Da leccarsi i baffi
Dicembre 5, 2006 in Libri da Gustare da Stefano Mola
Titolo: | Da leccarsi i baffi |
Autore: | Soldati Mario |
Casa editrice: | Editore DeriveApprodi |
Prezzo: | 15.00 |
Pagine: | 301 |
Ci sono scrittori che gli resta attaccato un odore. Evidentemente deve essere forte questo odore, perché molti poi storcono il naso. È una cosa strana, perché spesso accade a quegli scrittori che hanno successo. O a quelli che in primo luogo sono narratori. Come se raccontare in primo luogo, fortemente, una storia, fosse una specie di peccato originale. Come se un attorcigliarsi intorno a una frase, avere come dio la ricerca formale, fossero medaglie che luccicano di più.
Intendiamoci, noi che scriviamo qui quell’odore spesso l’abbiamo sentito anche noi. Tuttora, la bella frase, la parola che sa sorprenderti, non ci lasciano indifferenti. Una volta anche noi credevamo che la storia non fosse così importante. Non sappiamo che cosa sia successo nel frattempo, però, qui e ora dichiariamo apertamente che vogliamo storie e personaggi. Che veniamo travolti da chi in poche righe riesce a farci indovinare un’anima.
Qui abbiamo tra le mani una raccolta di scritti usciti dalla penna di Mario Soldati. Per essere onesti, non siamo dei soldatologi. Sappiamo però che Soldati è uno che ha spesso generato quell’odore di cui parlavamo all’inizio. Una definizione interessante del nostro l’ha data un tempo Carlo Fruttero: scrittore di sguardo, dotato di forza elementare. Un po’ come Simenon, sempre secondo il Fruttero.
Scrittore di sguardo ci sembra un grande complimento. In un libro di Haddad ci siamo una volta imbattuti in questa definizione: lo scrittore è qualcuno che dona la vista ai ciechi. Che cosa vediamo noi lettori? Dei segni neri su uno sfondo bianco. Null’altro. Se lo scrittore non ha la forza di creare un mondo dentro ai nostri occhi, non ci restano che delle formiche. Restiamo ciechi. Non è facile in pochi frasi aprire un mondo. Forse è più facile farlo in cento: ma nel frattempo, può darsi che qualcuno si sia perso per strada.
Leggendo questo libro, ho trovato questa forza elementare dello sguardo. Attenzione: elementare non è un insulto. È come dire primaria, perché le storie sono, secondo me, bisogni primari. La forza emerge anche qui, in questa raccolta di scritti legati, più che al cibo e al vino, alla convivialità. Frammenti: di diario (soprattutto dai taccuini Un prato di papaveri e Lo specchio inclinato), del famoso viaggio-reportage Vino al vino, racconti, novelle, estratti da America primo amore o da La messa dei villeggianti.
Al di là del fatto che qui viene fuori un affresco di un’Italia che non c’è più (con tutto quello che di trito si può dire dopo questa frase) sbalzano fuori dalle pagine i personaggi, belli, forti, in rilievo. Ecco, più che odore, più che il profumo di cibi e vini, viene fuori uno che sa raccontare. Ditemi se è poco.
di Stefano Mola