Dal Père-Lachaise ai morti in piedi
Febbraio 17, 2001 in il Traspiratore da Simona Margarino
Paris, 540 minuti al 2000 nella nebbia di un pomeriggio quasi avanzato
Smaniose di partire alla volta della casa di Jim Morrison per ammirarne i giardini alla Francese, la disposizione armonica dei letti di pietra, le terrazze fiorite protese sul cielo -influsso delle nostre amiche architetto (coi fratelli appassionati di “cadaveri”)?-, decidiamo di perderci nelle labirintiche viuzze del cimitero, fumose di voyeurismo necrofilo e chissà che altro. Ma se è vero che le agenzie immobiliari, con grande professionalità, danno sempre appuntamento, al fine di visitare le abitazioni altrui, per quanto questi siano ormai incapaci di protestare dal loro silenzio di tomba (non lo sciatore, per carità…) occorre rispettare orari prestabiliti, dice il decoro. Ed avendo noi indugiato troppo a lungo, siamo costrette a dare forfait.
Tuttavia per non rinunciare completamente al clima vagamente decadente dapprima auspicato, ripieghiamo sugli amici di Lara (la suddetta mi perdoni per il nome fasullo, per altro necessario onde evitare future accuse di diffamazione!), tanto Torinesamente riservati da non rivolgerci parola, come se il fiato sprecato con noi potesse venir loro in seguito sottratto nel nuovo millennio, ahimè, scorciando quella vita così energicamente vissuta. Il manuale sulla ‘buona’ educazione insegna però che quanto meno lo sforzo per le presentazioni non può essere ricusato: qui si consumano dunque gli ultimi sussulti di quegli animi loquaci: “Piacere”, “Tutto mio”.
Finchè nel pronunciare il suo nome soave la temeraria Corinne, colta da fulmineo raptus, osa addirittura allungare un braccio nella classica posa del baciamano o, più prosaicamente, del ventriloquo (già, che la compagnia muta fosse telecomandata a distanza da suggeritori e registi nascosti?!?), quella che, per spiegarci, ruotando di 180° sta a significare “Ma che XYZ vuoi?”, in una logica sequenza. Inutile sottolineare che l’impulso di socievolezza non ci lascia indifferenti…
A pochi passi e infinita diversità, la coppietta d’occasione, approfittando dei saldi di fine stagione, si bacia a più non posso: vuoi vedere che anche le effusioni aumentino di prezzo con avvento del nuovo secolo? Meglio non rischiare e prevenire la batosta, devono aver pensato.
Frattanto la ‘conoscenza’ di Lara, tal Marko (proprio col k!), fattosi avanti in palestra tra una piroetta, due spaccate da pedana e un salto su una sbarra sospesa tra le gambe, là dove le parole proprio non servono, pare dolcemente colpito dagli occhi languidamente bagnati di pioggia al gel della summenzionata. E se ce ne fosse bisogno, da vero cavaliere le raccoglierebbe il fazzoletto; peccato che la cara fanciulla non sia momentaneamente raffreddata. Torna dunque il grigio sulla cappa di quei momenti di solitudine mascherata: gli animi si ritirano nelle proprie stanze e così pure la voce.
Poco oltre, sopra le noste teste, dall’alto di centinaia di fiaccanti gradini -sperimentati più volte-, la chiesa del Sacro Cuore, tanto calda quanto fredde sono le sue lunghe mani stese sotto i piedi degli innumerevoli turisti e pellegrini, ci osserva con curiosa superiorità: abituata a secoli di benevola accoglienza entro le sue mura, pare non comprendere la scostanza di certi uomini, a maggior ragione a pochi giorni dalla prodiga bontà del Natale, che è anche la festa di un compleanno e perciò di candeline, scambi, regali. Anche la statua di un improbabile Don Quixote truccato fino agli alluci di bianco, puntandoci contro la spada, abbassa il capo e sghignazza come a farci intendere che nel vento gelido dell’inverno Parigino i nostri mulini a vento sono ancora più difficili da combattere dei suoi. Ma a chi importa?
Riprendiamo a camminare e ci lasciamo dietro una Statua della Libertà vivente, verde di freddo, qualche bancarella di cianfrusaglie, dei ritrattisti bohemienne Giapponesi, impegnati nella caricatura di se stessi, e un venditore ambulante che gracchia più forte del suo finto piccione. Ed è lui, l’uccello di carta, l’unico che ci segue, passa su una cabina del telefono e infine rovina ai nostri piedi, lentamente, pensatelo così, molto lentamente.
E questo dei ricordi è ciò rimane, almeno per ora. [1a p.]
di Simona Margarino