Dopo 15 anni torna al Teatro Regio: Evgenij Onegin
Maggio 19, 2013 in Net Journal, Primo Piano, Spettacoli da Marcella Trapani
Al Teatro Regio dal 17 maggio torna in scena dopo 15 anni l’opera di Pëtr Il’ič Čajkovskij, Evgenij Onegin, scritta nel 1877 su libretto dello stesso Čajkovskij e di Konstantin Šilovskii per la regìa di Kasper Holten e la direzione di Gianandrea Noseda.
Realizzato nell’attuale allestimento in una coproduzione tra il Teatro Regio, l’Opera Australia e la Royal Opera House Covent Garden di Londra, di cui Holten è direttore artistico, l’ Evgenij Onegin fu definita dall’autore non “opera” ma “scene liriche” perché, pur essendo uno dei lavori più rappresentativi dell’anima russa, conserva un carattere intimo e privato.
Tale carattere si esprime nella vicenda sentimentale che vede protagonista l’ingenua Tat’jana, figlia di Larina, che si innamora a prima vista del giovane avventuriero Evgenij Onegin del titolo. Tat’jana commette l’avventatezza di confessargli il suo amore in una lettera che gli scrive all’inizio dell’opera e il suo sogno è destinato a rimanere insoddisfatto perché, come dice sua madre al principio dell’azione, “l’abitudine ci viene mandata da lassù al posto della felicità”.
Si può affermare infatti che l’Onegin sia il sacrificio dei sogni e delle emozioni, soffocati dai canoni di comportamento che sono dettati dal conformismo sociale: il duello tra i due amici Evgenij e Vladimir risponde a un codice d’onore che li porterà alla tragedia e troncherà al tempo stesso i sogni d’amore di Tat’jana e di sua sorella Olga; ma condurrà anche alla dissoluzione della fede nell’amicizia e in se stesso del protagonista, che alla fine della vicenda si ritroverà solo e sfiduciato nelle proprie possibilità.
La versione che vedremo al Regio si avvale di un direttore d’orchestra, Gianandrea Noseda, che ha trascorso molti anni della sua carriera artistica a San Pietroburgo e che è uno dei maggiori conoscitori del repertorio lirico e sinfonico russo. Il regista Kasper Holten ha addensato in questo allestimento una serie di simboli che si riferiscono alla dimensione della memoria e alla vita di Tat’jana e di Evgenij, come i libri che lei amava, il tronco secco di un albero al centro delle scene finali, il corpo di Lanskij inerte sul palcoscenico. E’ interessante lo stratagemma a cui ricorre Holten di far intervenire in scena fin dal principio un “doppio” per ciascuno dei due protagonisti, interpretato da un mimo. E’ come se ognuno dei due personaggi vedesse se stesso agire dall’esterno, lo guardasse con la tenerezza e con la malinconia che nasce dalla consapevolezza “che non si possono più cambiare certe cose della vita”.
Gli interpreti sono tutti di area russa e nord europea fortemente legati alla lingua e alla cultura russa. Tra questi si distinguono il soprano bulgaro Svetla Vassileva che interpreta Tat’jana, la protagonista femminile e che ha già cantato al Regio in Manon Lescaut e in Bohème.
Il personaggio che dà il titolo all’opera è interpretato dal baritono Vasilij Ladjuk, mentre il suo amico-nemico Vladimir Lenskij è il tenore Maksim Aksënov. Ladjuk ha studiato a Mosca e si è esibito al Mariinskij di San Pietroburgo, al Bol’šoj di Mosca, nonché al Metropolitan di New York e alla Scala, dove aveva interpretato lo stesso personaggio. Aksënov, di orgine kazaka, ha già cantato a Torino nella Dama di picche nel 2009 e in Carmen nel 2012.
A questi specialisti si affiancano nei ruoli secondari, ma non meno importanti ai fini musicali e narrativi, il mezzo soprano Nino Surguladze nel ruolo di Ol’ga, la sorella di Tat’jana, e Marie McLaughlin, anch’essa mezzo soprano, che interpreta Larina, la madre delle due fanciulle.
Čajkovskij non era molto convinto del successo che avrebbe arriso alla sua opera; questa, tuttavia, dopo una tiepida accoglienza al debutto al Bol’šoj di Mosca nel 1881, conobbe un vero trionfo a San Pietroburgo nel 1883 al Teatro Mariinskij. Nel creare il personaggio di Onegin probabilmente Aleksandr Puškin si era ispirato alla propria stessa biografia, alle sue serate mondane con gli amici a San Pietroburgo, ai particolari della vita quotidiana in Russia nella sua epoca storica. Čajkovskij, servendosi del lavoro di Puškin per realizzare la sua opera ha reso attuale per i suoi contemporanei il romanzo, pubblicato nel 1825, e lo ha immortalato per i secoli futuri.
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