebbe portato alla povertà globale. La mia mazza colpì a casaccio. I registratori di cassa, le vetrate, i distributori, tutto…
La vista offuscata… le braccia iniziavano a dolermi… la rabbia non svaniva… il cervello lobotomizzato…
“FERMI! COSA STATE FACENDO!?” vibrazioni gelide dalle spalle ghiacciarono il mio sangue. “Cazzo! Gli sbirri…” pensai, ma presto mi accorsi che nessuno era entrato dalla porta principale ancora sprangata dalla saracinesca.
Gli uffici…! Ecco da dove poteva arrivare questo panzone che c’intimava la resa, armato di belle parole…”Fermi per la carità, cosa cavolo volete!?”.
Ancora non focalizzavo che ruolo potesse avere costui all’interno della nostra allegra serata distruttiva…
“Il mio negozio… avete completamente distrutto il mio negozio!”. Capii chi poteva essere…
“Il mio…ah!”. Una violenta mazzata scagliata a tradimento lo stramazzò al suolo senza possibilità di replica… Il branco si dileguò. L’ansia e la paura presero posto alla rabbia… Tutto rimaneva così… incrinato. Irrimediabilmente incrinato. Storto dalla mia prospettiva mi avvicinai. Il locale era nuovamente vuoto ad eccezione di noi. Come la neve che cade d’inverno, silenziosa e lenta, la mia mente prendeva lucidità. Una totale mancanza di punti di riferimento mi lasciarono destabilizzato per qualche secondo. Presto mi resi conto di quello che avevo appena fatto… Mi avvicinai ulteriormente e con me anche Zack… Lo girai a pancia in su e constatai solamente uno svenimento… Zack insisteva perché ce ne andassimo e anche alla svelta. Diceva che presto i ‘puffi’ sarebbero arrivati. Diceva di scappare, il mio ‘amico’… il ‘mio’ movimentalista, il ‘mio’ sovversivo… sovversivo di sto cazzo! Avevamo appena distrutto il lavoro di una vita di un povero cristiano…
“ah!… oh!…”
“Si sta riprendendo!” dissi al mio compagno di sventura…
Quando aprì gli occhi, uno spettacolo desolante lo accolse.
“Il mio…il mio negozio…” i toni della sua voce erano così diversi dai miei… i suoi pensieri erano così diversi dai miei…
Si rese conto che poteva ancora essere in pericolo vicino a noi due… ma non scappò. Si alzò in piedi e mi fissò.
Mi guardò negli occhi, nascosti dietro al passamontagna e mi disse: “Guarda… guarda cosa avete combinato!