Diego Marani per Traspi.net
Settembre 24, 2001 in Libri da Stefano Mola
Un colloquio con Diego Marani non può che essere ricco di spunti stimolanti e curiosi. A partire da Nuova grammatica finlandese (Bompiani), il romanzo con cui ha vinto il Grinzane Cavour 2001, esploriamo una personalità affascinante ed un clima intellettuale molto intenso.
Da cosa è nata questa storia e come mai è ambientata in Finlandia?
La storia nasce inevitabilmente dalla mia esperienza di vita all’estero, dalla mia frequentazione di lingue e luoghi diversi dai miei. Forse da una mia peregrinazione permanente alla ricerca di una lingua, di una cultura, di una identità a cui appartenere, a cui abbandonarmi. L’ambientazione finlandese risponde a varie utili coincidenze, quali la confusione del periodo storico, le poche notizie e la difficoltà di comunicazione che in quei tempi rendevano la mia storia più plausibile. Ma soprattutto è dovuta al fascino che ho provato conoscendo quel paese e la sua lingua, agli inaspettati passaggi segreti che mi hanno condotto lontano dall’Europa e dal mondo che conoscevo.
Se il dottor Friari non fosse stato così profondamente e nostalgicamente finlandese, Brodar avrebbe avuto un destino diverso?
Sicuramente. Ma finlandese o tedesco o francese, ha poca importanza quale nazionalità. Quel che conta qui è il sentimento di appartenenza nazionale. Si possono chiamare radici, memoria o anche patriottismo. E’ quell’insieme di luoghi, storie, odori, sapori che ci fanno eleggere un luogo al di sopra di ogni altro come nostra patria. Non si deve trattare necessariamente di una patria nel senso tradizionale del termine, ma anche di una patria intellettuale, sentimentale, adottata.
L’identità come bisogno di riconoscersi in una comunità (nelle sue varie incarnazioni: patria, tifo, partito politico…) sembra essere un bisogno irrinunciabile, e, come nel libro, forse anche una premessa alla possibilità di rapporti personali (Sampo e Ilma). L’identità ha però dei risvolti anche pericolosi: implica tracciare dei confini, individuare il diverso e, quindi, spesso, un nemico. È possibile una “versione” solo positiva dell’identità?
E’ una bella domanda. E’ uno degli interrogativi che con il mio romanzo ho voluto sollevare. Stiamo facendo l’Europa. Ma chi sono gli europei? Come costruire un’identità europea? La verità è che ancora oggi siamo prigionieri del becero patriottismo inventato dalle rivoluzioni nazionali del 1848. Allora la si chiamò la primavera dei popoli: adesso è un inverno da cui non riusciamo più ad uscire.
In Microservi, di Douglas Coupland, un personaggio pronuncia questa frase: “Un’esposizione prolungata a qualunque linguaggio, visuale o verbale, altera di sicuro il modo in cui un bambino percepisce il suo universo”. Cosa ne pensa?
Completamente d’accordo. Un linguaggio è un mondo, un modo di parlare, di atteggiarsi, di pensare.
Nel parlamento europeo, in vista del futuro ingresso di nuovi paesi e delle rispettive lingue, sembra profilarsi un caso: aggiungere nuovi traduttori oppure ridurre il numero delle lingue in cui verranno stilati i nuovi documenti. Andremo verso l’adozione di una unica lingua della comunità europea?
Non esisterà mai un’unica lingua della Comunità europea. Tantomeno una lingua inventata potrà svolgere questo ruolo. La lingua sta nella pancia di ognuno di noi. Si può cambiare tutto, anche la religione, ma la lingua mai. Possono però nascere nuove lingue, frutto di miscuglio fra tante. E’ successo con le lingue neolatine, tutte figlie del latino medievale. Mi sembra che dall’inglese in futuro possa nascere qualcosa del genere. Esiste già un inglese internazionale che gli anglofoni percepiscono come alieno. Ma questo è un processo lungo e non credo che l’Europa dei prossimi 50 anni sia così salda insieme, così patriottica e nazionalista da sentire il bisogno di cercarsi una lingua sua.
… potrebbe essere l’Europanto? Potrebbe rispondere per i lettori di Traspi.net in questa lingua di sua invenzione?
L’europanto è un gioco, una provocazione. E’ vero che funziona, che chi parla un paio di lingue europee può capirlo e divertircisi. Come ho detto, forse in un lontano futuro esisterà una variante di inglese che avrà qualcosa di simile all’europanto. Ma sono solo fantasiose supposizioni.
Europanto esse eine mix van differente linguas, eine explosive cocktail van mistakes qui want show quanto linguas esse similars. Linguas esse keine mathematicale formulas, qui necessite precise formas und exacte resultos, aber communicatione instrumentos. So jederuno must adapte seine linguistiche instrumento aan die necessitate van contingente communicatione und care nicht van regulas. Linguas belong nicht aan academias und aan governamentos, aber aan peoples qui speak und utilize jedere tag linguas in seine life. First siempre came linguas, later grammaticas. Beste fortune.
di Stefano Mola