Dievole, tra storia e vino
Dicembre 1, 2002 in Viaggi e Turismo da Claris & Momy
Per una particolare predisposizione del nostro modo di essere, quell’innata curiosità che ha permesso all’uomo di progredire ed evolvere, anche quando siamo in mezzo alla confusione, a tanta gente o a tanti oggetti, la nostra attenzione, i nostri sensi vengono colpiti da qualcosa in particolare… Una decorazione particolare nelle vie piene di addobbi per Natale, un tifoso vestito strano nella massa di una curva urlante dello stadio… un depliant nella massa di carta che ti trovi appioppato quando esci da una fiera…
A noi è successo al Salone del Vino, tra oltre 1000 espositori, tra chili di brochure, tra bottiglie, etichette ed aromi d’ogni genere, qualcosa e qualcuno sono sfuggiti all’anonimato, alla massificazione uniforme…
Chi? Mario Felice Schwenn, in arte Mario di Dievole.
Cosa? Il fascicolo illustrativo che racconta la sua attività, ma prima di tutto il suo amore per una terra, per la natura, per l’arte del saper vivere bene con i prodotti più antichi…
Incuriositi? Guardate la foto accanto e rispondete, prima di leggere il resto dell’articolo (ammesso ne abbiate voglia!): è la pubblicità
a) di un artista contemporaneo e delle sue opere,
b) dei prodotti di una terra fertile ed amorosamente curata nel tempo,
c) un posto da sogno, relax e tranquillità, dove trascorrere week-end particolari?
Volete sapere la soluzione? Né a), né b), ne c) singolarmente, ma tutte insieme le risposte sono valide…
Adesso guardate la foto sotto e sognate, ricordatevi di Bertolucci e del suo ‘Io ballo da sola’… volete essere voi primi attori di un soggiorno nelle colline senesi, tra vigne e deliziose cene con protagonisti i cibi toscani ruspanti e i nettari veri del ‘Chianti Novecento riserva’ o del ‘Vin Santo Caratello’? Nulla di più facile, andate a Dievole e scoprirete che “…essere contadino a Dievole non vuol dire soltanto saper vangare, zappare, arare, seminare, potare, mietere, vendemmiare, vuol dire soprattutto saper mescolare le zolle alle nuvole, far tutt’una cosa del cielo e della terra”.
Così scrive Mario di Dievole nelle prime righe della presentazione della sua azienda e già questo sarebbe un bell’inizio, ma ancora maggior valore merita l’aver messo la foto dei vignaioli, dei suoi maestri di vigna (e, quando arrivò dal nord una ventina di anni fa, anche di vita!), come antipasto della lettura…
Già, perché la storia di Dievole inizia col nome Dieulele nell’undicesimo secolo, precisamente il 10 maggio dell’anno del signore 1090, con la promessa davanti ad un notaio che due capponi, tre pani e sei denari lucchesi ‘di buon argento’ sarebbero passati da tal Rodolfo all’abate Rolando…
Già, con la storia si va lontano e si immaginano costumi e parlate di epoche remote, ma la realtà non sempre segue i corsi più facili… Ed allora la storia di Dievole si interruppe a metà del secolo scorso, finché un giovane, certo, lui, Mario di Dievole, la riportò sui binari giusti. Decise, infatti, che il binomio “uomo di qualità, qualità di vino” poteva ancora avere credibilità e seguito, prima che successo!
E così l’idea è diventata un progetto, ‘Fidelio’, che, sviluppatosi per qualche mese nelle menti e sulla carta, è rapidamente arrivato alla fase realizzativa e si è esaltato proprio lì, nella terra di Dievole. Scopriamolo (sempre con la foto negli occhi): una forma circolare a cupola nel cui zenith, a 452 metri s.l.m., si erge la sentinella del DNA di Dievole, un cipresso. Da qui uno spettacolare belvedere su tutti i vigneti di Dievole e sul territorio chiantigiano. Nello zenith convergono quindici filari di quindici varietà storiche chiantigiane (Malvasia del Chianti, Moscato bianco, Trebbiano toscano, Aleatico, Ancellotta, Barsaglina, Canaiolo Nero, Ciliegiolo, Colorino, Foglia Tonda, Malvasia nera, Mammolo, Montepulciano, Prugnolo gentile, Sangiovese R24) che delimitano i sedici campi di conservazione. E poi sono messi a dimora anche Syrah, Petit Verdot, Cabernet Franc, Merlot. Ogni vigneto e ogni uva possono essere rappresentati da un proprio vino, o, come parte per il tutto, in un valore più grande della loro somma.
I numeri? 411 ettari in un’unica tenuta, sedici vigneti per 96 ettari, 5.000 piante e 35.000 gemme ad ettaro… per nettari deliziosi… e forse i prodotti non dovremmo citarli perché li dovreste scoprire voi sul luogo, ma se volete aspettare la primavera per un salto a Dievole ed iniziare, invece, ad assaggiarli nelle serate calde di questo freddo inverno, eccoli i prodotti di una terra che si identifica in modo imprescindibile con i suoi vini! A partire dal Chianti Classico, nato dall’incontro tra uve classiche (Sangiovese, Malvasia…) e uve storiche (Bartsaglina, Saragiolo…), passando per un delizioso Broccato, nettare fruttato scoperto nel 1987 in una microvinificazione delle viti di Sangiovese.
Per festeggiare i novecento anni della tenuta, Mario e i suoi maestri di vigna si sono inventati il Novecento Chianti Classico Riserva, un vino fatto con uve sovramaturate, raccolte solo a metà Novembre, e “sigillato” da una moneta d’argento, proprio come quelle che avevano permesso, nel 1090, di acquistare Dievole.
Da un’invenzione all’altra il passo è breve e poi, si sa, l’appetito vien mangiando… nasce così il Plenum, un incontro di culture e tradizioni, di colori e sapori, di profumi e gusti, di Barbera e Sangiovese (in ordine rigorosamente alfabetico…): il risultato è un vino eccezionale che sa di marasca, di mora e di sciroppo di tamarindo.
Infine queste terre non possono esimersi dall’offrire ai propri ospiti, quelli importanti, due nettari speciali: il Vin santo di Caratello, che il Maestro Armando custodisce gelosamente per tre anni prima di esporlo al pubblico giudizio, e l’Olio Extravergine, ovvero l’elisir degli dei…
Non solo vino, quindi, anche grappa, olio e prodotti genuini… Già, perché la zona di Mario è un vero ‘terroir’ con individualità particolari e particolare gusto nella cura di ogni aspetto, biologico, alimentare, logistico, ornamentale… ed abitativo… ve lo abbiamo accennato…
Liberi… Così si sentono gli ospiti della tenuta Villa Dievole, un agriturismo di lusso, che con il passare degli anni sta acquisendo un prestigio via via crescente. Non solo confort, ma, soprattutto, la riscoperta delle tradizioni: camere con il caminetto, cene e pranzi a base di antiche ricette. Un ragù di selvaggina ed il cinghiale cucinato all’antica maniera sono due righe imperdibili del ricco menù… Il tutto, ovviamente, accompagnato da un bicchiere di Chianti Classico, il migliore, prodotto qui come si faceva un tempo…
di Claudio Arissone & Monica Mautino