È un’emozione da provare… le orecchie che vibrano alla potenza delle voci, accanto e dietro di te, in un perfetto e naturale dolby surround; le panche su cui balli e canti, in piedi, che si muovono elasticamente grazie all’energia di 70 persone… il cuore completamente preso dalle note e dalla gioia… il Gospel è veramente qualcosa che riempie l’anima!

Tornando indietro nel tempo, alla deportazione dei primi africani come schiavi, è in America che, nel 1600, nasce la cultura afro-americana. Come potrete leggere sul nostro sito, dai “Negro-Spirituals” che diffondevano, di generazione in generazione, canzoni popolari a carattere religioso, passano quasi due secoli prima di arrivare a testi e trascrizioni musicali su spartito. Inizialmente, il repertorio era composto da brani in cui il solista improvvisava un verso e il coro rispondeva cantando “a cappella”, muovendo mani e piedi. Solo successivamente, gli strumenti trovano il loro posto, realizzando un concento perfetto tra musica, canto e danza.

Il brano- simbolo della musica Gospel “Oh, happy day”, presentato a New York nel 1969 da Edwin Hawkins, è in realtà un inno battista del ‘700 riadattato. Ma la vera nascita del Gospel si avrà già nel 1920 con il contributo di Thomas Dorsey. Solo nell’ultimo trentennio la musica Gospel si è arricchita di nuovi stili, come jazz, pop, rock, blues, fino ad arrivare ai ritmi latini, rap e hip-hop delle ultime generazioni. Insomma, ce n’è per tutti i gusti!

Le emozioni più forti sono quelle che regala il pubblico: solo quando si capisce che si è riusciti a trasmettere agli altri tutto l’amore che si ha dentro, le sensazioni sono irripetibili! E’ capire di poter trasmettere l’entusiasmo e la gioia di vivere con la propria voce, i propri occhi, le proprie mani… Sai esattamente che stai facendo la cosa più giusta, che cantare nel tuo coro dà ali al tuo corpo, alla speranza che questa gioia di vivere contagi quante più persone è possibile. Quando il pubblico inizia a ballare e cantare, anche senza sapere le parole, quello è il segno che la musica sta penetrando nell’anima di ciascuno, plasmando quelle “lenti” attraverso cui ognuno di noi vede il mondo. È impossibile spiegare a parole quanta gioia ci spinge a cambiarci in camerini microscopici per cantare gratuitamente e quanta forza i nostri soli sguardi, nel silenzio teso prima di salire sul palco, possano trasmettere energia.

Ricordare in questo modo le generazioni di africani deportate è un modo gioioso e veritiero di stigmatizzare la loro speranza, che emergeva prepotente, nonostante le dure condizioni di vita, di lavoro, la lontananza dalla famiglia, la schiavitù, ma una schiavitù solo corporea. La tradizione Gospel ha riportato in vita la perla positiva racchiusa nella negativa vicenda della schiavitù in America… L’ideale sarebbe cercare un “repertorio di cose belle” in ogni vicenda di quest’ultimo “secolo breve”, affinché emerga l’operare singolo per il bene comune, quel comportamento che, con coraggio e dedizione, può far capire ai più che la distruzione non ha vinto.

Tutto ciò vi ha incuriosito e volete saperne di più?

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